June 2013

La "bolla" della pubblicità

Esempio di pubblicità non graditaDiscutevo l'altro giorno con uno studente che sta lavorando, assieme a dei suoi colleghi universitari, su nuovi sistemi per motori di ricerca, basati su idee originali e soluzioni innovative. Ho visto il tratto distintivo dell'inventore, che tende a guardare oltre a quanto esiste già e si sa quanto questa scintilla non sia per nulla banale.
Ovvio che si sia parlato, fra l'altro, della pubblicità, che oggi è diventato uno dei meccanismi di finanziamento - con forme dirette o indirette, palesi o occulte - del Web nelle sue ramificazioni.Molte volte si dice «è gratis», ma poi si vede - -ad esempio in molte app per "iPhone" - che il prezzo da pagare è la pubblicità che interferisce pesantemente con l'applicazione.
Osservavamo, nella discussione, come in Rete funzioni un meccanismo mentale già rodato con la carta stampata, in televisione e per radio. Noi utenti-consumatori abbiamo inventato, grazie ai sistemi plastici del nostro cervello, dei "filtri" che ci consentono di escludere dal nostro campo cognitivo la pubblicità. Se leggo ogni giorno un quotidiano o sfoglio un settimanale so, in un batter di ciglia, liberarmi di buona parte della pubblicità e lo stesso vale per le diverse forme di spot televisivi o radiofonici, persino con un uso rapido del telecomando o cambiando frequenze.
Questo su Internet, dove anche il più imbranato può diventare un discreto smanettone, è altrettanto evidente: uno può zigzagare fra banner, filmatini e qualunque altro tipo di annuncio pubblicitario. Sono meccanismi mentali simili alle piccole icone fatte a pattumiera, dove finiscono le mail che non ci interessano o alla galera dove vengono imprigionati in automatico i messaggi ritenuti degli spam.
Per cui, prima o poi, anche per la pubblicità - compresa la multiforme pubblicità tabellare - scoppierà una bolla speculativa, costruita su dati di ascolto, di contatti e i mille anglicismi del gergo pubblicitario, che fanno finta di nulla dei nostri meccanismi di difesa e delle astuzie con cui riusciamo a "dimenticare" buona parte dei messaggi pubblicitari con cui siamo bombardati. E vi risparmio, per non infierire, la sensazione di fastidio, quando la pubblicità diventa invasiva, petulante e inutile e ti dici, fra te e te nel consumare una piccola vendetta personale, che quel certo prodotto mai lo comprerai mai, perché ha sbagliato approccio e ti ha infastidito.

Come cambia la Chiesa valdostana

Ogni volta che partecipo ad una Messa, seguo con curiosità l'officiante, perché viene naturale - come se si trattasse di un riflesso condizionato - confrontarlo con i propri modelli di riferimento.
Da bambino mi è capitato di fare il chierichetto e anche di fare le letture durante la funzione. In fondo, come tantissimi bambini, sin da piccolo - nella logica d'oratorio in cui la chiesa diventa un luogo familiare - si è vissuto quel "dietro le quinte" che ti consente di familiarizzare con il clero. Poi, con il passare degli anni, allarghi il cerchio delle tue conoscenze, capisci meglio le cose e ho avuto la fortuna di conoscere tipologie e gerarchie molti diverse, che potrei riassumere "dal prete di campagna al Papa".
Mi riferisco naturalmente al privilegio di avere potuto incontrare Giovanni Paolo II (di più) e Benedetto XVI (di meno).

