September 2013

La Repubblica dei videomessaggi

Silvio Berlusconi nel suo ultimo videomessaggioRullo di tamburi negli scorsi giorni: arriva il videomessaggio di Silvio Berlusconi. E' noto come personalmente ritenga questa formula - se non per rare occasioni augurali - una violazione di un principio elementare del giornalismo, vale a dire il contraddittorio. Fatta la propria dichiarazione, il politico deve rispondere alle domande dei giornalisti, altrimenti si tratta di un soliloquio.
Ma questa pratica, usata una volta solo sulle reti di famiglia "Mediaset", alla fine si è diffusa e ha creato una sorda accettazione nel mondo del giornalismo, impensabile nei Paesi civili. Per altro, lo strumento è usurato, come lo è il leader della Destra (il Centro si è perduto per strada)
Ieri poi sembrava la giornata clou ed invece - chissà se c'entra la batosta della Cassazione, con sentenza civile, per il "lodo Mondadori" o la notizia della "Costa Concordia" "raddrizzata" che avrebbe offuscato - il videomessaggio non è arrivato e pare appunto essere un rinvio tattico. Forse arriverà oggi e sapremo che tornerà Forza Italia, che i giudici sono cattivi, che il Governo Letta galleggia...
Ma arriverà davvero questo messaggio, prima del voto di Commissione in Senato, aspettando l'aula? Confesso di incominciare ad averne abbastanza e penso che siamo in tanti ad avere questi sentimenti.
Certo che tutto non è come prima. Silvio Berlusconi, che ha mostrato una vitalità degna di un cyborg (penso che un pochino lo sia, almeno sotto il profilo della chirurgia plastica), non si sa se questa volta ce la farà a trovare una via di uscita o di fuga.
Certo è che se la Valle d'Aosta fosse un'area test per il Cavaliere non butterebbe molto bene. Il Popolo della Libertà, tra breve Forza Italia, è di fatto sparito dal dibattito politico valdostano e sopravvive con rare figure amministrative nella città di Aosta. Ma il resto si è svaporato, dopo la sconfitta elettorale alle regionali, perché furbescamente fagocitato dal presidente Augusto Rollandin, che ha coccolato e blandito i pidiellini locali per poi farli sparire, come un prestigiatore che, al posto di far apparire il coniglio, lo faccia in umido. Da allora regna il silenzio, anche in favore di Berlusconi. Sembra passato un secolo da quando l'Union Valdôtaine aveva scelto di berlusconizzarsi con tanto di "baciamo le mani" a "Palazzo Grazioli", casa romana del Cavaliere, degna di Trimalcione.
Mi fermo sul penchant valdostano, perché è come sparare a un uomo morto.
Intanto aspettiamo la messa in onda del videomessaggio di Berlusconi, senza nessuna ansia. Mi interesserà di più il giudizio storico. Penso che non si distaccherà da quel che una volta ha scritto Eugenio Scalfari: «Berlusconi è un uomo di gomma laddove Mussolini si atteggiava a uomo di ferro. Berlusconi galleggia e padroneggia la democrazia cercando di renderla invertebrata; Mussolini distrusse la democrazia. Mussolini volle lo Stato etico, Berlusconi appoggia il suo potere sull'incompatibilità degli italiani nei confronti dello Stato, salvo adottare lo statalismo quando una società impaurita lo invoca come il protettore di ultima istanza. Si tratta, come si vede, di differenze profonde anche se il fine è analogo: un Capo carismatico, plebiscitato da un popolo che ha rinunciato ad esser popolo ed ha trasferito in blocco la sua sovranità al Capo».
Brutta storia questa dei "Capi assoluti", che mostrano spregiudicatezza e solleticano il peggio di certe emozioni. Un'eredità del passato, da superare con forme, finalmente mature, di democrazia.

