January 2013

Gli OGM in politica

Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi.
Così si potrebbe dire della questione della fuoriuscita dalla Fédération di Leonardo La Torre, tema che da tempo aleggia nell'aria. Lo stesso presidente dell'Union Valdôtaine, Ego Perron, non aveva - in riunioni cui io partecipai - nascosto la possibilità che la grande "mamma unionista" potesse accogliere nel suo seno parte di quel movimento «per non disperdere energie».
Va bene allargare il cerchio delle adesioni, ma qualche accortezza per salvaguardare il patrimonio storico bisognerebbe averla: è vero che le sperimentazioni genetiche vanno forte, ma a me la "fragola ogm" in cui è stato immesso un gene di pesce artico per resistere al freddo, mi fa vagamente ribrezzo.

La stagione delle Fiere

La moneta commemorativa dell'edizione 2013 della 'Foire'Con il fine settimana inizia la stagione delle Fiere valdostane nel cuore dell'inverno, dedicate al Santo taumaturgo, Orso.
Scrive di lui lo scrittore Antonio Borrelli sul sito santiebeati.it : "Così sappiamo che quasi certamente era un presbitero aostano, vissuto fra il V e l'VIII secolo; aveva il compito di custodire e celebrare, nella chiesa cimiteriale di San Pietro. Questa figura di custode e celebrante di una determinata cappella o chiesa cimiteriale, era molto diffusa nei secoli passati e a volte, quando questi edifici si trovavano in zone più isolate, questi custodi-celebranti prendevano il nome di eremiti, ai quali si rivolgevano i fedeli per le loro necessità spirituali".
E infine: "Il culto di sant0Orso, assai diffuso nella Vallée già attorno all'anno Mille, dal XII secolo raggiunse anche le vicine diocesi di Torino, Vercelli, Novara, Ivrea (dove sorse poi l'ospizio che porta il suo nome); il culto si diffuse poi anche in Savoia, ad Annecy e nel Vallese".
Ma torniamo alle Fiere: da domani a domenica Donnas, ed il 30 e il 31 ad Aosta, proprio prima di quel 1° febbraio in cui si celebra - da calendario - Sant'Orso, si svolgono le due grandi feste popolari. In entrambi i casi, ma in scala diversa, sono i "borghi" ad ospitare il cuore delle fiere.
Donnas si dispiega in uno spazio piuttosto ristretto, lungo la parte storica risalente al Medioevo ma con vestigia romane, dove all'antivigilia si svolge la "veillà", grande baldoria notturna, e dove la domenica si affollano i visitatori che possono ammirare i pezzi di vario genere mostrati dagli espositori sui rispettivi banchetti.
Il gigantismo attuale delle fiere dell'artigianato tipico è figlio dei nostri tempi. Il legame col passato non è fittizio, ma la tradizionale datazione millenaria di queste manifestazioni non ha nulla a che fare col fatto, del tutto banale, che le fiere si adeguano alla società di ogni tempo.
Ma in fondo la tradizione è sempre stata una passerella fra il passato e il presente su cui è piacevole sostare.
Lo scrittore francese Jean d'Ormesson ha scritto questa frase su cui riflettere: "La plus haute tâche de la tradition est de rendre au progrès la politesse qu'elle lui doit et de permettre au progrès de surgir de la tradition comme la tradition a surgi du progrès".

