December 2014

Dalla tenerezza allo stupore

Papa Francesco tra la gente (foto di Marco Garro)Tutto parte da un interrogativo, che è già una constatazione: come mai Papa Francesco piace? Le ragioni sono molte: la prima è nel suo evidente anticonformismo, che viola i formalismi del protocollo vaticano. Ma poi e soprattutto perché, nel suo eloquio dalla dolce cadenza spagnola, usa un linguaggio chiaro e diretto e soprattutto convincente. Lo ha fatto massacrando senza sconti i politici corrotti, citando con chiarezza le malattie della Chiesa e proponendo, come immaginifico punto di riferimento del Natale, «la tenerezza», indicata anche come il sentimento necessario verso i bambini, ma non solo. Questo Papa, che ha scelto di chiamarsi Francesco come il "Santo della Povertà" (il cui Ordine purtroppo sta affondando per via di speculazioni finanziarie...), ma penso che non finirà di stupirci e, come dirò, si tratta sicuramente di un bene.
Questa storia della tenerezza sdogana una parola che è stata ingiustamente confinata in una logica zuccherosa e appiccicaticcia. Ed invece ha, nella morbidezza della sua origine, un senso di dolcezza e di quel rapporto di empatia che si può creare. Ha forse ragione Milan Kundera, quando segnala che la tenerezza è per un adulto una sorta di "va e vieni" rispetto all'infanzia: «La tendresse prend naissance à l'instant où nous sommes rejetés sur le seuil de l'âge adulte et où nous nous rendons compte avec angoisse des avantages de l'enfance que nous ne comprenions pas quand nous étions enfants».
E' strano il rapporto con bambini e ragazzi. Passi il tempo a spiegare loro delle cose che hai provato, mettendoli in guardia su che cosa avverrà, ma loro giustamente ti guardano straniti, perché godono del giusto diritto di farsi le loro esperienze. Senza che qualcuno li voglia dirigere sulla base di quanto ha vissuto. Per altro proprio l'interazione, specie con i propri figli (in cui è più facile specchiarsi per le ovvie somiglianze), fa riscoprire la tenerezza nostra verso di loro e la loro verso le cose della vita.
A me, invece, le festività natalizie - specie nella coda del post-festa fra il pigro e il languido - dischiudono un mondo che spesso, resi aridi da certe prove della vita, tendiamo a dimenticare: lo stupore. Stupore inteso nel suo significato classico di "grande meraviglia". Ed è quanto in queste ore abbiamo visto in particolare negli occhi dei bambini all'atto dell'apertura dei loro regali natalizi. Oppure - e questo è tutto da adulti - quando ti trovi a fare il primo passo, magari per una conciliazione che potrebbe diventare una riconciliazione, verso una persona che pure non lo meriterebbe e lo stupisci con il tuo gesto. E forse l'esito stupisce pure te stesso...
Un brano letterario che esemplifica lo stupore è in una struggente novella di Luigi Pirandello, "Ciàula scopre la Luna". Ciàula è il "caruso" (giovanissimo garzone nelle miniere di zolfo) di un minatore ed ha sempre vissuto in miniera, quando una notte esce e vede la luna. Ecco il finale: "Restò - appena sbucato all'aperto - sbalordito. Il carico gli cadde dalle spalle. Sollevò un poco le braccia; aprì le mani nere in quella chiarità d'argento. Grande, placida, come in un fresco luminoso oceano di silenzio, gli stava di faccia la Luna. Sì, egli sapeva, sapeva che cos'era; ma come tante cose si sanno, a cui non si è dato mai importanza. E che poteva importare a Ciàula, che in cielo ci fosse la Luna? Ora, ora soltanto, così sbucato, di notte, dal ventre della terra, egli la scopriva. Estatico, cadde a sedere sul suo carico, davanti alla buca. Eccola, eccola là, eccola là, la Luna... C'era la Luna! la Luna! E Ciàula si mise a piangere, senza saperlo, senza volerlo, dal gran conforto, dalla grande dolcezza che sentiva, nell'averla scoperta, là, mentr'ella saliva pel cielo, la Luna, col suo ampio velo di luce, ignara dei monti, dei piani, delle valli che rischiarava, ignara di lui, che pure per lei non aveva più paura, né si sentiva più stanco, nella notte ora piena del suo stupore".

