July 2012

L'unità delle "speciali"

Un momento dell'incontro dei quattro presidentiHanno fatto bene i Presidenti delle quattro autonomie speciali del Nord a ritrovarsi ieri a Borghetto all'Adige, in Provincia di Trento, per avere una strategia comune, dopo i reiterati attacchi alla specialità, la cui ultima tappa è il decreto legge della "spending review".
Era ora, verrebbe da dire. E penso di poterlo scrivere senza complessi, visto che nella lunga attività parlamentare quello del lavoro quotidiano con le altre autonomie differenziate era il caposaldo e immodestamente vorrei dire che si è visto nei risultati concreti di quegli anni. E non è un caso se, in coerenza con quella proficua esperienza, da presidente decidemmo con l'intera Giunta una trasferta di due giorni per incontri bilaterali a Bolzano, Trento e Trieste con quelle autonomie "gemelle" con cui lavorare assieme anche a difesa dei rispettivi Statuti speciali.
Non sempre questa linea comune si è mantenuta e specie con il Governo Berlusconi c'è chi ha voluto cercare strade proprie con molti effetti annuncio e scarsi risultati a conti fatti. Ora con Monti, come non mai, muoversi in ordine sparso sarebbe stato un errore, perché questa volta gli attacchi a certi principi dell'autonomia mirano al cuore. Non si tratta di spennare la "gallina dalle uova d'oro", ma di tirarle il collo. E lo si fa fingendo che non si tratti di una scelta politica ma di una sorta di obbligo tecnico dovuto a imposizioni che arrivano da Bruxelles. Balle!
Se prima gli attacchi alle autonomie erano come brevi e fastidiosi temporali, ora siamo nel pieno di un ciclone distruttivo, che potrebbe portare alla fine dell'autonomia speciale come concepite dalla Costituente. Altro che federalismo! 
Qui in gioco c'è una fasulla eguaglianza al ribasso e di un regionalismo ridotto al lumicino godrebbe solo il ritorno di un centralismo cialtrone e inetto. Spiace che Sicilia e Sardegna (con qualche distinguo per quest'ultima, che può tornare nella partita) non si rendano conto che senza un'azione comune - essendo loro l'anello debole fra le speciali - sono loro a rischiare di più, anche se ovviamente i siciliani contano sulla loro dimensione e sul gran numero di parlamentari.
A questo cambio di velocità dopo l'incontro in Trentino, deve ora seguire una forte azione dei partiti autonomisti che hanno ragion d'essere solo se di fronte agli attuali scenari catastrofici mostreranno la loro forza. Altrimenti saranno complici di questa pagina nera.
E sia chiaro che la Valle d'Aosta, senza la garanzia internazionale, rischia più di altri per le sue piccole dimensioni.

Sorridere per non piangere

Nicole Minetti in tribunaleAvevo chiesto in passato ai miei amici lombardi che siedono in Consiglio regionale a Milano come fosse di persona - curiosità di stampo maschilista - questa famosa Nicole Minetti, protagonista delle cronache di queste ore per la richiesta del suo partito di dare le dimissioni dal Pirellone.
Un diktat difficile da capire in questo momento, essendo forse stato preferibile farlo quando sui festini di Arcore l'attenzione era massima e le intercettazioni della consigliera innescavano un certo scalpore. Ma forse ci sono delle dinamiche ignote che verranno svelate, come nel finale di un vaudeville, quando si risolvono in un lieto fine tutti gli equivoci.
La risposta degli interrogati sulle doti della Minetti era unanime: una gran bella ragazza, a prescindere dai ritocchi del chirurgo qua e là eseguiti per miglioramenti ritenuti necessari, ad esempio per diventare più procace. Certo, lei era entrata in politica dalla porta principale, attraverso l'inserimento nel "listino", che in Lombardia prevede l'automatica elezione con il presidente eletto.
Perché questo inserimento fosse avvenuto è facile da dire: il rapporto "affettuoso" con Silvio Berlusconi, che ha sparso bellezze del genere anche al Parlamento nazionale e in quello europeo e, avendo visto dal vivo alcune parlamentari a Bruxelles, mi felicito per il gusto estetico del Cavaliere. Naturalmente queste scelte seguivano i suoi canoni e i meriti delle signore sono esattamente noti solo a lui e per noi sono solo immaginabili o nella logica del "bunga bunga" (accusa) o in quella delle "cene eleganti" (difesa). Comunque direi simile a quel che in genere avveniva - detto in parole povere - per le favorite del sultano in un harem.
Oggi si ascrive tutto ciò al folklore della personalità di Berlusconi del genere "innocenti evasioni", ma in una logica di rappresentanza parlamentare è stata una novità questa cooptazione, ma si sa come "omnia vincit amor" e l'amore sorpassa persino il diritto costituzionale e la profondità dei curriculum dei candidati.
Fatto nuovo proprio per questa componente intimista e degna di Cupido, non perché in politica non ci sia talvolta - pur personalmente considerato l'idea scriteriata -  la scelta di personale politico "carne da macello". Questo prevede come condizione essenziale la fedeltà, preferita alla stessa intelligenza, considerata un optional pericoloso perché sussiste il rischio di un suo eventuale uso.
La Minetti, comunque sia, si appresterebbe, per chiudere con la politica, ad ottenere una cospicua buonuscita. Potrà comprarsi in abbondanza vestiti, gioielli e profumi per "serate eleganti". Potrà chiedere consiglio a Daniela Santanché, che aveva azzardato il parallelo offensivo e sgradevole fra Berlusconi-Minetti con la coppia Palmiro Togliatti-Nilde Iotti (che è stata mia ammirata Presidente alla Camera), per poi trasformarsi - con pregevole giravolta - in acerrima nemica che pretende le dimissioni. Boh!

