December 2018

Un secolo fa la tragedia della "febbre spagnola"

Un reparto di un'ospedale del 1918, riservato ai malati di 'spagnola'E' interessante vedere come le grandi tragedie dell'umanità si riverberino poi nella storia comune delle famiglie. Così ritrovo, nelle lettere scritte da Palmi - dove cent'anni fa mio nonno era Sottoprefettto - ai suoi corrispondenti ad Aosta, da mia nonna Clémentine Roux nel racconto sofferto della morte da neonato del primogenito in quel paese della Calabria, che lei descriveva nel suo bel francese come un mondo lontano ed esotico. Il piccino si chiamava Séverin come il figlio che nacque successivamente alla sua morte, ed era stato consumato dalla terribile "febbre spagnola". Questa influenza colpì un secolo fa quasi tutto il mondo e fu una tragedia per l'umanità. Anche la Valle d'Aosta ne subì le conseguenze, comparativamente meno tragiche di quanto avvenne in altre Regioni.

La lettera a Babbo Natale e i bambini

Il piccolo Alexis mentre imbuca la letterina a Babbo NataleLe mie letterine a Gesù Bambino, scritte per chiedere i regali di Natale che erano meno numerosi di quanto compriamo ai nostri bambini, non le ho più. Fa impressione pensare a come, in poco più di mezzo secolo, il mondo sia cambiato. Non lo dico con rimpianto: trovo che la memoria sia una preziosa alleata, ma bisogna evitare di vivere di soli ricordi e bisogna semmai continuare a mettere carburante nel motore della propria vita.
Oggi i bambini sono meno di quanti fossimo noi, che eravamo figli del dopoguerra e di un mondo che ci teneva ad avere figli nelle proprie case e, se non poteva, sceglieva (e c'è ancora chi lo fa) la via generosa dell'adozione. Oggi invece - lo dico senza moralismi perché ognuno è libero di fare quel che vuole - conosco coppie che scelgono di non averne, pur non avendo problemi fisici, perché preferiscono avere un cane «che è meno impegnativo». Oppure ci si ferma ad uno, perché basta ed avanza per i problemi economici ed il ménage familiare e bisogna pur capirli, non è solo egoismo.

L'SOS dei "gilets jaunes"

Si guarda tutti alla Francia con curiosità per i moti di piazza in corso ed anche perché è uno dei pochi Stati che mantiene una visione europeista, malgrado i virus di opposta posizione che proliferano nell'Unione europea.
Interessante sul simbolo dei "gilets jaunes" quanto scritto da Bernard-Henry-Lévy: «Ce mouvement est aussi, à l'évidence, un appel de détresse. Un gilet jaune, tous les automobilistes de France et de Navarre le savent, c'est ce gilet à bandes fluorescentes que la Sécurité routière exige, depuis dix ans, que nous ayons tous dans nos voitures pour, en cas de panne ou d'accident, pouvoir, depuis le bas-côté, rester visible et faire de cette visibilité même un appel de détresse vivant. Eh bien, il faut prendre au sérieux le fait que les Gilets jaunes aient choisi ce signe de ralliement.
Il faudrait faire une phénoménologie du Gilet jaune comme Sartre faisait une phénoménologie des pantalons à rayures des sans-culottes ou comme Roland Barthes aurait peut-être pu le faire dans une de ses Mythologies»
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La matassa politica in Valle d'Aosta

Vari tipi di nodi...Sia chiaro che nessuno oggi può essere così presuntuoso da avere ricette facili di fronte a situazioni complicate in scenari che paiono sempre più confusi, che vanno dall'ombra del proprio campanile sino al mondo intero. E' come se una fibrillazione infinita, di cui sfugge il traguardo, impedisse di avere qualche oasi di tranquillità e qualche certezza che eviti preoccupazioni e pessimismo.
Mi limito - per evitare affreschi troppo vasti, che vanno tuttavia tenuti da conto perché nessuno può pensare di essere un'enclave senza contatti esterni - a pensare a noi. Anche in mezzo alla nostre montagne tutto si può dire, ma non che ci sia una situazione distesa, intrisa di orizzonti felici. E lo dico con realismo, ma neppure giocando con la solfa dei tempi ben migliori che abbiamo vissuto, che sarà pur vero ma la constatazione appare scarsamente consolatoria, se non come stimolo per capire il "da farsi", vincendo la tentazione di chiudersi nella propria tana come una marmotta in letargo. Scelta che rischierebbe di dare spazio a chi non lo merita, perché non c'è mai limite al peggio.

Natale senza simboli tradizionali?

Una pallina per l'albero di NataleInizierà tra breve la solita querelle natalizia su come ci si debba comportare nelle scuole con i simboli del Natale, quelli più tradizionali come il presepe e le canzoncine in tema religioso e quelli di importazione, ma radicati, come l'albero di Natale e Babbo Natale.
A dire il vero c'è già una partenza di queste ore, visto che non ci sarà nessun concorso di presepi nelle scuole di Ivrea per rispetto - così si dice - degli alunni di altre religioni. Una decisione presa dalle dirigenze scolastiche della città che non parteciperanno all'iniziativa promossa dal Comune. Bum!
La storia è nota: la presenza di giovani di religione islamica pone il problema di come comportarsi con chi non solo non santifica il Natale per ovvie ragioni di una fede diversa, ma anche ha un approccio critico verso gli altri simboli già citati, che si rifanno comunque alla festività non riconosciuta come tale da chi crede in Allah.

