April 2015

I Comuni lungo l'Arco alpino

Dino MatteodoSeguo ormai da distante - perché nella vita ora si è attori, ora si è spettatori - la vicenda della "Macroregione Alpina", la strategia che dovrebbe coinvolgere l'intero Arco alpino. Leggo quel che si scrive e mi pare che, alla fine, il vero problema, prima della soluzione a livello europeo della questione, sarà il tema delicatissimo della perimetrazione. Per capirci: cosa fare delle grandi città subalpine dei diversi Paesi membri? C'è chi non le vuole per evitare di annacquare la componente montana e chi pensa che la presenza di metropoli e città finirebbe per rafforzare politicamente l'operazione. Capisco che non è facile scegliere e forse, alla fine, si potrebbe trovare una soluzione salomonica con un perimetro più vasto, ma con chiarezza d'intervento in area montana, ma si sa che l'esprit de finesse non appartiene a quest'epoca politica.
Ci pensavo rispetto ad un tema concreto, che agita direi tutte le Alpi e che riguarda il destino dei Comuni più piccoli. In Valle d'Aosta la materia l'abbiamo normata grazie alla competenza esclusiva dello Statuto, che proposi e portai a casa nel 1993, per cui noi abbiamo mantenuto 74 Comuni, ma prevedendo - attraverso le "Unités des Communes" (nome orribile, sarebbe stato meglio "Communautés") - servizi e funzioni obbligatori. In Italia la situazione è, nei territori montani, "nebbia in Val Padana", malgrado certi trionfalismi di maniera.

Il tirchio e la sua avarizia

Paperon de' Paperoni nel suo depositoIl mondo resta uno straordinario palcoscenico. Mi capita spesso di guardare a me stesso e ai miei comportamenti, specie nel rapporto con gli altri, perché sulla propria pelle il libero arbitrio è una bussola. Così come confesso una viva curiosità nell'osservare le persone, note o sconosciute. E' una curiosità bonaria e non impicciona, che penso sia un sintomo di socialità da primati quali siamo malgrado l'origine scimmiesca sembra essere per alcuni chissà quale diminutio per l'umanità.
Mi diverte molto riconoscere certe tipologie di persone nel campionario che si accumula e si arricchisce nel corso della vita. La memoria si allarga come i cerchi concentrici nel tronco di un albero.
Così, pur avendo una mamma e antiche discendenze liguri, non sono per nulla tirchio (avaro, pidocchioso, spilorcio, taccagno, pitocco). E penso, per una naturale avversione, di essere dotato di una specie di detector che individua con facilità chi ne è vittima e permette di vedere e scrutare le loro tattiche per non spendere, specie sul gobbone degli altri.

Scalfari e il renzismo

Il segnale di divieto di 'Inversione a U'Val la pena di capirlo questo famoso "renzismo", in un momento in cui quel che resta dell'Union Valdôtaine - ormai partito nelle mani di uno solo, Augusto Rollandin, che si avvicina ai quarant'anni di presenza sulla scena della politica valdostana - sceglie di cedere il candidato sindaco al Partito Democratico, per le elezioni di Aosta, come ossequio a Matteo Renzi ed alla speranza che tratti la Valle con "augusta" benevolenza. Uno schema opportunistico già adoperato per l'abbraccio al berlusconismo, che avrebbe dovuto trasformare la Valle d'Aosta nel "Bengodi". Archiviato Silvio Berlusconi e le sue promesse mai mantenute, con operazione rapida e ardita, si sceglie Renzi con la medesima spregiudicatezza, mentre il PD locale - un tempo in larga parte civatiano - abbandona la critica feroce al rollandinismo, facendo una bella "inversione a U", come se nulla fosse. Una matrimonio d'interesse, con in mezzo anche il seggio senatoriale, naturalmente ammantato di nobili ideali. Che la politica sia l'arte del possibile è certo, ma anche al montanaro più "doc" dovrebbe essere difficile arrampicarsi sugli specchi.

