Esiste una curiosità insana per un filone di giornalismo noir che ha ormai dilagato. Certo, ci sono illustri precedenti nella cronaca nera dei giornali a partire dall'Ottocento, ma ormai il fenomeno è come esploso con certi strumenti di comunicazione di massa sempre più rapidi e dilaganti. C'è da soddisfare l'interesse di un pubblico che segue i gravi delitti di sangue, come se si trattasse di chissà quale attrazione.
La televisione ha ingigantito il fenomeno e si sono moltiplicate trasmissioni di voyeurismo giudiziario nel filone di "Chi l'ha visto", che ormai si occupa di casi irrisolti meglio di investigatori privati, dopo il fallimento degli inquirenti titolati a farlo, generando anche imbarazzanti processi televisivi con giustizia sommaria.
Mi riferisco ad un capostipite del genere noir e cioè al "Delitto di Cogne" di vent'anni fa con quel povero Samuele, un bambino di soli tre anni, ucciso con un colpo alla testa da una mamma assassina, Anna Maria Franzoni, condannata a sedici anni per l'omicidio da lei mai ammesso.