I preziosi soldi europei e le troppe incertezze

Dieci euro in pezzi da dueChi mi conosce sa quanto da sempre abbia ritenuto essenziale darsi da fare per ottenere e spendere i fondi comunitari e lo sostenevo già prima di avere avuto, per un certo periodo, responsabilità decisionali sulla materia Politica regionale (che è una buona parte degli "aiuti" europei) al Parlamento europeo. Lo stesso vale per il periodo in cui ho avuto per la Valle responsabilità sugli Affari europei (fra il 2003 e il 2008) e sono pronto a sostenere ovunque un fatto certo e certificabile.
Mi spiego: la programmazione dei fondi interessa periodi di tempo medio-lunghi (sette anni) e in quanto "programmazione" presupporrebbe che, per l'attuale periodo, fossero state messe in campo azioni e strategie di lungo periodo nel decennio precedente.

Pensieri sul nuovo e il vecchio

Per fortuna la Politica non è solo fatta dai sondaggi e dalle gazzarre sui "social" o dall'assalto all'arma bianca alle stanze del potere. Esiste anche il ragionamento a tavolino, che detta vittorie e sconfitte, con dei tempi diversi dalla discussione spicciola e dai ragionamenti emotivi e dalle scelte di convenienze parallele.
Un prototipo del ragionatore, con il coraggio di dire "pane al pane e vino al vino", sino a perdere a suo tempo la Direzione del "Corriere della Sera" quando Matteo Renzi non sopportava le sue critiche, è Ferruccio De Bortoli, che appartiene alla schiatta dei giornalisti che disprezzano la logica dei giornalisti-tifosi, di cui Marco Travaglio è esempio mirabile per il suo appoggio ai "pentastellati".
Scriveva in questi giorni sul "Corriere", giornale - ricordiamolo! - che ha alimentato il vento dell'antipolitica negli anni e ha dato un certo appoggio ai suoi esordi al Governo giallo-verde, lo stesso De Bortoli: «Governando si impara, forse. Romano Prodi confidò di aver provato, nei primi mesi della sua esperienza a palazzo Chigi, un senso di disagio o persino di inadeguatezza e di averlo superato "con tanto lavoro alla scrivania e chiedendo consiglio alle persone sagge". Si può e si deve far tesoro dei propri errori. Ne fece Prodi. Ne fecero anche altri suoi successori».

La réunification è altra cosa!

Yogurt scaduto...Nascerà un nuovo Governo a diciotto in Valle d'Aosta, che riporterà gli Assessorati a sette (erano scesi a cinque) e che riaggregherà parte delle forze autonomiste in un progetto che nulla ha della réunification da tutti invocata ma poco praticata, perché a parole sono tutti bravi. Un nuovo Esecutivo che va rispettato perché le regole della democrazia sono il vangelo, ma non si può negare che abbia l'aspetto di quelli che a Roma venivano definiti come "Governi balneari", perché hanno una data di scadenza come gli yogurt.
La triste constatazione è che la maledizione dell'ingovernabilità persiste e ripeto fino alla noia che ciò non riguarda solo la legge elettorale e la forma di governo con i suoi annessi e connessi, ma richiama al senso del dovere rispetto a quello sparpagliamento in atto delle forze autonomiste.

La Valle d'Aosta senza una ferrovia "europea"

Un tratto della ferrovia valdostanaNon si può che guardare con invidia - anche se le montagne valdostane sono una ben diversa barriera - ai collegamenti ferroviari di cui Bolzano e di conserva Trento godono verso l'Austria (per non dire con Roma, ma andrei fuori tema). Sono linee tradizionali che funzionano bene, a cui si aggiungerà la nuova galleria in Alta velocità del Brennero la cui apertura avverrà nel 2027 (se nessun imbecille si metterà di mezzo bloccando cantieri ormai avantissimi), il tunnel diventerà il più lungo del mondo: 64 chilometri da Fortezza in Alto Adige a Tulfes, a Nord Est di Innsbruck. Nella secolare rincorsa fra strada e ferrovia questa è un'opera ciclopica, che fa balzare in avanti la rotaia, purtroppo su di una direttrice ben diversa dalla nostra e che avrà per il turismo dei nostri amici delle Dolomiti un impatto enorme nell'accorciare tempi e distanze in provenienza da tutta Europa.

Natale, la Pace, Einstein e Freud

Sigmund Freud ed Albert EinsteinTorna il clima di Natale, ecco i lavoretti per i genitori, appaiono le recite con canzoni e scenette, si discute di presepi e alberi nelle scuole. Ci sono cose vecchie e cose nuove in un mix irresistibile, che fa del periodo natalizio un insieme di déjà-vu e con nuove polemiche già oziose appena nate. La verità - e non è eretico verso la fede nel Natale cristiano - è che nel cuore dell'inverno, dalle civiltà più antiche in poi, ci vuole un momento di festa come se l'uomo avesse avuto da sempre coscienza che nel buio della stagione più fredda fosse necessario trovarsi assieme con qualcosa di buona da mangiare, con i canti e le storie e con simboli luminosi e di speranza, perché poi - come nel ciclo della vita - tutto ripartisse da una primavera. Per altro - guardavo un tizio dalla scrivania del mio lavoro mentre trafficava nell'orto apparentemente intirizzito, lui come l'orto - nulla si ferma mai nella Natura e nell'uomo che la coltiva, come avviene con la spiacevole laccatura dei prati, dove gli escrementi degli animali sono, come una specie di compensazione, la nutrizione dei prati che si rinverdiranno al momento buono.

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