Il giusto equilibrio

Il sottoscritto negli anni '80, negli studi del telegiornale regionale RaiHo cominciato la mia attività politica nel luglio del 1987, quando avevo 28 anni e mezzo, ora ne ho 54 appena compiuti e dunque sono in politica da circa 26 anni. Il mio curriculum qui sopra - non ancora aggiornato con le ultime vicende per mia pigrizia - racconta gli intrecci fra Roma, Bruxelles, Strasburgo, Aosta che risparmio a chi li conosce e per il resto è appunto più facile vedere nella biografia.
Nella mia carriera ho avuto la fortuna - e spero talvolta anche il merito - di ricoprire incarichi importanti, che mi hanno consentito di incontrare personalità politiche di diverso orientamento e di tutte le età, compresi molti big italiani ed europei. Questa circostanza mi ha consentito di imparare molto e di mantenere i piedi saldamente a terra, perché più sono bravi e preparati quelli che incontri e più ti rendi conto dei tuoi limiti e dei necessari spazi, laddove possibile, di miglioramento.
Oggi, quando guardo alla mia vita nel lavoro, sono contento. Non ho rimpianti particolari e non penso che avrei fatto cose diverse, se potessi tornare indietro e rivivere certi passaggi e avessi l'opzione di scegliere un percorso differente da quello a suo tempo intrapreso.
Non sono neppure pentito di avere fatto politica: certo può capitare di baloccarsi su che piega avrebbe preso la mia vita se non fossi entrato in politica. Il giornalismo di fatto l'ho sempre considerato il mio "lavoro vero" e certo qualche pensiero su quante cose belle avrei potuto fare in televisione ce l'ho.
Sono riconoscente nei confronti degli elettori che mi hanno votato nelle diverse elezioni e anche alle persone che hanno creduto in me. Qualcuno mi rimprovera di una sorta di ingratitudine verso Augusto Rollandin, che mi "scoprì" in politica quando venni candidato per la prima volta. Il presidente sa bene come, nella dinamica complessiva dei nostri rapporti politici che non riguardano solo me ma anche la mia famiglia e in particolare mio padre, ci assestiamo su un "pari patta" e dunque a questo pareggio mi attengo. Un giorno, se lo farò, scriverò anche di questo e dei nostri rapporti reciproci. Non voglio certo qui - e lo dico ironicamente - svelare gli arcani e neppure annacquare le mie critiche che mi hanno portato alle recenti decisioni.
Ciò detto, vorrei dire la mia su questa parola magica che tutti, me compreso, adoperano: "rinnovamento". Pronunciandola, che sia chiaro, non mi sono mai sentito in colpa: anzitutto perché non sono Matusalemme e poi perché penso che il rinnovamento non significhi affatto "terra bruciata" di qualunque forma di accumulazione di esperienza. Non lo dico per chissà quale pensiero futuro per andare nel "posto A" e nel "posto B". Ho sempre pensato che la politica e annessi e connessi potesse finire in qualunque momento del mio cammino, per cui quando ho lasciato certe incarichi l'ho fatto guardando avanti e mai indietro. Anche perché mi è sempre piaciuto fare cose nuove in cui devi ripartire e questo fa lavorare i neuroni e si sa quanto certa ginnastica mentale sia salutare.
Per cui fatemi dire, avendo assistito nella mia vita a grandi rivolgimenti in politica e a parabole personali (singoli politici) o collettive (il destino di certi partiti), che per gli esseri umani e per le loro organizzazioni non può essere solo il fattore anagrafico o la durée a fare la differenza.
C'è altro, come possiamo imparare, passando del tempo in un asilo o in un ospizio per vedere che non c'è solo l'età perché il comprendonio è senza tempo. E infine l'occupazione della "poltrona" - rappresentazione plastica del potere - significa anche in molti casi aver masticato pane, politica e amministrazione.
Questo non può giustificare la gerontocrazia, ma neppure un giovanilismo astratto. Opposti estremismi.

