Seguo ormai da distante - perché nella vita ora si è attori, ora si è spettatori - la vicenda della "Macroregione Alpina", la strategia che dovrebbe coinvolgere l'intero Arco alpino. Leggo quel che si scrive e mi pare che, alla fine, il vero problema, prima della soluzione a livello europeo della questione, sarà il tema delicatissimo della perimetrazione. Per capirci: cosa fare delle grandi città subalpine dei diversi Paesi membri? C'è chi non le vuole per evitare di annacquare la componente montana e chi pensa che la presenza di metropoli e città finirebbe per rafforzare politicamente l'operazione. Capisco che non è facile scegliere e forse, alla fine, si potrebbe trovare una soluzione salomonica con un perimetro più vasto, ma con chiarezza d'intervento in area montana, ma si sa che l'esprit de finesse non appartiene a quest'epoca politica.
Ci pensavo rispetto ad un tema concreto, che agita direi tutte le Alpi e che riguarda il destino dei Comuni più piccoli. In Valle d'Aosta la materia l'abbiamo normata grazie alla competenza esclusiva dello Statuto, che proposi e portai a casa nel 1993, per cui noi abbiamo mantenuto 74 Comuni, ma prevedendo - attraverso le "Unités des Communes" (nome orribile, sarebbe stato meglio "Communautés") - servizi e funzioni obbligatori. In Italia la situazione è, nei territori montani, "nebbia in Val Padana", malgrado certi trionfalismi di maniera.