January 2018

La Giornata della Memoria

Uno scorcio del campo di sterminio di AuschwitzMi fa molta paura - come non rimarcarlo nel Giorno della Memoria - la stretta fra ignoranza del passato è quella del presente. Ci sono troppe persone, che conosco bene, che fluttuano in una sorta di incoscienza della storia e della politica. Un paradosso, certo, in un'epoca in cui l'accesso alla cultura e all'informazione è diventato molto più agevole che in passato. Ma è vero che gli strumenti di ricerca sul Web, che aprono un mondo, possono essere una trappola: i fondamentali contano per destreggiarsi alla ricerca di quanto è utile, perché quando si naviga si trova di tutto e la capacità di discernere l'utile dall'inutile, il vero dal falso, il profondo dal superficiale è un'operazione consapevole che prevede conoscenze pregresse di fonte scolastica o attraverso altre forme di apprendimento.

Predieri e la sogliola

Alberto PredieriMi ha molto incuriosito scoprire che Alberto Predieri, costituzionalista di origine torinese, ma docente per tanti anni a Roma, e morto in quella Courmayeur che amava e dove fu fra i fautori della nota "Fondation", fosse stato un appassionato di soldatini dal Settecento al Risorgimento. In fondo uno degli scopi del Diritto costituzionale è mettere assieme principi e regole di funzionamento delle Istituzioni e dei diritti e doveri dei cittadini che evitino i conflitti veri, quelli che i soldatini schierati su di un campo di battaglia rappresentano in modo plastico.
Predieri, che si era occupato delle norme di attuazione più vecchie della Valle d'Aosta ai tempi in cui non esisteva ancora la norma statutaria che prevedesse una "Commissione paritetica" stabile, mi disse una volta di avere - in quell'esperienza in campo regionalista per "strappare" poteri e competenze allo Stato a vantaggio del nostro ordinamento valdostano - maturato utili casi di scuola in negativo da trasfondere nei suoi ragionamenti.

L'uso ambiguo di "società civile"

Tromboni...Mi intristisce - leggendo le liste dei candidati in Italia per le imminenti elezioni politiche - come si usino certi escamotage per far fuori personalità politiche eminenti in Parlamento, nel nome fasullo del nuovo e non, più semplicemente, della "realpolitik", che non dovrebbe avere bisogno di alibi dietro cui nascondere le proprie intenzioni. Basta vedere la "legge di Renzi", che preferisce fedelissimi come candidati da eleggere con la legge elettorale dei "nominati" ed umilia le minoranze interne, a costo di indirizzarsi sempre di più verso il partito personalista.
Aggiungo - meglio precisarlo in premessa a scanso di equivoci - come il rinnovamento sia del tutto essenziale. Ero presidente della Regione, quando venne approvata quella parte di legge regionale che prevede un limite di mandati nell'Esecutivo e questo è un meccanismo intelligente per assicurare il cambiamento più di molte chiacchiere. Ma penso sempre di più che nuovo e vecchio debbano andare a braccetto.
Veniamo ora al punto: mi sfugge davvero come si possa, nei nostri tempi, aver banalizzato e persino ridicolizzato il concetto di "società civile".

I curdi e l'ingiustizia nel Diritto internazionale

Tanti anni fa conobbi ad Aosta un giovane curdo, di cui non so quale sia stato il destino, e mi feci raccontare da lui - proveniente dalla zona occupata dai turchi - cosa avvenisse in quelle zone e successivamente ricevetti una piccola delegazione della comunità presente in Italia nel mio ufficio a Montecitorio e feci alcune iniziative parlamentari su di un tema, la "questione curda", piuttosto misconosciuto e lo è anche in queste ore in cui la Turchia conferma il suo volto feroce verso questo popolo.
Altre iniziative le feci a Bruxelles, al Parlamento europeo, quando sembrava molto vicina l'adesione dei turchi all'Unione europea, oggi definitivamente accantonata e non solo per la evidente persecuzione verso i curdi.
Eppure un territorio per uno Stato vero e proprio del Kurdistan esiste: sono i 550mila chilometri quadrati in parte della Mesopotamia, oggi divisi tra Turchia, Iran, Iraq e Siria. I curdi, popolo antichissimo e di montagna, sono fra i trentacinque e quaranta milioni, per la maggior parte di religione musulmana sunnita. Ma esiste un'enorme comunità curda in diversi Paesi del mondo, dov'è emigrata forzatamente, pur mantenendo una sua identità ed un legame con le comunità d'origine.

Sant'Orso specchio della comunità

Attrezzi in legno, caratteristici della 'Fiera di Sant'Orso'Ogni spunto di attualità può essere un'occasione per una qualche riflessione più ampia. Così è per quella che si configura ormai come la manifestazione valdostana più grande - affetta in verità ormai da un certo gigantismo - che segna, pensando al periodo dell'anno, la lenta ripartenza della Natura anche in Valle d'Aosta, pur nel cuore dell'inverno.
Non so con precisione da quanti anni mi capita di parlare e di scrivere della "Fiera di Sant'Orso": a naso direi poco meno di una quarantina d'anni. Di conseguenza ci vorrebbe una fantasia disneyana per trovare spunti originali in occasione dell'inizio ufficiale, previsto per oggi, di questa tradizionale "Foire", che essendo in questa edizione in settimana - il 30 ed il 31 gennaio sono inamovibili - dovrebbe essere meno caotica. Per altro è la prima volta che ci si confronta con le norme più restrittive dovute ai rischi terroristici e non avendo seguito la questione sono curioso di vederne le ricadute.

Settant'anni fa lo Statuto speciale d'Autonomia

La bandiera valdostana su uno scorcio di Palazzo regionaleEra il 31 gennaio del 1948, settant'anni fa come oggi. Mentre ad Aosta si festeggiava, certo in tono minore rispetto all'attuale gigantesca Fiera, il nostro caro Sant'Orso nel Borgo della Veulla, a Roma veniva votato alla Costituente lo Statuto d'Autonomia della Valle d'Aosta. Nasceva, dopo un periodo transitorio dal 1945, la Regione autonoma Valle d'Aosta, anche se in verità questo avvenne un mesetto dopo con la pubblicazione sulla "Gazzetta Ufficiale" della legge di rango costituzionale, applicativa di quanto previsto dalla Costituzione repubblicana al suo articolo 116.
Fu quello il punto d'arrivo di vicende secolari, in cui l'afflato autonomistico dei valdostani - o meglio delle sue élites politiche, corrispondenti ad un sentimento popolare - verso Casa Savoia e poi con il Regno d'Italia non si era mai spento, anche nei momenti più cupi del centralismo sabaudo e poi del baratro del Ventennio fascista.

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