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07 ago 2010

Afghanistan

di Luciano Caveri

Con i due militari italiani morti ieri in Afghanistan, sale a ventinove il numero delle vittime dell'Italia in questa guerra. E' bene chiamare le cose per quello che sono, evitando la foglia di fico della "missione di pace". E' tristissimo da dire, ma è ovvio che i militari in missione sono oggi dei professionisti e come tali ben consapevoli dei rischi, compreso quello di perdere la vita in questa "guerra sporca", dove ormai da tempo tutto è sballato con l'impiego dei "kamikaze" che si uccidono nella convinzione di finire nel loro paradiso. Ad ogni lutto mi viene da pensare ad una persona che stimo molto e che è stato comandante anche in Valle d'Aosta del "Centro Addestramento Alpino", già "Scuola Militare Alpina". Si tratta del giovane (ha la mia età, ma è "giovane" per il grado raggiunto) generale di brigata Claudio Berto, oggi comandante della "Taurinense" ma soprattutto - giunto alla sua quarta missione in Afghanistan - impegnato nel comando del "Regional Command West" in quattro delicatissime province afghane. Le guerre combattute in zona montana, ormai triste routine nel mondo, hanno dimostrato il valore delle truppe alpine, smentendo tutti quei generaloni fessi che negli anni Novanta agognavano la scomparsa degli alpini.