June 2022

«Non trovo personale!»

Cercasi personale ad AostaIl "tam tam" fa impressione ed obbliga a porsi degli interrogativi su di un'evoluzione sociale come fenomeno sociologico vero e proprio.
Vai al bar o il ristorante e ti dicono «non trovo personale». Lo stesso vale per il mondo dell'agricoltura con minaccia di arresto di attività, come la monticazione in alpeggio. Parli con industriali ed artigiani e sono all'unisono a lamentarsi della mancanza di giovani che si avvicinino ai settori. Persino i concorsi pubblici, un tempo in Valle d'Aosta partecipatissimi, oggi vedono scarse presenze e sono parecchi quelli che dopo aver vinto non accettano l'assunzione.
Capita, infatti, nel pubblico e nel privato, che i datori di lavoro si trovino di fronte a possibili dipendenti che non solo chiedono particolari minuti sul contratto e ci starebbe pure, se non fosse che il confronto diventa assillante su lavoro nel fine settimana, la sera e sulle vacanze.

Rimpiangere la noia

Pamela PaulOgni volta che finisce la scuola penso alle vacanze del tempo che fu. Che meraviglia quella tabula rasa per gli studenti da giugno al 1° ottobre. Peccato che all'epoca ci fosse in noi su questo unicum nella vita una beata inconsapevolezza.
Ci pensavo, leggendo in un misto fra divertimento e preoccupazione un libro "100 cose che abbiamo perso per colpa di Internet" di Pamela Paul.
Il primo dei cento è la noia. Parola - "noia" - che di primo acchito mi evoca un libro letto da ragazzo. All'epoca bisognava leggere i libri di Alberto Moravia, per me assolutamente sopravvalutato, e uno dei suoi best-seller fu proprio "La noia" con frasi del genere: «Per me, invece, la noia non è il contrario del divertimento; potrei dire, anzi, addirittura, che per certi aspetti essa rassomiglia al divertimento in quanto, appunto, provoca distrazione e dimenticanza, sia pure di un genere molto particolare. La noia, per me, è propriamente una specie di insufficienza o inadeguatezza o scarsità della realtà». Che noia...

Europa a due velocità

Goffredo BucciniCapita in certe occasioni politiche di riflettere sull'estrema piccolezza demografica e geografica della nostra Valle d'Aosta e valutare, senza complesso alcuno, di come la taglia esigua non debba essere un disvalore, ma semmai uno stimolo.
Perché se così non fosse allora vorrebbe dire rassegnarsi alla logica del "macro", nel nostro caso vorrebbe dire - come già avvenuto in certi momenti storici - diventare appendice di Torino. Quanto già avviene per buona parte delle vallate alpine a noi vicine annegate nell'area metropolitana torinese all'interno della quale contano meno che niente.
Ci pensavo, guardando al dibattito sulle prossime tappe dell'integrazione europea, che ci deve interessare, malgrado il confronto che può far tremare i polsi fra la nostra piccolezza e la dimensione continentale in progressiva espansione, eccezion fatta per l'addio improvviso del Regno Unito, che se ne pentirà.

Solo auto elettriche?

Auto in ricarica ad AostaIl Parlamento Europeo in seduta plenaria ha approvato il pacchetto "Fit For 55", che tra le varie misure prevede lo stop alla vendita di veicoli a combustione (quindi quelli a benzina ed a diesel) dal 2035.
Si tratta ovviamente di una fantasia, che dimostra un atteggiamento demagogico verso l'elettrico, che sembra non tenere conto di certe implicazioni logiche. E nello scriverlo non si discute la bontà di una rivoluzione necessaria per varie ragioni, ma la realtà è più complessa.
Basta leggere l'intervista di Raphaël Zanotti al sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, già vice rettore del Politecnico di Torino, che tra l'altro proprio a Verrès sta sperimentando un nuovo motore elettrico.
Con grande garbo ma senza populismo osserva: «Rilevo alcune criticità. Penso che sulla scelta di passare tutti al motore elettrico delle auto dal 2035 sia necessario un approfondimento».

Diritti e doveri

L'affollamento alla stazione ferroviaria di Peschiera del GardaL'intolleranza verso gli immigrati è un segno di inciviltà. Ma non lo è neppure certo buonismo verso fenomeni gravi che si registrano in modo crescente e che dimostrano come il modello d'integrazione non funzioni. Per anni abbiamo preso di mezzo i francesi per la violenza senza controllo nelle loro banlieu, talvolta sfociata in fenomeni di islamismo radicale e ora si scopre che un certo numero di "seconda generazione" nati in Italia si raccolgono in bande - e non solo nelle grandi città - con azioni che devono preoccupare.
Non sapevo bene come scriverne, in presenza di episodi allarmanti anche in Valle d'Aosta, perché c'è sempre il rischio di essere equivocati e trovarsi bollati come xenofobi o razzisti dai censori del "politicamente corretto". Invece, è proprio mettere la testa sotto la sabbia o rifarsi a dichiarazioni generiche alla "love and peace" che consente, a chi lo vuole fare, di generalizzare in maniera distorta e di sfruttare paure e indignazione.

35 anni fa...

Io con César Dujany durante i festeggiamenti nel giugno 1987Fa impressione scriverlo: 35 anni fa come oggi partecipai per la prima volta in vita mia ad una competizione elettorale per la X Legislatura repubblicana per la quale si votò appunto il 14 giugno.
Quanto tempo è trascorso e tocca il cuore che - particolare curioso - mio papà all'epoca avesse esattamente la mia età di oggi. Io di anni ne avevo allora 28 ed ero stato scaraventato dalle circostanze della vita in una candidatura del tutto inaspettata.
Ne ricordo brevemente le circostanze. All'epoca ero giornalista alla "Rai" della Valle d'Aosta, dov'ero entrano nel 1980, dopo una prima esperienza in una televisione privata. Ero, in quel periodo pionieristico per la televisione pubblica (mentre "La Voix de la Vallée" era un appuntamento già di lunga data), un "mezzobusto", cioè lettore del telegiornale ed anche intraprendente cronista tutto fare. Pur venendo da una tradizione politica di famiglia, espressa in Valle dal grande Séverin Caveri, il più importante uomo politico valdostano del dopoguerra e per decenni, non coltivavo nessuna ambizione politica.