Vedere i Cartoni

Il 'Baymax' a spasso per la cittàTrovo interessante come alle vecchie tradizioni ne sopravvengano di nuove, che acquisiscono in fretta una loro storicità. Penso all'abitudine di andare al cinema nei giorni immediatamente successivi al Natale: le sale cinematografiche, spesso esangui nel resto dell'anno, riacquistano un quale certo vigore.
Anche io non sono venuto meno all'abitudine, andando a vedere la spassosa pellicola "Il ricco, il povero e il maggiordomo" con i tre comici Aldo, Giovanni e Giacomo, che seppellisce con gli incassi gli inquietanti e pecorecci cinepanettoni romaneschi, buoni forse per "Mafia Capitale".
Ma soprattutto non poteva mancare il nuovo film d'animazione di Natale 2014 della "Disney", "Big Hero 6", che conferma come questo genere cinematografico non abbia nulla da invidiare ai film in carne ed ossa. E' un misto strano fra tradizione "buono-cattivo" e "nuovo-vecchio" dei supereroi con pizzico giapponese con un robot che pare ispirato a "Bibendum", il pupazzone "Michelin". Si ride e ci si commuove come dalla notte dei tempi...
Si tratta ormai di prodotti spettacolari e con storie avvincenti, che piacciono a grandi e piccini. Ognuno ha degli stessi episodi differenti gradi di lettura.
La paternità spalmata nel tempo e la precedente circostanza di essere andato a braccetto coi cartoni animati dalle proiezioni domestiche degli "8 mm." fino ai film al cinema e poi alla televisione dagli esordi sino ad oggi, mi dà una conoscenza che mi stupisce persino.
«Vedere i Cartoni» è stato un mantra per me coi miei genitori e lo è stato e lo è per miei figli. Ricordo come "cartone animato" deriva dalla traduzione un pochino "fai da te" dall'inglese "animated cartoon" che stava ad indicare originariamente le vignette umoristiche pubblicate a partire dalla metà dell'Ottocento dai precursori.
"Cartoon" - esempio di come le parole vadano e vengano - deriva, invece, dal termine italiano "cartone", usato a partire dal 1500 per indicare il foglio di grandi dimensioni utilizzato per i disegni preparatori di affreschi ed arazzi o realizzati per fare le vetrate.
A completamento, con l'invenzione del "cinematografo Lumière", "animated" iniziò ad essere riferito alla figura in movimento, acquisendo pertanto il significato attuale di "animato", dopo aver avuto congegni precursori dei cartoni animati come la seicentesca "lanterna magica", gli ottocenteschi "traumatropio", "fenatischiscopio", "zootropio", "cineografo" ed infine il "teatro ottico"!
Ma cinema d’animazione deve molto a Georges Jean Méliès. Il regista ed illusionista può essere considerato come il primo inventore degli effetti speciali e anche di molte innovazioni narrative e tecniche. Ricordo "Le voyage dans la Lune", del 1902, che, come altre sue pellicole, è considerato l’antenato dei film di fantascienza, mentre "Le manoir du diable" del 1896 sembra aver dato vita al genere horror.
Poi, nel 1908, il francese Emile Cohl diede vita al personaggio di Fantôche, piccolo clown protagonista di "Fantasmagorie" (cercatelo su "YouTube"). Negli anni Venti negli Stati Uniti spuntano Pat Sullivan con la serie "Felix il Gatto" ed i fratelli Max e Dave Fleischer con "Betty Boop", "Braccio di Ferro" e persino "Superman". Alcuni li ho guardati all'infinito fra filmini e "Tivù dei ragazzi".
Poi la "MGM Metro-Goldwyn-Mayer", lancia "Tom & Jerry”, avventure del gatto contro il topo con William Hanna e Joseph Barbera, che poi ne inventeranno a loro volta di tutti i colori, tipo l'orso "Yoghi", "Braccobaldo" e "Gli Antenati". Penso poi a "United productions of America" ed a "Mr. Magoo", lo scontroso personaggio miope. Tutti scolpiti nella mia memoria.
Come non pensare alla serie infinita dei personaggi di Walt Disney, da "Topolino" in poi con un crescendo che sembra non finire mai . Il mio primo film è stato "Biancaneve e i sette nani", ma sono cresciuto con i classici "Pinocchio", "Fantasia", "Dumbo" e "Bambi", "Alice nel Paese delle meraviglie", "Le avventure di Peter Pan" e "Cenerentola".
Da ragazzino mi sono trovato le "giapponesi" avventure di "Goldrake", "Grande Mazinga", "Mazinga Z" o "Jeeg robot d'acciaio" e pure "Heidi" con le Alpi da cartolina.
Poi, da allora fino ad oggi, mi sono guardato (e goduto) i film d'animazione "annuali" a vantaggio dei miei figli, senza perdere un colpo. E per loro saranno quello che sono stati per me, che ne ricordo bene sequenze e canzoni.
Cartoni animati che attraversano il tempo e che diventano classici.
Sempre che se lo meritino.

