Sarà il tempo a dirci chi vincerà il derby sul "coronavirus" fra chi è catastrofico e pensa a chissà quali esiti nefasti e chi è ottimista e ritiene che le misure assunte siano sproporzionate. Personalmente propendo per una soluzione mediana in attesa di capire l'esatto esito e non appartengo dunque a nessuna delle due tifoserie, ormai armate l'una contro l'altra. Anche se poi, per creare confusione, ci sono politici a pessimismo-ottimismo a corrente alternata, un giorno preoccupatissimi all'eccesso e un giorno lassi al contrario.
Noto solo - ed è un'annotazione politica - che l'emergenza è servita a rinforzare, partendo da Giuseppe Conte a Palazzo Chigi per caso e non per meriti, una corrente antiregionalista nel nome - udite, udite! - dell'efficienza dello Stato centrale. Roba da manicomio, naturalmente, perché se una materia dev'essere su base regionale - nel rispetto di principi di eguale bontà delle prestazioni erogate al cittadino - è quella sanitaria. Quando sento da autorevoli esponenti del Partito Democratico, spesso ormai a trazione "grillina", che tocca a Roma decidere mi vengono i brividi, ma osservo come il regionalismo sia ormai visto con sospetto e questo servirà prima o poi ad una svolta centralista, se non autoritaria.