Contro l'autonomia speciale

L'urna e le schede del referendum contro il pirogassificatoreQuanto sta avvenendo nel post-referendum sul pirogassificatore mostra attitudini assai negative del Governo Monti, che confermano in parte i fili tirati fra i tecnici e i "poteri forti". E proprio per questa "liaison dangereuse" che non stupisce la scelta di ieri, al Consiglio dei Ministri, di impugnare la legge regionale valdostana che è stata la conseguenza automatica dell'esito di una consultazione referendaria.
E ciò in una fase storico-politica in cui quasi tutte le leggi regionali vengono mandate dal Governo al giudizio della Corte Costituzionale. Siamo all'apice del centralismo e stupisce che certi Ministri siano stato complici di questo disegno, specie in limine di Legislatura e con il Presidente del Consiglio candidato pancia a terra nella competizione elettorale.
Chi riassume bene la vicenda è l'Ansa di Aosta, con una notizia delle 17 di ieri, segno che hanno avuto accesso al dossier e alla relazione illustrativa della decisione, immagino attraverso i colleghi romani. Dice il dispaccio: "(ANSA) - Secondo le motivazioni addotte dal governo per l'impugnativa della legge regionale della Valle d'Aosta che vieta la costruzione di un impianto di trattamento a caldo dei rifiuti, approvata lo scorso novembre attraverso una consultazione popolare ''il referendum non doveva essere dichiarato ammissibile'' in quanto la Commissione regionale per i procedimenti referendari e di iniziativa popolare ha ''erroneamente ricondotto la proposta di legge regionale in esame alla materia della 'tutela della salute''.
Inoltre, ''la disposizione regionale - si legge ancora nel dossier all'esame del Consiglio dei ministri di oggi - contrasta con la normativa statale in materia di rifiuti''.
In particolare, ''l'esame complessivo di alcune disposizioni del codice dell'ambiente induce ad escludere che siano compatibili con la Costituzione normative regionali volte a vietare del tutto la realizzazione e la utilizzazione di determinate tipologie di impianti di smaltimento o di recupero dei rifiuti''. ''E' evidente - viene ancora specificato - che se le Regioni potessero vietare la realizzazione degli impianti nel loro territorio, l'esercizio di tale attribuzione statale ne risulterebbe compromessa''.
Infine, precisa il governo, ''la disposizione censurata sovverte il principio generale per cui, di regola, le aree si ritengono idonee alla realizzazione degli impianti, salvo che non siano definite non idonee sulla base dei criteri fissati dalla normativa statale''.
Ricordo che il referendum propositivo è consentito dalla riforma dello Statuto del 2001, che seguii personalmente, e grazie all'articolo 15 novellato il Consiglio Valle normò la materia dei tre referendum possibili - abrogativo, propositivo e consultivo - con legge regionale prima nel 2003 e poi nel 2006 e questo ha consentito sinora due referendum, quello del 2007 sull'ospedale e quello recente sul pirogassificatore.
Ora le obiezioni governative andranno risolte dalla Corte Costituzionale: sulla prima, quella della ammissione del quesito, c'è stata anche la pronuncia del Tribunale di Aosta e dunque un giudice già si era pronunciato, mentre sulla potestà statale della materia si giocherà il cuore della causa.
Il Governo regionale dovrà ora resistere di fronte alla Corte e contestare le tesi del Governo che l'Avvocatura dello Stato porterà alla Consulta. È un suo dovere farlo a difesa delle nostre prerogative statutarie e della volontà popolare e questo prescinde ormai da schieramenti e posizioni sul referendum sui rifiuti.

