April 2015

Il Mediterraneo come un cimitero

Un barcone di migranti nel MediterraneoOgni tanto penso che una soluzione contro le brutture del mondo sarebbe andare a vivere in cima ad una montagna, in una logica - che poi non sarei affatto in grado di reggere - di autoconsumo e di isolamento. La verità è che non ci sono più eremitaggi veri e spazi per indifferenze che durino: alle brutture bisogna reagire con la speranza di cambiare le cose e non di subirle, ognuno nel proprio spazio più o meno grande d'intervento.
Così, in queste ore, le stragi in mare dei migranti sono strazianti e inumane e questa volta la tragedia cancella l'equivalente di un Comune medio della Valle d'Aosta. Ognuna di quelle persone - uomini e donne, vecchi e bambini - deve essere oggetto della nostra compassione, perché dietro quei volti anonimi ci sono storie che varrebbe la pena di conoscere una ad una. Non c'è una massa indeterminata, ma - per essere degni di noi stessi - un insieme di esseri umani.

Comizi fra nostalgia e modernità

Io, sul palco del comizio d'apertura della campagna elettorale dell'UVP con Etienne AndrionePartecipo come attore non protagonista e come spettatore (e talvolta come scribacchino) alla campagna elettorale per le elezioni comunali. Vado dunque ai comizi, come faccio ormai da un po' meno di trent'anni ed in genere ciò è avvenuto come oratore. Mi piace parlare in pubblico e quando mi è capitato di avere incontri in serie, uno dopo l'altro, mi divertivo pure a cambiare i miei interventi per non annoiarmi e per non annoiare chi mi seguiva più volte in occasione dei comizi. Ho sviluppato una tecnica discreta, anche se mi accorgo che più il tempo passa e più ho ereditato da mio padre un penchant battutista, che credo corrisponda all'aria dei tempi, in cui di toni drammatici ne abbiamo già abbastanza nella vita quotidiana. Ricordo la celebre definizione della vita, che sarebbe come una scala di un pollaio, cioè "corta e piena di merda". Non penso che sia così ma, se si deve scegliere, meglio ridere che piangere.

Sono un automobilista incazzato

La coda a Chambave sulla strada statale 26Sono un automobilista "incazzato", come da celebre definizione del comico Gioele Dix e vi spiego perché. All'inizio degli anni Sessanta si cominciò in Valle d'Aosta a discutere della necessità di avere un'autostrada e lo si fece in connessione con i trafori autostradali in costruzione verso Francia e Svizzera, ma naturalmente si trattava anche di "accorciare" la Valle d'Aosta, creando un asse alternativo, più rapido e moderno, rispetto alla strada statale 26. Nacque così la "Società autostrade valdostane - Sav".
Appartengo ad una generazione che i lavori autostradali li ha visti progredire e da un certo periodo in poi ha seguito la questione nei suoi mandati elettivi. Partiti nel 1964, si sono concretizzati con la tratta "Quincinetto - Verrès" di 17,1 chilometri aperta al traffico il 2 luglio 1967, poi con la tratta "Verrès - Châtillon" di 11,1 chilometri aperta al traffico il 16 ottobre 1968 e ancora con la tratta "Châtillon - Nus" di 11,2 chilometri aperto al traffico il 9 luglio 1969 ed infine con la tratta "Nus - Aosta est" di 8,5 chilometri aperta al traffico il 27 maggio 1970. Arriva poi nel 1994 il sistema "Tangenziale di Aosta" di 11,6 chilometri aperto al traffico il 24 dicembre 1994 (già in accordo con l'autostrada del Monte Bianco), cui segue - prevalentemente in galleria - il raccordo tra "A5" e strada statale 27 del Gran San Bernardo, aperto in parte nel 1997 e totalmente nel 2001.
Negli anni Ottanta, invece, parte - con la nascita della società "Raccordo autostradale valdostano - Rav" - la concezione e poi la costruzione dei 32 chilometri mancanti per raggiungere il Traforo del Monte Bianco, compresi tra il casello di "Aosta ovest" e l'ultima uscita in località Entrevès: i lavori di costruzione sono iniziati nel 1988 e sono terminati alla fine del 2006 e l'esercizio completo è iniziato nel 2007.
Insomma per completare tutto ci sono voluti quarant'anni.