Castelli e turismo

L'ingresso del castello di San Giorgio CanaveseDare un'occhiatina di prossimità non è male e devo dire che, come tutti i valdostani della Bassa Valle, per frequentazione facile e abituale, vado spesso nel Canavese. Ci sono molti legami culturali e storici e averne coscienza non significa affatto far venir meno le ragioni della nostra autonomia speciale.
Sono stato in visita al castello di San Giorgio Canavese, che è stato dei Conti di Biandrate, per poi passare - come tanti manieri - sotto l'ala sabauda. Oggi è privato e dispone di sale, che vengono affittate in vario modo, e di una parte di foresteria, che dà sul grande parco. Di origine medioevale, è diventato poi un castello intriso di un eccentrico barocco, stile che domina la rete di residenze nobiliari di tutta quella zona del Piemonte.
Ma quel che conta non è l'aspetto, ma la sostanza della gestione, che lo accomuna alla maggior parte dei castelli canavesani. Vale a dire che, forse con l'eccezione del castello di Agliè e del castello di Ivrea (di cui si interessò mio nonno, quando fu sotto-Prefetto nella cittadina eporediese), la maggior parte dei castelli sono in capo ai privati, che quasi sempre li sfruttano per un uso turistico. Sull'esito reale delle singole operazioni non so cosa dire, penso che siamo distanti da storie di successo come in Francia, in Germania o in Svizzera, limitandomi a casi che conosco.
Questo è un tema serio per una regione come la nostra, dove la larghissima maggioranza di castelli è della Regione. A parte il caso del Forte di Bard, che è già ampiamente aperto a logiche turistico-congressuali (ma l'hotel nella fortezza non è mai stato aperto, come di fatto il ristorante di livello che era stato previsto), si muove poco e non cito il caso specifico del Carnevale nel castello di Verrès che ha una dinamica particolare e autocentrata piu sul paese che sul turismo. Di nuovo, rispetto alla prevalente logica conservativa, c'è stato un uso "privatistico" per una festa-concerto nel parco del castello di Sarre e il maltempo non ha consentito una festa serale nel parco del "Baron Gamba" di Châtillon. Timidi tentativi di utilizzo.
Da anni sostengo che bisognerebbe osare di più, non per trasformare antiche magioni in discoteche o ristoranti dozzinali, ma perché un uso museale - della storia stessa dei castelli o come spazio espositivo - rischia di essere limitativo. Tema difficile, che va affrontato, perché in fondo il rinvio è - scusate la banalità - una non decisione e in epoca di vacche magre il pubblico deve aguzzare l'ingegno per rimpinguare le casse da riutilizzare, in modo virtuoso, per i beni culturali.

Basta con veleni e vecchi merletti

L'Union Valdôtaine Progressiste, con la sua prima festa popolare, a cavallo fra intrattenimento e politica, si avvia verso la fine di quest'anno, ricco di soddisfazioni, dopo la nascita, avvenuta di fatto proprio all'inizio del 2013. Vorrei qui appuntare qualche riflessione su questa avventura politica, di cui sono stato uno dei fondatori.
Resta - lo premetto - intatta la convinzione che non ci fosse alternativa alla scelta, così come è stata fatta.