Gli ultimi delle Speciali

Rosario Crocetta, presidente della Regione sicilianaPossiamo, senza tema di smentita, dire con tranquillità, ma con la giusta indignazione, che fra le autonomie speciali la più tartassata dallo Stato, anche nel 2014, è stata la Valle d'Aosta. Spiace doverlo scrivere, ma la triste realtà è proprio questa e non la si può e non la si deve nascondere. Sarebbe facile argomentarlo questo record con puntiglio e dati alla mano. Potrei riprendere uno a uno errori e omissioni di chi, in politica, ad Aosta e a Roma, avrebbe dovuto difendere la nostra Regione Autonoma e non lo fatto per nulla o non a sufficienza. Lo si vede - ultimo atto parlamentare - anche dalla Legge di stabilità con una norma confusa che mischia - e non è un bene - legislazione ordinaria con norme d'attuazione a venire. Ma è inutile accanirsi: questa inerzia è ormai preclara ed è bene guardare avanti, anche attraverso qualche elemento comparativo.
Ben diversa è stata la capacità di mediazione di Trento e Bolzano, che hanno cavalcato l'onda per ottenere un accordo di lunga gittata sia finanziario che ordinamentale (trasmesso pure a Vienna in ossequio alla "garanzia internazionale"). Mentre - per chiudere il confronto con le Speciali del Nord - il Friuli-Venezia Giulia ha ottenuto denaro con la logica politica, in verità vecchia come il cucco, di una Debora Serracchiani, presidente della Regione e neorenziana di ferro. Dunque più un favore che un diritto.
Se si allarga la visuale, resta da capire cosa avverrà esattamente per la Sardegna, cui era stata assicurata dal Governo un'uscita dal "Patto di stabilità", che sarebbe elemento clamoroso e si sommerebbe a prelievi più leggeri di quelli sinora inflitti alle autonomie speciali del Nord.
Resta poi la Sicilia, che è sempre una storia tutta sua grazie al numero di parlamentari che la rappresentano e che possono fare la differenza per un Governo e questo crea una morbidezza inconcepibile. Questo ha consentito alla Regione siciliana (questa la dizione statutaria) di sbattersene allegramente di vincoli, tagli e sanzioni, mai arrivati a destinazione per il perdonismo dello Stato, malgrado la bancarotta aleggi da decenni e obbligasse a scelte drastiche.
Ultima perla: la scelta di Matteo Renzi di imporre un suo uomo, l'economista toscano (guarda il caso) Alessandro Baccei come assessore all'economia della Sicilia nella Giunta del bizzarro presidente Rosario Crocetta. Presidente che pare già essere ai ferri corti proprio con Baccei che ha invocato misure drastiche per riequilibrare i conti in profondo rosso.
Intanto su BlogSicilia si annuncia la normalità di queste ore per i consiglieri regionali del più antico Parlamento d'Europa: "Sul piatto c’è l'analisi delle commissioni di merito su bilancio e finanziaria ma queste riunioni servono ad avviare la sessione formalmente e a liberare urgentemente dalle commissioni il disegno di legge di esercizio provvisorio. Si punta ad avere un esercizio provvisorio già approvato dalle Commissioni entro domani sera in modo che lunedì la Bilancio possa analizzare la norma e mandarla in aula per martedì 30".
Chiaro il concetto? Si apre la sessione di Bilancio per approvare, come sempre avviene, l'esercizio provvisorio! Ma il fatto reiterato negli anni non fa più notizia per la Sicilia, che con poteri, competenze e finanze derivanti dal suo Statuto potrebbe essere la punta di diamante delle Speciali. Lo Stato assente, silente e complice di un disastro preferisce, invece, prendersela con altri, per esempio con i valdostani...
Nel 2015 sarebbe bene che sul punto si pretendesse un'inversione di rotta. E invece, purtroppo, i rischi sembrano aumentare.