L'"alpinizzazione" della bicicletta

La mobilità, sin da bambini, passa attraverso la bicicletta e affini. Il mio triciclo rosso è qualcosa che mi appare dalla nebbia della prima infanzia, così come da bambino lo è stata la bicicross a tre marce, poi ho avuto una bici da corsa e, infine, l'attuale "mountain bike".
Andare su due ruote è un exploit ottocentesco (anche se Leonardo da Vinci ci aveva pensato nel XV secolo), ma l'antenata della bicicletta vera e propria la si deve al barone Von Drais di Sauerbrun, che la presentò a Parigi nella primavera del 1818.
Ma delle specie di pedali arrivarono con un'invenzione del 1839, dovuta a un maniscalco scozzese, Kirkpatrick MacMillan.

Il Monte Bianco e un melo in fiore

Il Monte Bianco in primaveraNon è la prima volta che parlo di questo argomento. Lo faccio con il cuore in mano e con gli occhi rivolti fuori dalla finestra verso le vette ancora innevate. Considero un privilegio vivere in Valle d'Aosta e capisco i miei avi che, una volta arrivati qui a metà Ottocento, ci restarono perché soggiogati dalla bellezza dei luoghi e dalla personalità di questa comunità con tanto di matrimoni che garantirono ancora di più integrazione con la Valle.
Sono reduce, per altro, da una bella giornata a La Thuile, ospite di quel meraviglioso ristorante (sulle piste d’inverno e lungo la strada verso il Colle del Piccolo San Bernardo d'estate) che si chiama "Lo Riondet", gestito da Paola ed Ivano e dai figli che proseguono la tradizione. Esempio mirabile di come le esperienze familiari possano transitare di generazione in generazione. Ci vorrebbe in Valle d'Aosta più moral suasion verso i giovani per un settore dell'imprenditoria, quello turistico, spesso oggetto di "mordi e fuggi" di imprenditori che arrivano qui da fuori solo con aria grifagna e senza interesse per tradizioni e luoghi. Non si può pensare ad una monocultura del turismo, ma certi questo è un settore destinato a crescere e va fatto in modo armonico.

I migranti all'assalto

Migranti soccorsi alle porte di LampedusaBisogna evitare di fare dei pasticci nell'esaminare certe questioni, perché si tratta di temi incandescenti che toccano le coscienze e - più prosaicamente - spostano l'elettorato come ridere. Ieri l'editoriale di Franco Venturini sul "Corriere della Sera" mi ha colpito con l'ipotesi che, giunta la bella stagione, arrivino sulle coste italiane sui "barconi della speranza" e spesso della morte fra 250mila e mezzo milione di persone dai Paesi del Terzo mondo, dove ormai la disperazione alberga (l'anno scorso a giungere furono 170mila).
Un tempo si usava il termine, poi diventato politicamente scorretto, di "extracomunitario", che poi conteneva anche persone come gli svizzeri o gli statunitensi, oggi si usa il termine "migrante" che è altamente ambiguo e certo non corrispondente alle diverse situazione di chi è immigrato in Italia. Ci sono quelli che hanno cittadinanza italiana e dunque escono dalla situazione pregressa, ci sono quelli in attesa di ottenerla ed hanno residenza da tempo, ci sono rifugiati e no. Insomma, un ampio spettro.

La Storia e gli anniversari

Alcune immagini di mio nonno Emilio TimoMi è capitato spesso di scrivere qui e altrove sulla Storia e sulla sua importanza. Sarà per i miei studi o più semplicemente perché credo che se non la si conosce a sufficienza manchi la bussola per capire dove siamo e perché. Ecco la ragione per cui passo il tempo a guardarmi attorno e a guardare avanti (odio chi passa il tempo a guardarsi indietro con penoso "reducismo" e magari a lambiccarsi con i "se" e con i "ma"), ma cerco di farlo avendo sempre ben presente le tappe che ci hanno portato oggi sin qui. Coltivo la speranza che la Storia la si possa studiare incrociando, laddove possibile, la Storia locale con quella più piccola, cioè la storia familiare, e con quella più grande europea e persino planetaria.
Così seguo sempre con attenzione quelle pietre miliari che sono gli anniversari, che ho letto una volta - ma non ricordo chi fosse a dirlo - non sono null'altro che l'eco del tempo che passa inesorabile. Di questi tempi l'incrocio fa impressione e misura certe distanze che irrompono nella nostra vita e ne dimostra, purtroppo, l'assoluta brevità, rispetto alle tante cose che avremmo da fare. Ma se noi siamo il prodotto di chi ci ha preceduti, noi stessi dobbiamo contribuire, anche con il gusto della storia, a formare chi ci seguirà nella straordinaria ma implacabile catena della vita, in cui il testimone passa dagli uni agli altri.