Settembre

Il cielo a settembrePenso che il mio, al di là di certi impegni politici, sarà un fine settimana contemplativo. Temo di aver già citato una frase di Henri Bernardin de Saint Pierre, che dice «Un paysage est le fond du tableau de la vie humaine». Chi mi conosce sa quanto abbia sempre avversato quell'ambientalismo che cavalca la fesseria dell'Uomo estraneo in qualche modo alla "Natura buona", perché saremmo solo dei biechi distruttori. E, invece e per contro, guardo quanto mi circonda per avere conferma che, senza scadere nell'antropocentrismo da fessi, questo mondo è il palcoscenico della nostra vita e rispettarlo è un dovere.
Così osservo le nostre montagne - patrimonio dell'umanità senza aver bisogno del timbro "Unesco" - in questo Settembre e senza nessuna originalità le ammiro e bisogna adoperare, per non perderlo, l'utile con l'esercizio della contemplazione. Questo fazzoletto di terra, che è la Valle d'Aosta, è in questo mese uno spettacolo unico. Peccato che ormai questo periodo attiri pochi e rari turisti, che dovrebbero essere premiati e, invece, specie nelle stazioni in alta quota, stentano a trovare locali aperti.
L'estate si è fatta corta e Agosto è diventato in mese bulimico, che lascia solo briciole a chi viene subito dopo. Sagre, feste, manifestazioni sono come un enorme falò che brucia con eccessiva rapidità.
Settembre, per altro, è un mese di mezzo, l'estate muore, con i suoi colpi di coda, e intanto l'autunno si annuncia, insinuandosi giorno dopo giorno. Lo dimostrano, banalmente, le giornate che si accorciano, ma soprattutto i colori della natura. A me colpiscono non solo gli alberi, ma soprattutto i cieli con le nuvole striate e una limpidezza di un ambiente che pian piano si raffredda. E poi le montagne, che quest'anno hanno attraversato di corsa il grande caldo e così i ghiacciai non hanno sofferto come negli anni passati e nevai, in genere scomparsi per il caldo sono, ancora là e qualche spruzzata di neve ha già indicato la strada dell'inverno che verrà.
Siamo stupiti di questa estate che è stata al rallentatore: un saggio viticoltore osservava, tuttavia, giorni fa, che la vendemmia è in ritardo solo se i parametri sono quelli dell'ultimo decennio, invece se si guarda più indietro i ritmi sono quelli più consueti. Come se l'orologio - questo vale anche per il periodo di mucche in monticazione in alpeggio - si fosse riallineato rispetto alle stagioni eccezionali, segno di quel riscaldamento globale che tanto ci angoscia per le profonde modificazioni che sembrano annunciarsi sulle Alpi.
Comunque sia, bisogna abbandonarsi a questi giorni, che pure sono ormai la ripresa a pieno del lavoro (ormai vien da precisare: se c'è!) e degli studi e dunque sono per tutti impegnativi.
Ma guardarsi attorno può essere un sicuro ristoro, almeno per chi ha la fortuna di vivere circondato da montagne o da analoghe meraviglie.