Sulla neve fra ieri ed oggi

Il piccolo Alexis che si diverte nello snow parkL'educazione sentimentale agli sport invernali è cambiata in profondità. Oggi anche i piccolissimi sono meravigliosamente tecnici e griffati e vivono una comodità d'approccio alla neve un tempo impensabile.
Noi, sulle piste per la prima volta negli anni Sessanta, in confronto eravamo fantozziani nella nostra attrezzatura arcaica con scarponcini in pelle con lacci e cappelli con il "ponpon" fatti dalla zia. Giacche a vento e pantaloni con elastico sotto il piede erano degni del povero Roald Amundsen.
Anzitutto da piccolissimi c'era la slitta, quella in legno, niente di moderno. Quando arrivavano gli sci erano in legno come i bastoncini: ormai sono oggetti ornamentali alle pareti degni dei vecchi attrezzi agricoli d'antan.
Quel che caratterizzava i primi cimenti era lo sprofondamento nella neve per salire con la slitta il declivio prescelto e per lo sci la maledetta scaletta e la discesa in piste battute alla garibaldina. Poi il cimento degli skilift, attaccati alla sbarra con piattello, prova equivalente alla prima selvaggina di un giovane indio nella foresta amazzonica.
Oggi tutto è diverso: del look abbiamo detto, le attrezzature sono hi-tech e soprattutto i pargoli godono di uno svezzamento sciistico in quel piccolo paradiso in terra che sono gli snow park. I genitori amorosi non sono come quelli della nostra generazione, che tendevano al piemontesismo «disciulati!» per una forma affettuosa di logica che era «sveglia bauchi». Io per questa forma di svezzamento rapido mi ritrovai fierissimo da bambino con la gamba rotta e gli amichetti che mi firmarono il gesso, quasi invidiosi del mio infortunio sui campi di neve.
Oggi i "parchi sciistici" sono invece pedagogia pura: fra gonfiabili e gommoni, casette e tapis roulant, babacci piccoli e grandi - finita l'epoca delle sofferenze infantili - piccoli sciatori crescono.
Ieri vedevo una maestro di sci che, per caricare la piccolissima allieva in erba, "batteva cinque" alla fine di ogni discesa. Io ricordo rimbrotti e qualche racchettata sul sedere per evitare "rugne".
Altri tempi!

Elezioni politiche: ai blocchi di partenza

Il voto in una passata edizione delle 'politiche'E' tutto contenuto nell'articolo 47 dello Statuto: "Agli effetti delle elezioni per la Camera dei deputati e per il Senato, la Valle d'Aosta forma una circoscrizione elettorale".
Il testo, apparentemente banale, ha consentito nella storia repubblicana, dal maggio del 1948 ad oggi e lungo sedici Legislature, di avere due parlamentari valdostani nelle due Camere. E la forza del dettato statutario sta nel termine "circoscrizione", che ha "isolato" il nostro ambito elettorale, coincidente con la Regione, da eventuali pasticci (a cui- vi assicuro - qualcuno ha pensato negli anni) e ha salvaguardato quel collegio uninominale all'inglese - ad un solo turno "secco" - che ha permesso una rappresentanza parlamentare assicurata ai valdostani e elezioni combattute con risultati spesso sorprendenti (a proposito: in bocca al lupo al mio coéquipier Laurent Viérin per Montecitorio).
Per altro la norma di salvaguardia non è lì per caso: il tema della rappresentanza parlamentare valdostana nasce con lo Statuto albertino del 1848 e sino 1860 con sette Legislature del Regno di Sardegna, cui seguirono sino al 1921 diciotto legislature (numerate da VIII a XXVI), cui se ne aggiunsero quattro - dal 1921 al 1943 e dunque con numerazione sino a XXX - in epoca fascista senza metodi elettorali democratici. In diversi momenti, in questo ampio spettro di tempo, dal 1848 al 1943, in Valle d'Aosta si pose il problema della presenza valdostana nell'unica Assemblea elettiva, la Camera, mentre il Senato vedeva Senatori di nomina reale. Al centro del dibattito i collegi elettorali (al massimo la Valle ne ebbe tre) e i sistemi elettorali con dibattiti al calor bianco quando la Valle non ebbe propri rappresentanti o ebbe candidati "paracadutati" dall'esterno solo per avere un seggio.
Di questa vicenda si ebbe eco per il primo voto per le elezioni politiche per la Costituente, il 2 giugno del 1946 (assieme ci fu il referendum Monarchia-Repubblica), quando la Valle ebbe un proprio eletto di diritto e poi appunto nella norma di rango costituzionale di cui ho detto all'inizio, che consente di avere un deputato valdostano su 630 eletti alla Camera e un senatore su 315.
Capisco che siano pochi rispetto al gran numero di parlamentari, ma ho la fierezza di dire, essendo stato deputato valdostano di lungo corso, che anche da soli si può fare un buon lavoro e pesare molto di più di quanto potrebbe sembrare in una logica che fosse solo proporzionalistica.
Ecco perché faccio gli auguri a tutti i candidati in lizza - troppi in verità - per le "nostre" elezioni politiche: chi sarà eletto scoprirà che accanto agli onori ci sono tanti e complessi oneri da affrontare.