Quando la democrazia è lenta

Le poltrone vuote, nell'aula del Consiglio Valle, del presidente e del vice presidente della RegioneTra l'ultima riunione del Consiglio Valle della scorsa Legislatura e quella del nuovo della XIV Legislatura, con in mezzo le elezioni del 26 maggio, passeranno poco meno di tre mesi di pausa. Dal Consiglio dell'8 aprile si va infatti a quello del 1° luglio. Un'enormità, certo in linea con le norme di legge e con la prassi, ma che dimostra come certi tempi della democrazia non corrispondano più alla velocità attorno alla politica, che si è fatta sempre più rapida. I problemi non avanzano con tempi ottocenteschi, caratteristici di norme e regolamenti tramandati da quell'epoca in cui tutto era più lento e felpato.
Se poi aggiungiamo che al Consiglio d'insediamento, prima della pausa estiva, seguirà alla fine di luglio una sola adunanza, allora il "buco" diventa ancora più significativo e lo stesso vale per le Commissioni, che sono il luogo di lavoro sottocoperta che alimenta l'attività dell'aula.
In questo frangente e cioè nel limbo fra Legislature, la Giunta regionale dovrebbe attenersi alla sola ordinaria amministrazione e non impegnarsi in questioni particolarmente delicate. Si suppone che un atteggiamento analogo dovrebbero avere le Partecipate. Basta dare un'occhiata alle delibere di Giunta (e alla visita del Presidente della Regione al Presidente del Consiglio, Enrico Letta) e ai comunicati stampa delle Partecipate per vedere che certe cautele non sono state strettamente rispettate e su certi dossier c'è un criticabile «avanti tutta!».
Non si tratta di questione di stile, ma di temi assai concreti. In fondo, al di là della velocizzazione, la posta in gioco è quella di capire, nella sostanza e nella forma, se lo Statuto speciale in vigore conti o meno. L'ordinamento valdostano, a maggior ragione in assenza del sistema di elezione diretta del presidente della Regione (che non esiste - uniche eccezioni alla regola - da noi e a Bolzano), è e resta una democrazia parlamentare, che dovrebbe porre il Consiglio Valle in un rapporto quantomeno paritario verso il Governo regionale. Sappiamo che nel tempo questa situazione di eguaglianza si è modificata a vantaggio dell'Esecutivo e persino del solo presidente, sia per le personalità forti di molti di loro sia per l'oggettiva debolezza dell'Assemblea. Così come - in parallelo - nella Giunta, senza discutere il ruolo del presidente, non si può pensare ad una primazia troppo elevata di chi dovrebbe essere, nella sostanza, essere una guida, come si dice con una celebre formula in latino "primus inter pares".
La crisi del parlamentarismo spinge in Italia a forme presidenzialistiche più accentuate e il dibattito sulla possibile elezione diretta del Capo dello Stato ne è l'esempio evidente. Forse sarebbe bene - partendo proprio da un esame degli esiti dei sistemi elettivi dei presidenti di Regione e dei sindaci - chiedersi se e come il ruolo delle Assemblee possa essere modernizzato per quell'indispensabile velocità di risposta da affiancare al necessario dibattito democratico sui temi. Equilibrio fra il "fare" ed il "ragionare" (e anche il "controllare") e la bilancia non può essere troppo squilibrata.
Le istituzioni sono macchine delicatissime, ma quando non funzionano e soprattutto quando quel che è previsto sulla carta viene violato nella realtà, è ora di capirne la ragioni e di intervenire.

L'astensionismo, un problema politico

Una cabina elettorale occupataOgnuno può leggere come preferisce il risultato delle elezioni amministrative, che vanno sempre distinte dalle politiche, ma certo l'aspetto macroscopico è che più della metà degli elettori non abbiano votato, disertando le urne.
Ha scritto, anni fa, il costituzionalista Michele Ainis: "La Carta del 1947 disegna il voto come un diritto, ma altresì come un "dovere civico" (articolo 48). Sappiamo che nel catalogo dei doveri pulsa la dimensione etica della Costituzione italiana, riecheggia la lezione di Giuseppe Mazzini. Sappiamo inoltre che vecchie norme mai abrogate (articolo 98 del testo unico delle leggi elettorali della Camera) puniscono con una pena detentiva il pubblico ufficiale che induca gli elettori all'astensione. Ma sappiamo pure che la legge protegge in vari casi l'obiezione di coscienza: per esempio nei confronti dell'aborto o della fecondazione assistita. E sappiamo che tali fattispecie normative danno fiato e gambe a un principio di libertà, anch'esso custodito dalla Carta.
Da qui la conclusione: non la propaganda verso l'astensionismo elettorale, bensì il "non voto" in sé, la scelta di non accomodarsi nella tavola imbandita dai partiti, configura un diritto individuale"
.
L'astensionismo, dunque, è una scelta (e Ainis chiarisce la particolarità del referendum) e come tale dev'essere accettata, specie ora che si stanno raggiungendo livelli mai visti in Italia di non partecipazione al voto per diverse ragioni concomitanti. E evocare democrazie "mature", come Stati Uniti e Svizzera, vuol dire mischiare le mele con le pere, perché anche in tema di abbandono del voto ognuno ha la propria storia istituzionale.
L'astensionismo è sempre più protetto, venendo meno quell'aurea di severità del dopoguerra con uno Stato etico verso chi non esercitava un proprio dovere, mentre oggi si propende per l'estensione della componente del diritto e dunque di una libertà nelle decisioni rispetto al diritto di suffragio. Infatti, per capirci, in concomitanza con l'accresciuta protezione della privacy, non è consentito accedere alle liste di chi non vota e i rappresentanti di lista devono guardarsi bene da stilare delle liste, visto che è severamente vietato farlo.
Ricordo, dagli studi universitari, come sia stato ben diverso l'approccio nel Regno Unito, quando i laburisti per uscire dallo strapotere conservatore del thatcherismo fecero un lavoro capillare nei collegi uninominali sui non votanti per capire le ragioni dell'abbandono delle votazioni e risalirono la china, acquisendo una parte degli elettori disamorati. Questo non è fattibile da noi proprio per le norme di tutela, ma vale semmai il problema di una presa di coscienza per il nostro sistema politico dei perché del progressivo allontanamento dalle urne (astensione vuol dire proprio "tenersi lontano") di una parte notevole di valdostani.