Il giornale e la rivoluzione digitale

Il numero 'zero' di 'Le Progressiste'Sono un giornalista radiotelevisivo, ma qualche finestra sulla carta stampata ce l'ho sempre avuta. Ricordo agli esordi il giornale della diocesi, il "Corriere della Valle", e qualche articoletto come vice del corrispondente locale sul "Corriere della Sera", la direzione per un certo periodo di "Le Reveil" del sindacato "Savt", poi una rubrica per anni su "La Vallée notizie" e un impegno lunghissimo e intenso su "Le Peuple Valdôtain". Nel frattempo, con alcuni amici, fui fra i fondatori di un settimanale locale, che non ebbe fortuna.
Erano gli anni, a cavallo della rivoluzione tecnologica che investì la carta stampata, che oggi sembrano un nulla in confronto allo tsunami che sta colpendo oggi il settore per via dei diversi media veicolati attraverso Internet. I giornali corrono sul Web e cavalcano la multimedialità per rimediare ad una emorragia che sta decimando i giornali cartacei. L'orizzonte è sempre più cupo e chi pensa che la stampa resterà non deve farsi grandi illusioni, perché la rivoluzione digitale non si ferma e chi si crogiola nella situazione attuale, pensando al bel tempo che fu, farà una brutta fine.
Tutto ciò premesso, non appaia un paradosso che condivida la strategia comunicativa dell'Union Valdôtaine Progressiste, che ieri ha presentato nel corso delle prime battute della propria festa popolare (Rendez-Vous progressiste) il proprio mensile, "Le Progressiste". Capisco che possa prestarsi a qualche battutaccia l'uso ripetuto del termine "progressiste", ma nella situazione politica valdostana questa parola - che può avere molti e diversi utilizzi - serve a segnare un distacco e un punto di partenza (di cui oggi, dopo le 16, parlerò - con uno sguardo al futuro - nella già citata festa).
Ma torniamo al giornale e al rapporto che la comunicazione di una forza politica ha direttamente con l'opinione pubblica. Si tratta da una parte di toccare tutti coloro che, per varie ragioni, non sono collegati ad Internet e dall'altra resta inteso che il giornale, in versione digitale, diventerà fruibile via mail e sul sito consultabile da tutti coloro che lo vorranno, senza avere a che fare con la carta.
Il nuovo sito, invece, è il segno della modernità: come già fatto sino ad oggi, ma in veste più aggiornata e leggibile, si racchiude lì una vasta gamma di notizie nei diversi formati consentiti oggi. Penso che, sempre più in forum e in chat, l'aspetto di social media a uso politico si dovrà accentuare.
Aveva ragione Rita Levi Montalcini, quando ha scritto: "La creatività e l'innata facilità nell'utilizzo delle nuove tecnologie informatiche possono innescare meccanismi di trasformazione sociale a livello globale. Possibilità, queste, non attuabili nelle società statiche e patriarcali delle epoche precedenti".
Quindi l'equilibrismo dovrà essere quello fra forme di contatto digitali, sempre più avanzate, e quell'aspetto umano - politico e conviviale - che resta insostituibile in una piccola comunità. Specie se si deve, in una logica... progressista, spazzar via modi di pensare patriarcali in uso ancora in politica.

La politica è passione

Il sottoscritto durante l'intervento al dibattito dell'UVPLa politica per me è sempre stata una passione e questo comprende anche la parte, per così dire, oratoria. Ora - non avendo cariche elettive - ho meno momenti di intervenire in pubblico, ma questo non vuol dire che non ritenga utile farlo, se capita di doverlo fare. I comizi e interventi in dibattiti servono a congelare i pensieri in un certo momento storico. Un esercizio salutare, perché prepararsi per certe occasioni significa dover pensare e mettere in fila i propri pensieri.
L'oralità non è lo scritto, specie se capita, come a me, di parlare senza un testo preordinato, ma seguo appunti e non righe preparate prima. Si ottiene più attenzione, ma per contro si corre qualche rischio di prendere "papere" o infilarsi in qualche frase involuta.

Riporto qui il mio intervento al "Rendez-Vous Progressiste" di Gressan. Pensieri in libertà, che spero possano interessare.

Sul "Tor des Géants"