Pensieri chiari e scuri sulla politica

Capisco che sono un po' fissatino sulla politica, ma è normale per chi se n'è occupato e ne è stato intriso.
Per questo, anche in questa occasione, non posso fare a meno di annotare un pensiero.
Credo che siamo in un periodo di minimo storico di interesse e di credibilità per la politica e per le istituzioni democratiche, compresi i partiti che dovrebbero essere dei protagonisti del rapporto fra cittadini e organi elettivi.
Ogni tanto pensiamo che il peggio sia passato, ma era un abbaglio.

Hôtel de Ville: un Municipio e una Piazza

Uno scorcio dell'Hôtel des Etats di AostaSe uno va sul sito "AostaLife" trova anche una sintesi del luogo più simbolico di una parte di storia contemporanea della Valle d'Aosta, l'Hôtel de Ville, il Municipio, accompagnato in superficie da altre costruzioni significative. Riporto testualmente il pezzo: "La costruzione del Municipio, in stile neoclassico, è terminata nel 1841. Venne edificato in seguito all'abbattimento del monastero di San Francesco (fondato nel 1352), in posizione strategica, perché al confine tra il "Bourg de Saint-Ours" e la "Cité", due zone fino a diversi decenni prima autonome e dotate ognuna di un sindaco e di un Consiglio. All'esterno del palazzo si trovano due fontane, che rappresentano la Dora Baltea e il Torrente Buthier (principali corsi d'acqua cittadini). Sul tetto, campeggiano un orologio e una meridiana, mentre la facciata ospita lo stemma civico. All'interno dell'Hôtel de Ville s'incontrano vari busti e targhe commemorative in onore dei più importanti personaggi della città e, nell'atrio, si può ammirare il plastico della Valle d'Aosta. Da citare, per gli affreschi della seconda metà del XIX secolo, il "Salone Ducale", sede di cerimonie e ricevimenti. Sulla piazza, intitolata al martire della Resistenza valdostana, si erge il monumento al soldato valdostano (noto anche come "L'Alpino"), realizzato nel 1924 da Piero Canonica. Ad ovest del Municipio si trova l'Hôtel des Etats, edificio che risale al 1730 e che fu il centro della vita politica e amministrativa della Valle d'Aosta, ospitando il "Conseil des Commis". Quest'organo, istituito il 7 marzo 1536, era una sorta di parlamento locale, dipendente unicamente dal Re. Sulla piazza si affacciano, inoltre, diversi edifici di pregio architettonico".

Il bosco e la montagna

Lo scorcio di un bosco nel Gran ParadisoMi piace la primavera, perché il ritorno del bel tempo, del verde e della fioritura mi mettono di buonumore. Che poi tutto funziona, come nel resto della vita, perché c'è un alternarsi delle stagioni, altrimenti sarebbe una terribile monotonia.
Ho già citato in passato una bella frase di un botanico francese, Bernardin de Saint Pierre, che osservava come «Un paysage est le fond du tableau de la vie humaine». Questo vale moltissimo in generale, ma a maggior ragione laddove, come sulle Alpi, fatte le salve le alte cime, i ghiacciai e i luoghi impervi, il territorio è stato forgiato dalla mano dell'uomo, certo adeguandosi ai ritmi della Natura.
Devo dire che, se rapportato alla mia esperienza personale visiva, quel che più mi colpisce di anno in anno è la straordinaria progressione del bosco, pur sapendo come il nostro paesaggio alpino abbia proprio nel bosco, pur con differenze fra zona e zona, una delle caratteristiche più originali.

Quel giorno d'Aprile

Enrico Loewental è il primo a sinistra Oggi si festeggia ufficialmente il settantesimo anniversario della Liberazione dal nazifascismo (scriviamolo con chiarezza, perché uno spot di Palazzo Chigi è fatto in maniera tale da non capire da che cosa ci si sia liberati allora…). Ed io, di fronte alla voglia di scrivere qualcosa, sono questa volta come smarrito, che per un grafomane è piuttosto strano.
Trovo difficoltà perché sono come sopraffatto da sentimenti molto contrastanti, distanti dalla retorica celebrativa da cui saremo investiti e che ho sempre rifuggito anche quando mi è capitato tante volte di parlare in occasioni ufficiali il 25 aprile. Confesso che parlare di fronte ai partigiani, specie a Pont-Saint-Martin o a Perloz dove mi invitava mio zio, Ulrico Masini, capo partigiano di "Giustizia e Libertà", così come in piazza Chanoux (grazie a mio papà riportato ad una persona in carne ed ossa e non solo alla figura mitica del martire), era per me un'emozione che mi consentiva di parlare con il cuore in mano, togliendo quegli orpelli retorici che spesso avvelenano gli oratori da celebrazione.