L'Europa e la siderurgia

La nuova 'pelatrice' alla 'Cogne acciai speciali'La crisi industriale di questi anni in Valle d'Aosta ha avuto un duplice volto: un'emorragia dovuta alla chiusura di stabilimenti in diversi settori con un calo gravissimo nell'occupazione e, in secondo luogo, un totale fallimento nel settore del riutilizzo delle aree dismesse e attrezzate con l'apertura di nuove fabbriche. Lo dice la crudezza dei dati e mi astengo dall'indicare troppi nomi e cognomi dei responsabili e segnalare le complicità. Basti dire dell'assessore Ennio Pastoret, fortissimo a insultare a comando gli avversari politici nei comizi e nuovo presidente in pectore dell'Union Valdôtaine per designazione "divina", ma del tutto inconsistente nel suo ruolo.
La crisi, oltretutto, non si sta fermando e la dolorosa via crucis dell'industria valdostana rischia di avere nuovi capitoli in un clima di omertà davvero ridicolo.
E' il caso dei troppi silenzi sulla più grande azienda valdostana, la "Cogne acciai speciali", sopravvissuta alle tribolazioni della siderurgia italiana, di cui è simbolo in negativo quanto sta avvenendo a Taranto, dove la dinastia dei Riva - convitati al tavolo della privatizzazione dell'acciaio pubblico - si sta sgretolando fra gravi problemi d'inquinamento ambientale e fenomeni di evasione fiscale da capogiro.
Due giorni fa, la Commissione europea (il dossier è nelle mani del solo Conmissario europeo italiano, Antonio Tajani, che ha la delega per l'industria e l'imprenditoria) ha presentato un atteso piano d'azione per la siderurgia europea che, dice il comunicato ufficiale "aiuti il settore a fronteggiare le sfide contingenti e a porre le basi per riconquistare competitività in futuro grazie all'innovazione e agli stimoli a favore della crescita e dell'occupazione".
A fronte di crisi del settore che stanno chiudendo o ridimensionando fabbriche in diversi Paesi membri, questi gli scopi dell'iniziativa di Bruxelles, frutto anche di una spinta del Parlamento europeo: "La Commissione intende sostenere la domanda sia interna che estera di acciaio prodotto nell'Unione Europea grazie a interventi che permettano alle imprese siderurgiche europee di ottenere accesso ai mercati dei Paesi terzi in condizioni di pratiche commerciali leali. La Commissione europea vuole anche impegnarsi a ridurre i costi dell'industria, compresi quelli causati dalla regolamentazione europea. Innovazione, efficienza energetica e processi produttivi sostenibili sono aspetti imprescindibili dei prodotti d'acciaio di prossima generazione, essenziali in altri importanti settori industriali europei. Il piano d'azione prevede anche misure mirate per sostenere l'occupazione in questo campo, accompagnare le ristrutturazioni e far restare in Europa una manodopera altamente qualificata".
Mi fermo qui nella citazione delle fonti ufficiali e vi risparmio troppe cifre che mostrino come il mercato dell'acciaio soffra per la crisi, per la concorrenza del resto del mondo e di come le aziende siano preoccupate da temi essenziali per reggere la concorrenza, tipo i costi dell'energia e delle politiche ambientali. Sapendo che si insinua, in diverse situazione in Europa, la tentazione di rinazionalizzare la siderurgia, riportandola in ambito pubblico.
In questo contesto, non è difficile cogliere i problemi trasportati in ambito locale e che, alla fine, si risolvono nel capire le strategie di lungo periodo dei proprietari privati della "Cas", la famiglia Marzorati e la loro interlocuzione con i decisori pubblici anche alla luce delle decisioni appena evocate della Commissione europea.
Si tratta di un dossier complesso, proprio perché si mischiano problemi produttivi, occupazionali, ambientali in un quadro normativo dettato da Bruxelles, che prevede sempre un'interlocuzione con le autorità comunitarie, pena procedimento d'infrazione su provvedimenti regionali non in linea. Si tratta poi di capire se e come i patti precedenti siano stati rispettati, quali siano le reali prospettive future in termini sia di scelte produttive che di ricerca.
Come ammoniscono le vicende del passato proprio della "Cogne acciai speciali", senza citare la scioccante vicenda della chiusura dello stabilimento "Illsa Viola" di Pont-Saint-Martin, bisogna evitare di agire in un clima emergenziale, ma i problemi vanno anticipati.

