Le parole vanno e vengono, appaiono e scompaiono, mutano di significato e possono essere usate come un dolcetto o come un veleno. Vale poi naturalmente - lo verificavo ieri - il fatto che, anche di fronte alle parole e alla loro espressività, «non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire», con tutto il rispetto per chi non ci sente davvero, essendo il detto riferito a chi ci sente benissimo.
Così è, nella linea di questi giorni e con il culminare del 25 dicembre, per i regali di Natale. Il termine regalo viene da "regalàre" verbo transitivo (secolo XV), che vuol dire "donare", ma vedremo come certe parole si incrocino. E' un prestito all'italiano da altre lingue romanze: dallo spagnolo "regalar - lusingare, far doni", in origine "festeggiare, far accoglienza" e dal francese "régaler - offrire un festino", da "galer - divertirsi" (esiste il termine "gala", in Valle adoperato dal Casinò) coll'uso del prefisso "re-".