Livio Forma: una radiocronaca in cielo

Livio FormaSe esiste un Paradiso dei calciatori, state certi che lì ci sono anche i radiocronisti a commentare i tornei giocati fra le nuvole. Ci è finito, poco fa, Livio Forma, mio amico e collega. Lo avevo visto, affaticato ma sereno, durante un corso di formazione sull'Europa per i colleghi giornalisti, svoltosi poche settimane fa. Non avevo osato chiedergli, mentre bevevamo un caffè, le ragioni di quella voce flebile e dell'aspetto smagrito. Ma sapevo che già in passato era riuscito a passare le "forche caudine" di una brutta malattia, che - ho poi saputo - era tornata all'attacco. Ore fa, lui stesso aveva avvertito con un "tam tam", diffuso poi fra colleghi, che sentiva avvicinarsi la fine. Aveva voluto farsi portare a casa dalla sua famiglia.
I casi della vita ci avevano fatto incrociare alla "Rai", ormai 35 anni fa. Lui era un dipendente regionale quasi quarantenne, che aveva trovato - con la nascita del "Tg" regionale - una strada verso il giornalismo professionistico. Io - con una quindicina di anni in meno - ero un giovane di belle speranze che si affacciava al mondo dell'informazione.
Livio aveva fame di sport, la sua passione.

"Prendere o lasciare" e la politica italiana

Matteo RenziSe metti assieme la nuova legge elettorale nota come "Italicum", che è una priorità ormai da 102 settimane (sic!), e la riforma Costituzionale che si aggira in Parlamento, in assenza per ora della prima deliberazione, il dado è tratto: esiste un disegno di centralismo statale (che non muterebbe neppure se il Senato restasse elettivo, ma neppure questo avverrà), cui corrisponde una logica di potere crescente del leader al Governo. Se non è un disegno autoritario, si può serenamente dire che nei progetti di Matteo Renzi ci sia una visione personalistica del potere, basata sull'esaltazione delle sue doti, sull'uso affabulatorio dell'attività governativa, in una logica da "cerchio magico" che tende a creare una ragnatela affidata solo a fedelissimi. Si è visto che chi non corrisponde alla fedeltà esce di scena, in una logica "usa e getta", ben nota a chi nella giungla politica prende le liane per volare come Tarzan e poi le molla lì.

Par condicio e Informazione

Un esempio di bavaglioNella piccola Valle d'Aosta entra nel vivo la campagna elettorale per le elezioni comunali, come una vasta ragnatela che anima 68 Comuni su 74, ognuno con la sua storia e la sua identità. Tranne dove ci sarà una lista sola, per dinamiche banali o per storie spassose di paese, si può dire che molti scontri saranno appassionanti e spesso segno di vitalità della democrazia, anche se ogni tanto si casca nel pettegolezzi o nella malevolenza.
Per capire questa logica di una Valle piccola ma piena di energie, mi è capitato di raccontare a dei non valdostani di come, con una buona percentuale di successo dopo tanti anni di politica, potessi indovinare da dove venisse la persona che mi trovavo davanti. Facile farlo con il cognome o la parlata, meno dal viso o dall'espressività, ma vi assicuro che si può fare. Dimostrazione come un microcosmo valdostano possa sempre, come nella ricerca delle particelle elementari dell'atomo, avere dei sottosistemi che si riescono a decodificare nel tempo e sono affascinanti come l'ordito di un tappeto orientale.

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