La foto del 'taglio' pubblicata da 'La Vallée notizie'Non conosco bene il "Tor des Géants", la sua genesi e chi siano i privati che l'organizzano. Immagino che, assecondati dalla Regione e con il gran numero di volontari e la la loro generosità, abbiano proposto al momento giusto questa gara, seguendo la moda del "trail", la montagna di corsa, a rotta di collo. Difficile dire ora se questo fenomeno attecchirà o sarà un fuoco di paglia.
Va dato atto che la gara ha avuto successo e si è creata, anche in Valle d'Aosta, dove ognuno ha un amico o un parente "tordipendente", una viva curiosità per la competizione. Ad amplificare, qui da noi, ci hanno pensato i media, che hanno seguito - in vario modo - il "Tor", e che hanno consentito anche al più pantofolaio di immedesimarsi nel ritmo infernale - e certo da non imitare per chi non sia allenato a dovere - dei "giganti". Si sappia che ammiro moltissimo sia gli atleti di rilievo che quelli della domenica, accomunati da un'esperienza di una rudezza implacabile.
Non so valutare il rapporto costi-benefici, ma immagino che chi ha investito parecchio denaro pubblico abbia fatto le sue valutazioni, per cui non mi azzardo ad esprimermi sul punto. Non so neppure l'esatta ricaduta nazionale e internazionale dell'evento, facilmente rilevabile da "rassegne stampa" et similia e vale quanto detto sopra. Ci sarà chi valuta.
Ora, post gara, gli organizzatori picchiano duro sul miglior atleta valdostano di questi anni e anche di questa edizione, Franco Collé, accusandolo di aver "tagliato", rispetto al tracciato, lungo il vallone di Dondena, in Val di Champorcher, come da foto pubblicata su "La Vallée notizie". Lui ha replicato che la piccola digressione era per mettere a bagno un piede infortunato e che qualche "taglio" può capitare a tutti (anche a me ne hanno descritto uno di persona nota, ma non ho le prove e dunque taccio). Rilanciando poi una proposta mica da poco: perché non controlliamo, semmai, il doping? Altri sul Web osservano che piuttosto che la pagliuzza Collé, sarebbe stato meglio esprimersi sulla trave dell'atleta cinese morto quest'anno.
In effetti i due argomenti sono interessanti e riguardano la credibilità tecnica della gara e la questione della responsabilità in materia di sicurezza per competizioni rischiose. Argomento che conosco bene, avendo avuto il ruolo per tanti anni di presidente della Fondazione da cui dipendeva il rinato "Trofeo Mezzalama" di scialpinismo.
In effetti io penso, per molte ragioni, che l'antidoping - serio e rigoroso (che so anche essere costoso) - andrebbe previsto. Devo dire che nelle chiacchiere fra amici il tema non è per nulla un tabù e certi record pazzeschi sollevano, anche in me, ammirazione, ma anche qualche preoccupazione. Per altro, non si tratta di accusare nessuno, ma ormai - per evitare "trucchi" - i controlli sono presenti quasi dappertutto nello sport e si riducono solo in questo modo le zone d'ombra, che sono negative per tutti.
Sul morto non bisogna speculare, ma semmai cercare di fare ancora meglio per avere margini sempre maggiori di sicurezza, sapendo che mai ci sarà una certezza assoluta per i rischi insiti in competizioni così particolari. Certezza che si potrebbe avere, invece, sull'ampiezza delle polizze assicurative, visto che iscriversi non costa bruscolini.
Vedremo che cosa porterà l'edizione 2014 e ha ragione Collé a dire che dietro al "Tor" e alla sua immagine eroica ci sono, come in tutte le attività umane, pettegolezzi e miserie che avvelenano l'ambiente.