Quel traghetto alla deriva

La 'Norman atlantic' incendiataLa vita può creare anche delle sorprese, per cui mai dire mai. Ricordo quando a Roma, da deputato, scherzavo sul fatto che - da valdostani - sarei stato ideale come Ministro della Marina mercantile (dicastero realmente esistito all'epoca in cui si moltiplicavano i dicasteri per avere abbastanza poltrone per molti sederi) per la totale mancanza di interessi personali e locali...
E invece è capitato egualmente, anche ad uno piantato per nascita in mezzo alle Alpi, di occuparsi di trasporto marittimo. Mi è capitato a Bruxelles, quando ho presieduto la Commissione che si occupava anche di questa materia al Parlamento europeo.
Ricordo in particolare che mi occupai dell'affondamento della petroliera "Prestige", battente la bandiera delle Bahamas, al largo delle coste spagnole il 19 novembre 2002 con un carico di 77.000 tonnellate di petrolio. Una marea nera che causò un disastro ambientale in una vasta zona compresa tra il nord del Portogallo fino alle Landes, in Francia. La più colpita fu la Comunità autonoma della Galizia, dove andai in visita ufficiale per capire gli avvenimenti e per questo studiai - e ne ho una buona memoria - un corposo dossier sulle "navi carretta", cioè le navi che solcavano le acque marine europee senza le necessarie misure di sicurezza e con gli equipaggi inadatti a far fronte alle emergenze.
Ma c'erano altri dossier scottanti, che riguardavano appunto un'armonizzazione della materia della navigazione marittima per evitare rischi e danni a vantaggio, invece, di norme di sicurezza e di controllo. Molto è stato fatto, ma quel che è capitato in Adriatico con il traghetto "Norman Atlantic" dimostra quanta strada si debba ancora percorrere. Sarà la Magistratura ad acclarare dinamiche e a stabilire se ci siano state o no responsabilità nell'incendio e nelle sue successive conseguenze, specie sotto il profilo già molto discusso delle prescrizioni assai recenti dopo un controllo sulla nave italiana che era stata affittata per sostituire la nave greca che normalmente svolgeva il servizio fra Grecia e Italia. Così come bisognerà capire se tutto abbia funzionato nella macchina dei soccorsi e nelle scelte tecniche quale reazione agli eventi. Bisogna farlo a maggior ragione perché, se si è evitata un'ecatombe come dice Matteo Renzi, una tragedia c'è stata comunque, specie se saranno confermati, oltre ai morti già noti, i dispersi. Anche se non si agisce in questo caso sotto l'impulso di una spinta giustizialista dell'opinione pubblica, ammirata dal coraggio dei soccorritori. Va detto, tuttavia, che sul caso ho visto "Twitter" ribollire di commenti e preoccupazioni e pure di sciocchezze, come il parallelo fra le azioni umanitarie della Marina in soccorso dei migranti in arrivo dall'Africa sui barconi e gli interventi dei viaggiatori sul traghetto.
Gli avvenimenti, però, dimostrano quanto sia giusta la strada, specie lungo le coste dell'Unione europea, di avere un esatto coordinamento fra le diverse autorità nazionali per vigilare sulla sicurezza delle navi passeggeri e trasporto. Così come su è chiarito per l'ennesima volta quanto ci si debba abituare ad azione d'intervento di emergenza senza più tenere conto delle vecchie frontiere fra Stati, ma agendo in una dimensione integrata a carattere comunitario. Ma questo obbliga a dotarsi di protocolli condivisi, di piani di azione efficaci e di esercitazioni apposite, che permetta di capire bene - e su questo caso c'è stata qualche confusione - chi fa che cosa per essere efficaci.

Pensieri di fine anno (con Renzi inaspettato ospite)