Bar e politica

Un classico 'apericena'Ogni tanto la politica - ma io non l'ho mai pensata così - sembra solo essere per alcuni l'intervallo fra un'elezione e l'altra. Per chi imposta così il proprio impegno politico non solo la vita diventa una meschina ricerca ossessiva del voto, senza mai soste, ma ogni scelta finisce per essere esclusivamente condizionata da che cosa essa significhi in termini elettorali per compiacere (talvolta con il lati oscuri e preoccupanti) gli uni e gli altri. Una sorta di prigione del buonsenso e dell'onesta intellettuali (e in certi casi dell'onestà tout court), che considero davvero avvilente. Certi comportamenti ai cittadini dovrebbero fare schifo, perché alla fine ci rimettono loro, con persone elette in perenne campagna elettorale al posto di risolvere al meglio i loro problemi.
Invece, ovviamente le campagne elettorali sono il momento giusto per concentrarsi alla ricerca del voto. Con buona pace dei puritani, per i 1.685 candidati delle elezioni comunali in Valle d'Aosta, esiste un terreno privilegiato dove agire, che pare non risentire della crisi generale delle formule di comunicazione politica. Difficoltà che fanno ormai scervellare gli esperti per trovare modalità nuove di approccio contro l'evidente logorio del rapporto di molti cittadini con la politica. Anche se forse non sono le tecniche ma proprio la politica a non avere più quella attrattività, che dovrebbe essere un punto di partenza irrinunciabile in democrazia.

Un'archeologa che trasmetteva cultura

Quello di questa settimana è un ricordo, molto semplice, che ha bisogno, però, di una rapida premessa. L'archeologia mi affascina, anche se essendo scienza assai specialistica, non mi azzardo troppo a lasciarmi andare a pensieri propri. Cercare di capire, attraverso tracce di vario genere del passato, che cosa ci fosse prima di noi è comunque qualcosa di straordinario. Più distanti sono i reperti e più i rompicapo diventano interessanti da risolvere: è un esercizio di intelligenza personale, che diventa d'équipe e viene allargato a un mondo di studiosi, che avanza con la comparazione del lavoro degli uni e degli altri.
Per noi profani, invece, ottenere il trasferimento delle informazioni di base è un modo, in fondo, per amare ancora di più la Valle d'Aosta in cui viviamo. Raccontare il presente e progettare il futuro non può per nulla prescindere da quanto ci ha preceduto e quando si parla di "valdostanità" che sia chiaro che ogni avvenire funziona solo se siamo memori e riconoscenti a tutto quanto ci parla del nostro passato.
Per questo, più volte, mi ha fatto piacere avere in trasmissioni radio l'archeologa Patrizia Framarin, scomparsa poche ore fa a seguito di una grave malattia.
La ricordo come una donna sorridente, ironica e molto gentile e con una competenza che le consentiva di rendere amichevole una materia complessa.

Il peso del destino

Una foto del funerale di zio AntoineGli avvenimenti storici si incrociano con la storia delle persone e della famiglie. Poi certi eventi prendono una piega che non sempre è spiegabile sul perché una certa cosa avvenga. Certe causalità fanno restare allibiti e ci si può a lungo lambiccare, al confine fra fede e ragione, sui meccanismi che portano a certi fatti.
Settant'anni fa come domani, in piazza Carlo Alberto ad Aosta, dove si festeggiava la Liberazione, morì mio zio Antoine Caveri, classe 1911, secondogenito dei sette fratelli. Ad un cameriere del bar "Pollano - Nazionale", cadde una pistola che si era messa nei pantaloni. Mio zio, in piazza perché era stato chiamato dagli operai "Cogne", dove lavorava ed era punto di riferimento della rete clandestina del PCI nella grande fabbrica, morì colpito al collo. Quel giorno non stava bene, ma insistettero - andandolo a prendere nella casa di via Sant'Anselmo - tenendoci che lui ci fosse per parlare in piazza e questa scelta fu purtroppo letale per i giochi beffardi del destino.

Registrazione Tribunale di Aosta n.2/2018 | Direttore responsabile Mara Ghidinelli | © 2008-2021 Luciano Caveri