Lunga vita ai mestatori

Quanto parlare di politica in queste ore, in un Paese, l'Italia, dove le aperture di giornali e telegiornali ci crocifiggono ogni giorno alle dichiarazioni di tutto l'arco costituzionale.
Non c'è mai pausa, se non di fronte a terribili casi di cronaca nera, considerati più succulenti dei "pastoni politici". Da noi in Valle d'Aosta non si è ancora a certi eccessi e mi pare che la politica resti qualcosa di realmente di prossimità e questo ha i suoi pro e i suoi contro.
Da quest'ultimo punto di vista, i "mestatori" sono dei professionisti seri. Anche in queste settimane lavorano come degli ossessi. Li riconosci per la loro alta capacità di mentire e anche nel proferir menzogna bisogna essere portati.

Calma e sangue freddo, ma...

La politica non è come la confessioneNon mi piace molto questa logica di "bellum omnium contra omnes" e cioè, tradotto dal latino, "la guerra di tutti contro tutti", celebre frase di Thomas Hobbes applicabile alla partenza della campagna elettorale in Valle d'Aosta. In questo mio spazio, anche se c'è già chi mi tira per i capelli con il solito armamentario di giochini e giochetti, non mi farò trascinare. La logica dev'essere "calma e sangue freddo", ma senza dimenticare lo stato della situazione.
Una delle ragioni del mio sdegno di questi mesi, sentimento crescente sino all'effetto "tappo di champagne", ha riguardato l'idea che qualcuno si fosse messo in testa - con il garbo di uno schiacciasassi - di annichilire il potere politico diffuso in profondità nella storia valdostana a livello comunale e più di recente attraverso le aggregazioni dei servizi sotto l'etichetta importata e sfortunata di "Comunità montana".
Scelta sorniona e insinuante, fatta di bastone e carota. Il bastone ha riguardato le batoste al sistema autonomistico con tagli crescenti alla finanza locale e un ritorno a leggi di settore che creano un cordone ombelicale da "bacio della ciabatta" il martedì nei brevi minuti di un dialogo, come a rapporto dal Comandante in caserma o di fronte al Confessore in chiesa. La carota è prendere una benedizione - il brivido di appartenere a un entourage - come il tocco del Re contro la scrofolosi e il baluginare di candidature alle regionali sulla scia di chi scala record di preferenze.
La logica è quella centralistica, destinata a svuotare i piccoli e i medi Comuni in favore di accorpamenti forzosi, proposti con sorrisi e salamelecchi e colpisce che alcuni sindaci sorridano mentre mettono la loro comunità con la testa sul ceppo per essere tagliata. Se si denuncia l'operazione si è in malafede e quando si stoppa la macchina, tirando il freno di emergenza perché i territori si incazzano, si dà ad intendere che non si è capito niente e il dialogo, ma di cartapesta, è la medicina salvifica.
Roba da prendere gli altri per fessi, ma pare che funzioni nella filosofia straordinaria - applicata anche per i forestali - di creare un gran bailamme per far poi vedere come si è bravi a risolvere i problemi. Come un pompiere che dia fuoco ad una casa per dimostrare quanto sia bravo a spegnere gli incendi...