Matteo Renzi a CourmayeurInaspettato ospite, atterra nella notte, all'aeroporto "Corrado Gex" di Saint-Christophe, Matteo Renzi (e famiglia, così pare) su di un jet dell'Aeronautica Militare e questo sancirebbe l'ufficialità della visita, segretamente programmata, visto che la Provincia autonoma di Bolzano aveva annunciato la presenza in queste ore da loro del premier per una vacanzina. Lo scoop del suo arrivo lo vince, via "Twitter", Giovanni Pellizzeri, direttore di "Aostanews24", che ha avuto la "soffiata" giusta: chapeau!
Che farà Renzi in Valle? Qualcuno scrive che potrebbe "salutare" gli italiani attraverso la diretta "Rai" di Capodanno da Courmayeur. Avverrà davvero così, poco dopo l'addio alla Presidenza del Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, attraverso il tradizionale discorso di fine anno dal Quirinale? Lo sapremo oggi, per ora si tratta solo di supposizioni.
Comunque sia, questa mia è l'ultima rubrica di quest'anno: la trecentosessantacinquesima e lo scrivo in lettera perché mi fa impressione essere riuscito anche quest'anno a poter confermare la costanza dell'impegno. Ringrazio chi mi segue e spesso mi offre testimonianza personale o scritta del loro interesse, che mi lusinga.
Bilanci e prospettive sono caratteristiche di queste ore, in cui aspettiamo quell'attimo - alla fatidica Mezzanotte - in cui si passa in un istante al nuovo anno.
Si chiude un anno, il 2014, ancora cupo per diverse ragioni. Il quadro internazionale resta incerto per una crisi finanziaria che offre rari squarci di luce e con focolai di guerra e violenza che fanno paura, mentre l'Europa balbetta ancora con un politica fatta di debolezze e divisioni e con scelte a metà che lasciano l'Unione europea in mezzo al guado e l'Italia aspetta di giudicare un "renzismo" ancora tutto da capire, ma i dati dell'economia sono cattivi e la politica ipnotizzata da "un uomo solo al comando" pone interrogativi in chi non se la sente di firmare cambiali in bianco. Si pensava che l'epoca del personalismo nella politica italiana fosse stato archiviato con il fallimento del berlusconismo e invece la logica salvifica sembra non tramontare mai nella fragile democrazia italiana.
La Valle d'Aosta, invece, ha messo la retromarcia e le cose vanno male in un clima minaccioso per l'autonomia speciale. A proposito: Renzi su questo dirà qualcosa in queste ore, visto che le più recenti proposte di "sparizione" dell'autonomia valdostana vengono da esponenti del partito di cui è segretario, il Partito Democratico, e stamattina su "Repubblica" il sottosegretario Graziano Del Rio annuncia che questa è la volontà anche del Governo?
Questa volontà, oggi esplicitata, si è concretizzata appunto con un crescendo di pesanti messe in discussione dell'Autonomia da Roma e purtroppo anche da una evidente sua consunzione "interna", specie per una sorta di paralisi istituzionale. Tutti se ne lamentano, ma poi - come se ci fosse una cappa di gas soporifero - la reazione pare diventare, tranne che per una parte combattiva di opposizione, una sorta di rassegnazione. Il "rollandinismo" incombe ancora, ma ormai ha assunto la veste di un disegno personalista al tramonto. Non ci sono né soldi (per i tagli feroci e i meccanismi del "Patto di stabilità" su cui a Renzi qualcosa va detto) né idee per il futuro e un grigiore avvolge tutto, togliendo speranze, come una trottola che giri stancamente prima di fermarsi per sempre. Periodiche aperture al dialogo si fermano sulla porta del Palazzo regionale, dove la logica dell'Esecutivo e del suo vasto entourage è quella di resistere e sopravvivere in una solitudine del potere senza precedenti, che metterebbe solo tristezza, se non fosse che a rimetterci da questo stato di cose è la comunità tutta intera, ormai impoverita e depressa.
Sembrava che il cambiamento fosse a portata di mano e molti, me compreso, ci avevano creduto, ma poi le "sabbie mobili" hanno per ora inghiottito ogni disegno di mutamento, anche a causa della pavidità e del doppiogiochismo di alcuni. Ma è inutile indugiare sul passato e quel che non era ancora maturo prima o poi arriverà.
Per cui, sfidando i musi lunghi e gli immobilisti, resto ragionevolmente ottimista. C'è, sempre buona, frase di Antonio Gramsci «nella vita bisogna avere il pessimismo della ragione e l'ottimismo della volontà», la cui logica - riferita a filosofi e intellettuali - resta valida, al di là della ideologica ispiratrice, per chiunque voglia impegnarsi in politica: non basta conoscere il mondo, ma è giunta l'ora di cambiarlo.
Con Antoine de Saint-Exupéry: «Pour ce qui est de l'avenir, il ne s'agit pas de le prévoir mais de le rendre possible». Insomma: un anno in cui poter ottener i risultati sperati, sapendo che in parte ne siamo fautori e in parte incombe il Caso con i suoi capricci.
Buon Anno a ciascuno di voi con cui - giorno dopo giorno - ho condiviso i miei pensieri quotidiani e spero di poterlo fare, con altrettanto impegno, nel 2015.
«Eheu fugaces labuntur anni», diceva Quinto Orazio Flacco e cioè «Ahimè, gli anni scorrono velocemente!».

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