L'autonomia dinamica: l'Anas

Un camioncino dell'AnasIn tempi di vacche magre, pensare all'acquisizione per la Valle d'Aosta di nuove funzioni e competenze potrebbe sembrare un salto nel vuoto. Ed invece la logica dell'autonomia, come elemento dinamico che tende a spostare le decisioni qui da noi, è uno dei motori di un autogoverno non messo sulla difensiva, ma sempre all'attacco di competenze statali che possono utilmente essere trasferite alla Regione autonoma.
Pensate all'Anas, l'ente gestore della gran parte della rete stradale italiana nella sua nervatura principale. L'Azienda, nata in epoca fascista, nel dopoguerra ha subito diverse trasformazioni, la più significativa una decina di anni fa con la nascita della "Spa". Ma, nella sostanza, la "macchina" è rimasta più o meno sempre la stessa: un pesante e inefficace elefante burocratico.
In Valle d'Aosta, in ossequio all'autonomia, si cercò di tagliare lo storico cordone ombelicale interregionale con il Piemonte con una norma d'attuazione dello Statuto del 1978, che prevedeva la nascita - concretizzatasi anni dopo - di un compartimento regionale dell'Anas. Questo compartimento ha vissuto alti e bassi, con carenze di personale e un cambio continuo ai vertici, tipo porta girevole. Non parliamo delle difficoltà di avere i soldi per i lavori grandi e piccoli. Ricordo quando nel 1994 l'allora Ministro dei Lavori Pubblici, rispondendo ad una mia interrogazione in vista di una ristrutturazione dell'Anas, disse: «Risulta già da ora che il compartimento della Valle d'Aosta non potrà essere mantenuto se non come struttura limitata e subordinata ad altre». Capita l'antifona?
Nel frattempo - siamo all'inizio degli anni Novanta ed ero deputato - la Valle accettò il trasferimento delle strade statali delle vallate laterali (Lys, Ayas, Valtournenche e Cogne), per cui all'Anas locale restano oggi la "statale 26" e la "statale 27" e dunque una rete viaria relativamente piccola.
Nel frattempo il Compartimento Anas in Trentino-Alto Adige, con norma di attuazione del 1997, è stato soppresso con passaggio delle funzioni statali alle due Province autonome. Certo, parlando con i colleghi sudtirolesi e trentini, si evince come quell'esperienza oggi consentirebbe di scrivere meglio la parte finanziaria e normativa. Pensando, in particolare, che il ridursi dei trasferimento finanziari alla nostra Regione, ci obblighi ad avere certezze di fondi per la gestione ordinaria e soprattutto per gli investimenti futuri nella modernizzazione delle strade.
Ritengo, tuttavia, che questa scelta di regionalizzazione sarebbe del tutto logica. Una ferrovia "regionale" e un sistema viario "regionale" andrebbe infine completato con una ripresa di ruolo decisionale nelle autostrade nel traforo del Monte Bianco, la cui sede principale resta - in spregio a ogni logica - a Roma.
Roma doma...

