Estate bislacca, vissuta sotto minaccia. Un giorno la racconteremo con ricca aneddotica.
Sarà piena di ricordi e di come ci si arrivò a questi mesi estivi, dopo settimane infinite di clausura domestica e di "smart working".
Ci siamo trovati impreparati, vivendo con bollettini terroristici e l'angoscia di diventare uno dei positivi con la speranza di non prendere una forma grave e trovarsi in una rianimazione ventilati artificialmente. Sempre che ci fosse un posto libero nei momenti di massimo affollamento.
Pareva dapprima che l'estate non ci sarebbe stata e che saremmo stati ingabbiati, se non proprio in ambiente domestico, in un territorio ridotto, forse regionale.
Poi, invece, i confini regionali, di cui per la prima volta si è avuta piena contezza con il "coronavirus", si sono aperti e dunque possiamo muoverci.
Però ci sono molti "però" è pesano come macigni. Non è tanto l'arcobaleno di regole locali, che ci sta in toto perché nessun territorio è uguale ad un altro (anche se in certe circostanze ci vorrebbe un dettaglio persino comunale), quanto il fatto che in generale non si capisce se ci sia utilità vera.