January 2019

Gli incidenti sulla neve

Il cartello sul Corno Renon, in Alto Adige, alla partenza delle pisteQualche settimana fa me la sono goduta. Ero con il mio piccolo sciatore ed un suo amichetto che facevano gli sbruffoni sulle piste. Per puro sadismo ho dato un occhio ad un muro solo parzialmente battuto, perché ormai sostituito da una sorta di chicane per evitarlo. Così il muro appariva come certe piste di un tempo: tutto gibboso e i due sbarbatelli - abituati a piste fresate a perfezione dai gatti delle nevi di oggi - si sono incartati, mentre il vecchietto sottoscritto scendeva passando da una gobba all'altra. Forza dell'abitudine rimasta nelle gambe da quelle piste anni Sessanta - Settanta, quando le attrezzature per lo sci erano meno confortevoli e lo erano anche gli impianti e naturalmente le piste, specie sotto il profilo della sicurezza. Oggi, pur non esistendo un azzeramento totale del rischio (penso alla necessità di usare il casco perché la maggior velocità innesca il rischio di scontri), di sicuro certi pericoli del passato sono ridimensionati fra reti, materassi e segnaletica.

«Posto, ergo sum!»

Una volta si scriveva così...Visto che non ci sono preclusioni a scherzare sui filosofi, vorrei prendere a prestito la celebre formula di Cartesio «Cogito, ergo sum» («Penso, dunque sono»), che esprime la certezza e l'evidenza immediata, intuitiva, con cui il soggetto pensante coglie la propria esistenza.
Oggi, usando l'italiano e non il latino, perché a cavallo fra Cinquecento e Seicento, epoca in cui visse René Descartes, Internet non c'era e dunque manca il verbo in latino, si potrebbe dire che per molti nostri consimili vale il «Posto, dunque sono», dal verbo ricopiatura dall'inglese "postare", cioè pubblicare uno scritto, una foto, un video su di uno dei "social" sul Web.
Attività sempre più corrente e sono in tanti - me compreso - a usare qualcuno di questi mezzi. Io posto da anni questi post sul mio Blog, ma in parallelo cinguetto su "Twitter". All'epoca di Descartes gli unici uccelli che si occupavano di comunicazione erano i piccioni viaggiatori.

Anche Leonardo divide Italia e Francia

Leonardo Da Vinci, interpretato da Paolo Bonacelli, con Mario (Massimo Troisi) e Saverio (Roberto Benigni), in 'Non ci resta che piangere'Strana storia che, comunque vada, prefigura un disastro culturale, che si aggiunge ai già difficili rapporti fra Italia e Francia su temi politici (i "gilets jaunes" cavalcati dai "Cinque Stelle" e l'asse fra Lega e Marine Le Pen) ed economici (tunnel della linea "Torino - Lione" in attesa ed acquisto da parte della "Fincantieri" dei cantieri di Saint-Nazaire).
Mi riferisco al venir meno - per mano italiana - dell'accordo tra Italia e Francia per un interessante e utile scambio di opere d'arte. Il museo del "Louvre" di Parigi (otto milioni e mezzo di visitatori nel 2017!) si era impegnato con il governo Gentiloni a prestare opere e dipinti di Raffaello per una mostra prevista in Italia per il 2020, per celebrare i cinquecento anni dalla sua morte. In cambio, l'Italia avrebbe prestato a sua volta dei quadri e disegni di Leonardo ai vicini d'Oltralpe, per l'allestimento di una mostra nel 2019 al "Louvre" che intendeva celebrare Leonardo Da Vinci e la sua febbrile attività artistica e scientifica anche in questo caso per i cinquecento anni dalla morte, visto che i due artisti vissero nella stessa epoca.

Stiamo cambiando anche i gatti

Un gatto al guinzaglioCapita di porsi degli interrogativi spesso banali e di non avere le risposte giuste. Mi interessa molto l'evoluzione del rapporto fra gli esseri umani e gli animali domestici, quelli che non ci mangiamo e dunque un tempo si chiamavano "animali da compagnia". Categoria vagamente espansa, perché una volta i coniglietti finivano in pentola.
Ho scritto più volte del cane e devo dire che al "Central Park" di New York di recente ho visto un sunto della lenta trasformazione di molti cani in bambini persino con le scarpe per riparare le zampe dal freddo, cappottini invernali di tutte le taglie e coiffures le più vezzose sopra i musi. Nulla di sconvolgente: basta entrare in un negozio per i "pet" (in inglese, dal verbo "coccolare", si designano così gli "animali da compagnia") per vedere come il fenomeno della loro antropomorfizzazione sia sempre più un realtà su cui riflettere sia per noi umani che per loro trasformati - con operazione a tavolino - a nostra immagine e somiglianza. Spesso non sono più "amici" ma molto di più e lo testimoniano amici veterinari, spesso attoniti.

La lettera di Macron ai francesi

E' molto difficile capire se e come il "caso francese", spesso laboratorio politico nel corso della Storia, questa volta imprimerà o meno qualche fenomeno epocale in politica e nelle Istituzioni con questa vicenda di piazza - per me ancora di difficile lettura e già cavalcata da troppi - dei "gilets jaunes" e dell'incredibile storia di un Presidente della Repubblica giovanissimo, Emmanuel Macron, che da "plebiscitato" diventa poi vittima di un'impopolarità rapida e crescente.
Interessante è questa lettera che Macron ha spedito ai suoi concittadini, che vorrei leggere per riflettere sulla sua portata sin dalla modalità così controcorrente rispetto all'uso e all'abuso dei "social".
Oltretutto una lunga missiva rispetto alla logica della brevità - pensiamo ai "tweet" di Donald Trump – che sembra oggi controcorrente.
La prima parte è un'autorappresentazione della Francia con frasi secche: «La France n'est pas un pays comme les autres. Le sens des injustices y est plus vif qu'ailleurs. L'exigence d'entraide et de solidarité plus forte».