La dipendenza da Internet

Troppo Internet...Ogni dritto ha un suo rovescio e nel caso delle nuove tecnologie dell'informazione, come qualunque utilizzatore assiduo sa bene, la foga della "connessione" e la necessità di ricerca e aggiornamento sul Web rischiano di assumere aspetti patologici.
Vi propongo una scheda riassuntiva, presa - ça va sans dire - su Internet: "L'Internet addiction o dipendenza da Internet è una condizione osservata e studiata a partire dalla metà degli anni 90 che rimanda a diverse situazioni o comportamenti quali:
- dipendenza cyber-relazionale (chat, social network, ...);
- net gaming;
- dipendenza da cyber-sesso;
- shopping compulsivo, gioco d'azzardo patologico, ... tramite Internet;
- sovraccarico cognitivo ("perdersi nel Web").
Anche se ricondurre queste condotte nell'ambito delle dipendenze non è un aspetto condiviso e consolidato, ciò che le rende assimilabili alle dipendenze "classiche" è il progressivo coinvolgimento della persona con un aumento del tempo dedicato alle attività connesse alla rete a scapito delle mansioni quotidiane e della vita relazionale"
.
Ognuno di noi, posto di fronte a questo problema, penso che abbia avuto un momento in cui - sua sponte o perché sollecitato da altri - si rende conto di rischiare di essere risucchiato in questo mondo parallelo con un'eccessiva assiduità.
Oggi, quando prepariamo vacanze o viaggi, ci informiamo dello stato del segnale telefonico e delle sue potenzialità, così come delle caratteristiche e dei costi delle ormai diffuse reti wi-fi. Un tempo era concepibile l'assenza di connessione, mentre oggi sta diventando una condizione essenziale per la scelta. Si finisce, dunque, per non staccarsi mai in una logica che, oltre certi limiti, fotografa con esattezza i rischi di una dipendenza su cui riflettere con serenità.
Ecco perché penso che per il turismo della montagna si offra una logica da "free zone", cioè esattamente all'inverso di certe ricerche attuali la definizione di un luogo fisico dove si possa, a tutti gli effetti, passare un soggiorno liberi dall'ossessione di certe nuove tecnologie per disintossicarsi e riconciliarsi con il mondo senza troppe storie new age o misticheggianti.
Per capire come siete messi, divertitevi con questo test che vi dice quanto siate dipendenti da Internet.

Quei centri su cui aguzzare l'ingegno

Negozi chiusi in via Sant'Anselmo ad AostaMi capita spesso di lambiccarmi su problemi su cui non ho particolari competenze, ma non per un gusto astratto alla tuttologia, quanto perché penso che sia un obbligo, per chi si occupi di politica, avere una curiosità intellettuale e porsi interrogativi anche quando le risposte possono essere incerte.
Abito da una ventina d'anni a Saint-Vincent (4.600 abitanti) e ne ho passati un po' di più a Verrès (2.700 abitanti). Sono due Comuni diversi, ma accomunati - come tanti paesi del fondovalle - dalla presenza di un centro storico, dove nel tempo si era concentrata gran parte della popolazione con i luoghi simbolici della comunità, come chiesa e municipio. Ma soprattutto con i negozi, esercizi commerciali e artigianali, che davano vita ai borghi. Di conseguenza le case - scrivo senza cognizioni urbanistiche o architettoniche - erano le quinte delle strade dove si svolgeva la vita quotidiana. Il fatto di aver vissuto certi anni di boom economico e di aver assistito a tante trasformazioni, così rapide in poco tempo, consente di avere memoria di quel vissuto e di quel degrado del tessuto connettivo - fisicamente ben riconoscibile - che dava solidità ai nostri paesi.
Oggi, prima accentuata dai centri commerciali realizzati specie in zone periferiche e poi con la crisi economica incombente, oltreché per la fine ma anche per il decentramento altrove di attività artigianali, la chiusura di molti negozi e botteghe sta creando nei due paesi citati una desertificazione che rende vuote e squallide vaste "facciate" dei centri storici. Credo che sia un problema identico e ripetibile in molti paesi della nostra Valle e questo vale anche per molti quartieri della città di Aosta.
Tutto ciò crea, a mio avviso, la necessità, che qualcuno competente faccia qualche proposta completa per evitare il vuoto, il degrado a favore di recupero e di rinascita e questo si lega all'annoso problema del riutilizzo di quella vasta parte di patrimonio immobiliare urbano esistente, al posto di continuare ad occupare nuovi terreni, aumentando il processo di consumo del suolo e di cementificazione della nostra Valle.
Non ho idea di come la questione possa essere risolta, come riutilizzare vasti spazi vuoti, ridare dignità ai luoghi, rivitalizzare quanto langue e si spegne. Penso solo che si debba essere realisti e non si può certo pensare di rioccupare tutto esclusivamente con attività economiche di vario genere e va valutato quanto in edifici storici risulti ormai troppo angusto per l'insieme di standard moderni.
Insomma, ci vogliono buone idee.

