I limiti dell'autonomia
Con Marcellino Gavio se ne va uno degli imprenditori che seppe transitare con rapidità dalla "Prima" alla "Seconda Repubblica", occupandosi di molte attività, fra le quali le autostrade.
Quando lo Stato e alcuni Enti locali lasciarono questa attività, la situazione di "privatizzazione all'italiana" vide alla fine restare in campo due colossi: Gavio, appunto, e Benetton.
Un duopolio forte che ha condizionato non poco il trasporto su strada in Italia. Il caso valdostano è significativo, pensando che Gavio è socio di maggioranza della "Sav" e di minoranza nel "Gran San Bernardo", mentre in "Rav" e nel "Traforo del Monte Bianco" sono in campo Benetton.
In sostanza le principali vie di comunicazione - cui possiamo aggiungere anche le statali ancora in capo ad "Anas" - sono fuori dalla reale portata dell'azione politica e amministrativa della Regione, creando in questo settore strategico un'autonomia a sovranità limitata, se ci aggiungiamo pure quel "sarchiapone" della ferrovia.
In futuro, sul tema viabilità-trasporti, andranno fatte profonde riflessioni.
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Commenti
Infrastrutture e trasporti: dove va il nord ovest?
Chi legge sul nord-ovest non poteva non conoscere Marcellino Gavio, non conoscere (o intuire forse è meglio) lo scenario che si sta aprendo sui trasporti e sulla logistica (e relative infrastrutture) dell'intera area partendo, però, dal porto di Genova, il tentativo di proseguire sul fronte della "zona franca" - così come ancora recita un vecchio regio decreto mai decaduto che prevede l'intera area portuale interessata da tale provvedimento - e l'aspra lotta in via di sviluppo (non è dato sapere a quale round siamo, ma i giorni si arricchiscono di nuove notizie) nel tentativo di liberare aree importanti di stoccaggio e di movimentazione, sia sul porto (magari ipotizzando per l'aeroporto un trasferimento nel basso Piemonte, area, appunto, "Gavio") sia oltre giogo.
In questo contesto si inserisce bene uno studio di pre-fattbilità (piuttosto approfondito, però) relativo a quello denominato in seguito "il bruco", ovvero un sistema di collegamento su rotaia, attraverso un tunnel da ricavare sotto il Turchino, che colleghi le banchine del porto di Voltri ("container") con l'entroterra ovadese utilizzando un treno a guida elettronica.
Le aree "retroportuali" sarebbero così quasi sicuramente soggette all'eventuale provvedimento di "zona franca".
Non parliamo solo di investimenti per miliardi di euro, ma ci riferiamo soprattutto ad una ricaduta sul territorio del nord-ovest che non potrebbe - se ben sviluppati - non interessare anche il territorio valdostano, soprattutto in termini di potenziali ricadute sull'occupazione.
Questo a prescindere dal fatto che grandi movimenti si registrano sia nelle infrastrutture (appunto Benetton, Gavio, Pallenzona) , sia nei trasporti (esempio "alta velocità" e scesa in campo di Montezemolo e Della Valle, Onorato e "T-link" nel marittimo, vedi "Tirrenia", per "Alitalia" i giochi sono già fatti, eccetera...), sia nell'energia "Iride" Torino-Genova, "A2A" Milano-Brescia, "Enia" Piacenza-Parma ed "Hera") sia, infine, nel trasporto pubblico (si pensa da tempo ad una società unica fra Genova o Liguria, Milano e Torino).
Non fa difetto il settore della finanza, tuttavia lì i giochi sono un po' più ardui. Il tentativo, fallito per ora, di assorbire "Carige" da parte di "San Paolo Intesa" (finanziatore dello studio del "bruco") ha prodotto un certo fall-out.
Insomma, il "Limonte". Un po' al palo, temporaneamente.
Quanto alla fine importa è "intuire" ciò che potrebbe essere la potenzialità della regione del Nord-Ovest. La ricchezza di un territorio, nel suo complesso, con tutte le opportune ricadute sulla nostra regione - oltretutto a possibile rafforzamento dell'autonomia - dipende fra le altre cose più squisitamente legate al territorio ed alla tradizione, da una rete infrastrutturale dei trasporti proiettata alla movimentazione delle merci nord-sud (Europa) e (in termini marittimi però e parlando di continenti) ovest-est (o più facilmente il contrario).
Sistema che sarà proiettato oltre la strada, la quale rischia nel giro di dieci anni di essere più che penalizzata da altissimi costi dei carburanti e da ricadute di carattere ambientale, a meno di trovare ed applicare al vetusto e annaspante settore "automotive", nel giro di breve tempo, motori alternativi a quelli a scoppio.
Al momento né le multinazionali, né i paesi produttori (ovviamente) prestano attenzione a questo orecchio. Staremo a vedere.