Cesare Battisti e la "dottrina Mitterand"

Cesare Battisti tornato, suo malgrado, in ItaliaNon ci sono storie, battute, distinguo che tengano nella vicenda dell'arresto, avvenuto in Bolivia, del terrorista Cesare Battisti, sprezzante protagonista di vicende legate al quel terrorismo di estrema sinistra, esempio tangibile di come - quando la violenza ci mette lo zampino - si generano dei mostri, che pensano di essere dei rivoluzionari. Anche per questo la spettacolarizzazione mediatica di questo arresto e del suo ritorno in Italia con meritevole velocità finiscono per infastidirmi, non perché si tratti di un epilogo giusto e da tempo atteso, ma semmai perché esiste sempre un confine fra rimarcare la bontà di un evento e la sua celebrazione e trasformarlo in un momento di eccesso propagandistico.

Pensieri su New York

Io alle prese con un tipico 'hot dog' a New YorkNon può essere un soggiorno in chiave turistica a far giudicare una città sulla quale per altro esistono testimonianze approfondite ed autorevoli, per cui risulta di conseguenza inutile ogni mio tentativo di comparazione o scimmiottamento. Ma è vero che, dedicando qualche giorno in più del consueto, si può riflettere seriamente su che cosa si possa ricavare da una città come New York, che fa parte - per la messe di storie accumulate, specie per via della televisione - di un immaginario collettivo. Quella sorta di memoria accumulata che ti dà ovviamente un senso di déjà vu, che si accompagna alla vasta letteratura accumulata giocoforza nella propria vita, compartecipando anch'essa alla formazione delle proprie convinzioni e alimentando il mito di qualche cosa di unico e come tale prezioso.

Raddoppio del Bianco? Vecchia storia...

Un 'Tir' che entra nel Traforo del Monte BiancoOggi devo prendere un pochino più di spazio, ma credo non sia un esercizio inutile.
Era l'aprile del 1999. Come deputato valdostano così chiedevo all'allora primo Governo D'Alema:
Luciano Caveri: «Signor Presidente, la tragedia del Traforo del Monte Bianco che ha causato oltre quaranta morti nel rogo sviluppatosi al centro del tunnel, assieme al lutto, al dolore e alla speranza che sia fatta chiarezza su eventuali responsabilità, per un'ovvia esigenza di giustizia, ci obbliga a porre tre domande al ministro dei lavori pubblici Enrico Micheli.
La prima è quando si intenda riaprire al transito il tunnel; la seconda è se siano previste misure per una maggiore sicurezza e se sia prevista una limitazione nei transiti, specialmente dei "Tir"; la terza è se si intenda avviare il confronto con la Francia, da tempo auspicato dalle comunità locali, per una nuova direttrice, questa volta ferroviaria, sotto il Monte Bianco»
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Rocco Schiavone e il Casinò

Rocco Schiavone (interpretato da Marco Giallini) al teatro Romano di AostaLa prima volta che mi trovai per le mani un suo libro era il 2013. Si trattava di "Pista nera", ambientato sulle piste nella mia amata Champoluc. Sapevo poco dell'autore, Antonio Manzini, attore, scrittore e sceneggiatore nato a Roma nel 1964. Mi incuriosiva la scelta - che pensavo fosse temporanea ma non lo è stata - di un'ambientazione valdostana.
Nel frattempo Manzini è diventato un giallista sempre più famoso e la sua consacrazione è stata sancita dalla trasposizione televisiva del suo personaggio in una serie televisiva "Rai" di grande successo, dedicata appunto al suo personaggio, Rocco Schiavone. Personalmente ho continuato a leggere i libri per la capacità di creare trame avvincenti e per i disegni sempre meglio definiti dello stesso personaggio principale, che hanno definito una logica crescente di serialità.

Una Politica campata in aria

E' dai tempi dell'antica Grecia, culla di alcuni principi della democrazia moderna, che esiste una parte propagandistica della politica. Naturalmente sappiamo che questa logica "tanto fumo, poco arrosto" sulla lunga distanza non resiste e su questo altare sono stati sacrificati, nei millenni, un sacco di leader politici.
Oggi la situazione si è fatta ancora più delicata, perché i topoi della nostra umanità, pur mantenendo delle caratteristiche universali e atemporali, devono fare i conti con le modalità contemporanee e dunque si adeguano all'aria dei tempi.
Esemplare un recente articolo sul "Corriere della Sera" di Mauro Magatti, sociologo e economista: «C'era una volta la lotta di classe, gli scioperi sindacali, la propaganda di partito. Era l'epoca in cui la classe operaia, concentrata nelle grandi fabbriche, votava comunista e lottava unita per il riconoscimento dei propri diritti economici e sociali. Poi è arrivata la società dei consumi che ha disinnescato il conflitto sociale, di fatto sparito nei Paesi occidentali nonostante il continuo aumento delle disuguaglianze registrato a partire dagli anni '80».

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