La Maturità alle porte

Ricky Memphis, Raul Bova e Luca Bizzarri in 'Immaturi'Il prossimo anno il primo "caverino" arriva alla Maturità. Per fortuna il prossimo diciottenne Laurent Émile non mi legge, perché come a tutti gli adolescenti l'idea di finire nelle note paterne non piace. Proverà anche lui - e di certo quando toccherà a lui il fatidico esame non ne scriverò proprio - questo cimento di cui ognuno parla con toni alla Vittorio Alfieri, che "legato alla sedia" per studiare discettava con tono retorico e disperato genere «Volli, e volli sempre, e fortissimamente volli». Per cui, con il passare degli anni, la propria Maturità diventa come i pesci di quei pescatori che, da interlocutore a interlocutore, allungano la preda di qualche centimetro, partendo con una trota e finendo con un luccio. Così faceva mio papà Sandro che di fronte alle mie agitazioni alla fine della Terza liceo classico drammatizzava la sua Maturità con tutte le materie e l'intero programma del Liceo, roba che nel suo racconto era un cimento da Pico della Mirandola di fronte ad una commissione d'esame simile alla sala delle torture. Per cui la mia Maturità, in confronto, faceva ridere i polli. Ma, come tutti, io temevo questo esame finale, malgrado le statistiche mostrassero già allora che tante paure erano in realtà infondate.
Negli ultimi anni, mi è capitato di azzeccare qualche volta qualche traccia del tema che sarà fra due giorni l'incipit di un esame, che un tempo iniziava in luglio, premessa - lo segnino gli esaminandi - all'estate (potenzialmente) più bella della propria vita.
Naturalmente "prenderci" è stato un caso non avendo collegamenti segreti con i "guru" ministeriali che si occupano delle scelte e neppure avendo doti da chiromante, perché altrimenti vi scriverei da un isolotto tropicale dopo aver vinto alla lotteria.
Penso anch'io che qualcosa sul mondo "connesso" di Internet potrebbe spuntare, ma quale possa essere la sfumatura proposta è difficile dire, se giocata sul tecnologico o sul sociologico.
Sulla letteratura - azzeccato il Montale 2012 - penso a un classico, tipo Dante, Manzoni, Leopardi, scaraventato con una frase che ne dimostri la plastica eternità.
Sull'attualità vedrei la donna e la politica con quote rosa e affini attraverso qualche straordinaria figura al femminile oppure una bella mappazza su politica e antipolitica, magari con una puntata sull'attualità su parlamentarismo oppure presidenzialismo.
Sulla storia ci starebbe qualche cosa di europeistico, genere il punto sull'allargamento, visto che sta per aggiungersi la Croazia oppure - su questo mi butto - anticipare già a quest'anno l'approssimarsi del centenario della Prima guerra mondiale.
Lascio queste previsioni, come un messaggio in bottiglia, ai pochi studenti che li ritroveranno qui: se ci azzecco in qualche punto benissimo, altrimenti "tant pis".
E soprattutto, ragazzi, serenità!

Il futuro del sistema autonomistico

Ho ritrovato, nei giorni scorsi, il mio amico Enrico Borghi, da poco eletto per la prima volta deputato piemontese. Lo conosco da una vita, avendo vissuto - nelle diverse vesti reciproche - l'impegno per le zone di montane.
Lui ha incarnato il momento d'oro delle Comunità montane e poi ha gestito il declino e la transizione di questo livello amministrativo dall'osservatorio privilegiato di presidente dell'"Uncem", che riuniva la lobby delle Comunità e dei Comuni montani.
E' arrivato in Valle per presentare una proposta di legge sui piccoli Comuni in Italia, cui ha aggiunto un importante parte sul riordino della materia "montagna".
Con la solita onestà intellettuale ha spiegato che è una proposta per il dibattito, visto che difficilmente questa Legislatura nazionale sortirà qualcosa di concreto in merito se non le riforme istituzionali e la nuova legge elettorale.

Registrazione Tribunale di Aosta n.2/2018 | Direttore responsabile Mara Ghidinelli | © 2008-2021 Luciano Caveri