Il dibattito svanito

Un momento del confronto tra Silvio Berlusconi e Michele SantoroIl regionalismo non c'è più nel dibattito politico italiano. Ha fatto la fine di tutto il tema delle riforme istituzionali. Sembra essere stato inghiottito dal buco nero della crisi e in un confronto politico autoreferenziale, fatto di scannamenti reciproci in favore di telecamere, che sono ormai monologhi urlati in cui - a differenza dei Paesi civili - non si ascolta l'avversario, se non per dargli sulla voce per interromperlo. E le stesse interviste ad personam servono più per parlare male degli altri che per illustrare i propri programmi. Ridateci le vecchie e più dignitose "Tribune elettorali" del mio vecchio e rimpianto amico Jader Jacobelli, che oggi appaiono di una inaudita modernità.
Ma dicevamo del regionalismo che - quando si straparlava di federalismo - sembrava uno dei temi veri, tanto da occupare uno spazio vasto nei dibattiti delle famose "Bicamerali" e poi al centro di due riforme costituzionali, quella del 2001 del centrosinistra ancora in vigore (Riforma del Titolo V) e quella successiva del centrodestra bocciata nel referendum confermativo.
In diverse situazioni istituzionali, sono stato almeno per un decennio in primissima fila, come membro della I Commissione Affari Costituzionale della Camera e della "Bicamerale De Mita - Iotti". Al di là che il federalismo era in dosi omeopatiche nella realtà dei fatti, di regionalismo si parlava davvero e sembrava emergere un sostanziale sostegno ad un regionalismo rafforzato e questo alla fine attutiva il tradizionale odio centralista degli apparati romani verso le autonomie speciali, che ha pesato come un macigno dal dopoguerra ad oggi a corrente alternata.
In questa Legislatura appena conclusa, prima con Silvio Berlusconi e peggio ancora con Mario Monti, si è innescata la retromarcia e poi si è fatta un'inversione ad U fino ad un attacco frontale simile ad una marcia contromano distruttiva del regionalismo con attacchi particolarmente pervicaci e purtroppo ben concreti verso la specialità. Nel mirino in particolare le Regioni ad autonomia differenziata del Nord, quindi noi, sudtirolesi e trentini e Friuli-Venezia Giulia, diventati carne da macello. Botte anche alla Sardegna, che pure ha avuto meno "tagli" al riparto, ma ha continuato ad essere sfruttata con una logica colonialista, mentre la Sicilia è la Sicilia e nessuno la bacchetta di fronte ad un autentici orrori politici e amministrativi.
Sarebbe stato logico che, dopo questa tempesta perfetta che ha investito Regioni ed enti locali in un disegno di ritorno ad un centralismo ottocentesco, il tema fosse al centro dei programmi dei partiti, specie dopo scandali e ruberie di certi esponenti della politica a livelli regionale che hanno creato sconcerto e suscitato scandalo, ma che non dovrebbero mutare la logica di un autonomismo sano e consapevole (che pure ci vorrebbe anche da noi, tornando sulla retta via).
Ed invece tutto appare morto e finito: e il silenzio o peggio i brevi cenni programmatici sul nulla non sono per niente di buon auspicio. Anzi, tira un'aria che offre la sensazione che lo Stato con la maiuscola voglia riportare tutto il possibile a Roma e il Governo tecnico di Monti ha già ampiamente operato in questo senso, ma manca ancora il secondo tempo e il gioco per le autonomie locali rischia di farsi ancora più duro e perdente.

Il Catasto mai regionalizzato

Il geonavigatore valdostanoTorno all'antico: come deputato e come parlamentare europeo gli strumenti ispettivi - genere interrogazioni, mozioni o ordini del giorno - erano un lavoro quotidiano.
Rientrato in Valle, essendo in maggioranza, non si usava farlo per ovvie ragioni se si è Esecutivo e per nulla se si è membro di Assemblea, come avviene a Roma e a Bruxelles, dove si fa a qualunque schieramento si appartenga.
Ma da noi il consigliere di maggioranza non usa "disturbare" il suo Governo: peccato, perché questo metterebbe un maggior interesse nelle sedute.
Adesso che sono all'opposizione sono libero di "ispezionare".
Ecco la mia interpellanza sulla mancata - da sei anni! - regionalizzazione del Catasto. Strano ma vero!

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