Me la suono e me la canto

La promulgazione della legge costituzionaleTaratatà! Mi faccio da solo un rullo di tamburi per ricordare una data importante: il 23 settembre del 1993, vent'anni fa come oggi, quando venne pubblicata in Gazzetta Ufficiale la legge costituzionale numero 2. Lo faccio nell'indifferenza generale, perché le date celebrative seguono gli umori del tempo e io di questi tempi tutto mi aspetterei, ma non certo di essere... "celebrato".
Ma quel che conta non sono io, ma l'esito di un lavoro parlamentare che rafforzò l'ordinamento valdostano. Vale a dire quell'insieme di norme giuridiche che vanno dai decreti luogotenenziali dal 1945 allo Statuto e via via, attraverso la legislazione ordinaria, sino ai più recenti decreti legislativi applicativi della nostra Costituzione regionale e delle nostre "particolari condizioni di autonomia". Si tratta di questioni non da Azzeccagarbugli, perché, senza un fondamento giuridico, l'autonomia speciale non sarebbe mai nata. Che suoni come un ammonimento quell'insistenza, negli anni fondativi, sulla completezza delle norme, cui ho sempre ispirato la mia azione, perché è inutile stare a Roma a far da tappezzeria in Parlamento.
Nell'undicesima (XI) Legislatura, che è stata con i suoi 722 giorni la più breve nella storia della Repubblica, portai a casa - io ero al mio secondo mandato - un'importante riforma dello Statuto della Valle d'Aosta. Anzi, potrei dire di aver seguito, prima nel 1989 (competenza sul sistema elettorale) e poi nel 2001 (forma di governo e affini), tutte le più importanti riforme statutarie dal 1948 sino ad oggi. Lo considero motivo di orgoglio.
Nel caso della riforma del 1993 riguarda tre questioni cardine. La prima: la competenza esclusiva sugli Enti locali inserita all'articolo 2 del nostro Statuto. Poteri vasti e solidi che ci hanno staccati da Roma in una materia cruciale per un sistema autonomistico a tutto tondo. Una norma statutaria che ha retto ai tentativi di intromissione della normativa dello Stato, anche grazie alla Corte Costituzionale, che ancora di recente ha confortato chi, come me, considera necessario difendere certi principi anche contro colore che, anche in Valle, hanno persino pensato che riforme centraliste si applicassero anche da noi. Strano ma vero.
La seconda competenza riguarda un vulnus presente nello Statuto originario: la mancata tutela specifica della comunità walser. Oggi questa previsione risulta all'articolo 40 bis del testo statutario.
Infine - terza modifica - con l'articolo 48 bis, prevede la "Commissione Paritetica Stato - Regione" per l'elaborazione di norme d'attuazione ad ampio spettro grazie ad un articolo scritto, secondo me, particolarmente bene. La norma ha funzionato a corrente alternata, ma di certo ha reso più dinamica l'autonomia.
Insomma: mi aprirò una bottiglia delle grandi occasioni.
À votre Santé!

Attenti a caminetti e stufe

Un dettaglio di una stufa anticaLa lettura è vivamente sconsigliata a chi concepisce la serata romantica per antonomasia di fronte ad un camino occhi negli occhi oppure ai fautori della classica polenta cotta sulla stufa a legna in paiolo in rame. Se avete un'anima ecologista potreste sentirvi in colpa per il destino del pianeta...
"In Pianura Padana c'è troppo smog e l'Europa sanziona l'Italia". La cattiva notizia non stupisce chiunque abbia visitato, in diversi mesi dell'anno, qualcuna delle grandi o medie città del Nord Italia e sia rimasto colpito dalla situazione. Basta respirare per capire che non sono delle storie, ma un degrado che crea sconcerto nell'Unione europea, mentre, nelle zone interessate, ci si è quasi abituati a convivere con un'aria nociva. Ma malattie di vario genere, alcune di evidente gravità, incombono sui cittadini, specie i più a rischio, che sono anziani e bambini.
Non a caso il ministro dell’Ambiente, Andrea Orlando, ha incontrato, giorni fa, rappresentanti delle Regioni Lombardia, Veneto, Piemonte, Emilia-Romagna e Valle d'Aosta e delle Province autonome di Trento e Bolzano per affrontare - così si spiegava nella lettera di convocazione - i problemi dell’inquinamento atmosferico nel bacino padano, dove situazioni climatiche ben note tendono a creare un pernicioso effetto "ristagno", per altro visibilissimo, in certe stagioni, dall'alto delle nostre montagne.
Quel che colpisce è che in questo, accanto alle responsabilità preminenti del traffico e dell'inquinamento di origine industriale, c'è in prima fila, sul banco degli imputati, uno degli emblemi della valdostanità e delle zone di montagna: il bel caminetto scoppiettante, simbolo millenario del focolare domestico. Mezzo di riscaldamento tradizionale, tornato in auge con la crisi economica, malgrado i rischi derivanti dalle polveri sottili e dagli ossidi di azoto, contenuti nel fumo di combustione. Alla legna comune, che ha variabili gradi di pericolosità, si somma la diffusione di pellet, di legno lavorato e di cippato.
Ovvio che il grado di gravità di impatto sull'ambiente e sulla salute umana cambiano a seconda degli impianti e dei filtri che consentono l'eliminazione o la riduzione delle sostanze nocive.
Interessante quel che scriveva, giorni fa, "L'Adige": "Economica (fa risparmiare in gasolio e metano), rassicurante, tradizionale. La stufa, la cara vecchia "fornasèla" è amata, prima ancora che diffusa, in Trentino: assieme a stufe a olle, caminetti e altri sistemi di riscaldamento a legna, è presente nelle case di oltre sei famiglie su dieci.
Peccato che rappresenti una delle più micidiali minacce per l'ambiente: per questo la Provincia sta approntando un piano di incentivi, per la sostituzione degli apparecchi più datati o per l'installazione di speciali filtri per le canne fumarie: a disposizione ci sono già le risorse, da reperire tra il milione e mezzo di euro che costituisce la dotazione dei fondi - recentemente unificati - per la lotta ai cambiamenti climatici e per lo sviluppo sostenibile"
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Sono sempre soldi ben spesi, perché, alla fine, una larga parte dell'inquinamento atmosferico deriva anche da comportamenti soggettivi.