Referendum fuoco di paglia

E' legittimo far cadere i referendum scegliendo l'astensionismo. L'ho sempre detto anche su referendum regionali, quando c'era chi sbraitava sul dovere civico del voto.
La raffica di referendum sulla Giustizia, di cui era evidente - li avevo firmati! - l'intento di spinta verso un Parlamento riottoso ad occuparsi del tema, si è infranto contro il disinteresse popolare. Questo mostra come non sia una strada percorribile per riformare.
Ho ricordato talvolta le tappe dei referendum, partendo dal lontano 1946, quando si scelse fra Repubblica e Monarchia. Ci fu poi - sempre sotto il profilo istituzionale - il referendum consultivo del 1989 sulla nascita ufficiale dell'Unione Europea. Mentre i referendum si dimostrarono utili su importanti riforme costituzionali in materia istituzionale con un voto favorevole nel 2001 che riguardava il regionalismo e invece seguirono due «no», uno nel 2006 sulla riforma Berlusconi e l'altro nel 2016 sulla riforma Boschi-Renzi. Un altro voto a favore è venuto nel 2020 con la riduzione del numero dei parlamentari: una stupidaggine senza eguali non coordinata con leggi elettorali e regolamenti parlamentari e questo creerà un bel caos dopo le Politiche del 2023.
Il referendum abrogativo ha invece cambiato l'Italia sotto il profilo dei diritti civili con il successo dei favorevoli al divorzio nel 1974 e dell'aborto nel 1981 per merito dei Radicali, grandi utilizzatori dello strumento referendario e spesso esagerarono con un mazzo di schede per votare che svuotarono la forza referendaria.
A fine anni Novanta, inizio e fine anni Duemila ci furono referendum sul sistema elettorale, anch'essi alla fine non influenzarono più di tanto la materia in mano alle Camere, così come la mancanza del quorum bocciò negli anni successivi - sintomo di stanchezza nell'abuso da referendum - questioni riguardanti la Giustizia, la fecondazione assistita e l'estrazione di idrocarburi in mare.
Ora il referendum sembrava rinascere dalle sue stesse ceneri, ma a conti fatti si è trattato di un fuoco di paglia.

Giri di giostra ed astensionismo

Giostra...Mi è sempre piaciuto commentare le elezioni, perché in democrazia le urne sono pietre miliari lungo il cammino delle Istituzioni elettive, di cui per fortuna non si può fare a meno contro i diavoli dell'autoritarismo.
Se guardiamo alla Francia con le elezioni legislative e all'Italia con le amministrative questa illusione positivista casca a pezzi e passa anche la voglia di astrologare sui risultati. Questo avviene per il progressivo abbandono del voto come "espressione civica" e cioè quello che un tempo si riteneva - e forse non era così sbagliato- fosse un diritto-dovere.
Colpa della politica poco credibile, della crisi dei partiti pressoché decotti, di sistemi istituzionali ormai polverosi, di leggi elettorali inefficaci. Un cocktail esplosivo che deve fare riflettere e, facendo un misto fra tanti politologi che si sono esercitati al capezzale della democrazia malata, si va fortissimo nell'esame delle diverse e perniciose patologie, ma sulla cura le ricette sono molto varie e chissà se davvero efficaci.

Epoca di rancori

Rancore...Aleggia qualche pessimismo sui rischi della ripresa della pandemia dopo l'estate. Certo è bene essere vigili e preparati senza però indulgere in pessimismi. Ci vorrà pure un momento per tirare il fiato, dopo tante difficoltà e tensioni. L'importante è che ci sia chiarezza da parte delle Autorità sanitarie nazionali, che hanno troppo spesso spinto la politica, specie quella a traino, verso decisioni contraddittorie e tardive di cui sarebbe bene fare a meno.
Resta la constatazione che certe speranze sull'aria dei tempi anche da me annotate nei mesi passati non si sono ancora avverate e certo la guerra della Russia contro l'Ucraina si è aggiunta inopinatamente a smorzare qualunque entusiasmo. Tuttavia, forse con eccessiva ingenuità, mi ero convinto che alla cupezza del periodo vissuto si sarebbe succeduta una voglia di vivere e di fare come carburante per la ripresa.

L'improbabile castità

Vito MancusoCi sono argomenti che mi incuriosiscono per le incomprensioni che innescano, specie quando ci si fissano regole che sembrano fatte apposta per essere violate.
Pensavo a questa storia, frutto delle riflessioni di Papa Francesco, sul «no» al sesso prematrimoniale per i credenti che scelgano il sacramento del matrimonio. Non mi pare essere una novità, ma questo precetto - penso che si dica così - emerge con netta sottolineatura in un documento del Vaticano "Itinerari catecumenali per la vita matrimoniale", che sembra dare una stretta anche ai famosi corsi prematrimoniali. Io stesso li ho frequentati per il mio primo matrimonio in chiesa e - particolare curioso - il prete che ce li fece scelse poi di sposarsi a sua volta.
Il Pontefice - ed ovviamente i suoi collaboratori - prevedono ora un percorso prima e dopo il matrimonio che, se applicato, obbligherà gli sposini ad un cammino meno facile di quello precedente, soprattutto dopo lo sposalizio.

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