Uniti da un insolito destino

Uno scorcio della 'Costa Concordia' raddrizzataIl punto di partenza è che siamo tutti contenti che la nave "Concordia" sia stata rimessa diritta. Chi la cita, come metafora italiana, dovrebbe, però, ricordare due cose. Una a monte, cioè che la nave si è violentemente incagliata per colpa di un certo comandante Francesco Schettino, sintesi del peggio del peggio di certi vizi della macchietta italiana. Una a valle: la nave andrà smontata, ma si bisticcia sul porto dove questo dovrà avvenire. Esemplare. Per cui va bene la capacità ingegneristica che ha consentito l'impresa di recupero, ma lasciamola in questo ambito e non svolazziamo in politica con esempi non necessari, come se il lieto fine cancellasse il disastro e le liti per il dopo.
Le "larghe intese", che a Roma oscillano fra euforia e depressione, restano per me un autentico mistero. Leggo tante tesi e parecchie spiegazioni, ma non capisco e dunque non mi adeguo. Non esiste nulla di peggio della confusione.
Tutto a Roma mi sembra costruito sulla sabbia, senza fondamenta. Tutti si odiano fra Popolo della Libertà e Partito Democratico, specie i rispettivi elettorati, ma devono proseguire questa sorta di matrimonio forzato, che ha come ponte soprattutto, in questa fase, i Ministri bipartisan del Governo Letta, che hanno voglia di restare dove sono. Tutto ammantato, perché sia chiaro che nessuno può negare la buona fede e l'onestà intellettuale del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e dello stesso presidente del Consiglio, Enrico Letta, uno slogan: "la casa brucia e dunque bisogna collaborare per spegnere l'incendio". Questo a fronte di una situazione economica drammatica. Bene, comprensibile, ma con qualche domanda.
Ma i pompieri lavorano davvero in squadra? Oppure ognuno tira la coperta più corta - parliamo delle risorse a disposizione - dalla sua parte? Come mai non si fa la prima cosa da fare e cioè la legge elettorale?
Attenzione a citare impropriamente la Germania, perché la "grosse koalition" non è comparabile per un fatto assolutamente dirimente: i tedeschi fanno degli accordi scritti. Non si tratta di un elemento casuale: in Italia tutto è detto e non detto, si sostiene una cosa e se ne pensa un'altra, i programmi sono fumosi e pieni di contraddizioni. Manca il cemento.
Per cui si è cercato, come elemento aggregante, oltre alla crisi epocale, anche la messianica "Grande Riforma", in un periodo totalmente privo di spirito costituente. Quando si cita la Costituente, si parla di un passaggio storico del tutto diverso, cui corrisponde - in assoluto parallelo - il momento nascente del nostro Statuto, che sarebbe bene tenersi stretto per evitare il peggio.
Per cui le grande intese speriamo finiscano presto e non nascano altrove.

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