P.S.: confesso quanto sia difficile scherzare di questi tempi, ma me lo impongo perché non dobbiamo mai e poi mai cedere alla tentazione di non sorridere.

Sogno di una notte di mezza estate I

Non è ancora così per fortuna"Tg1" delle 20, seduto davanti alla televisione, in questo afoso mese di luglio del 2016. Alzo leggermente il volume e parte il servizio: "Chiusa, definitivamente chiusa. Con l'abrogazione dell'articolo 116 della Costituzione la Regione autonoma Valle d'Aosta è sparita dal panorama istituzionale della Repubblica Italiana. Di conseguenza all'articolo 131 figura ora la dizione "Piemonte-Valle d'Aosta", come previsto dalla legge costituzionale varata ieri sera definitivamente dal Parlamento italiano. Circoscrizione autonoma nel 1945 e Regione a Statuto speciale dal 1948, erede delle precedenti esperienze di autogoverno della Valle sin dalla notte dei tempi, la Valle d'Aosta è stata soppressa e si ritiene che potrà diventare, con legge ordinaria, una Provincia piemontese, ma per il momento la norma transitoria assegna il suo territorio all'area metropolitana di Torino. Viva soddisfazione bipartisan in Parlamento per il risparmi ottenuti e per la fine dell'anomalia dell'esistenza di una Regione così piccola. E' vero che si era partiti con l'ipotesi di cancellazione di tutte le Regioni autonome, ma poi lungo l'iter del provvedimento si è ritenuto che Sicilia e Sardegna dovessero mantenere la loro specialità per motivi, mentre l'Intervento presso le Nazioni Unite dell'Austria ha garantito il mantenimento delle Province autonome di Trento e Bolzano. Questa scelta ha consigliato le Camere a conservare anche, in una logica di equità nel Nord Est, il Friuli Venezia Giulia, che sarebbe dovuto confluire nel Grande Veneto. Ad Aosta la reazione è stata pacata. Rari manifestanti si sono recati in centro città e qualche moto di piazza è stato sedato in alcune vallate. Il "MLN - Mouvement de Libération Nationale", il movimento clandestino nato nell'ormai scomparsa Regione quando si era manifestati i primi segnali della decisione romana, aveva diffuso proprio ieri via Internet un messaggio invitando la popolazione alla calma. Si attende infatti in queste ore l'arrivo delle delegazioni dell'Unione europea e del Consiglio d'Europa, dopo che un vasto movimento d'opinione internazionale si era mobilitato in favore della "questione valdostana". Il tema sarà affrontato anche nella prossima sessione delle Nazioni Unite a seguito della petizione firmata da centomila cittadini valdostani. Ma il Governo italiano ha fatto sapere che "non tollererà ingerenze nella propria sovranità nazionale".
Spengo e le mani mi tremano. Come potevamo non aver capito sin dall'inizio che non bisognava sottostimare i diversi segnali d'allarme?.
Poi mi sono svegliato.

Un visibile ammonimento

Uno scorcio di San Damiano MacraNon ho mai costruito una mappa dei miei spostamenti per incontri o convegni lungo tutte le Alpi. Certo è che, proprio a difesa della nostra autonomia speciale minacciata, ho pensato più volte quanto sia illuminante la comparazione fra la nostra situazione e quella delle vallate che si trovano nelle Regioni a Statuto ordinario. Per gli scettici di casa nostra andrebbero organizzate delle belle gite in pullman per constatare di persona e non bisognerebbe andare troppo distante, perché basta e avanza la situazione piemontese.
Ci pensavo ieri risalendo la Val Maira, in provincia di Cuneo, in quella parte occitana che tanto mi è cara per rapporti di amicizia cementati dalla politica. La mia destinazione era San Damiano Macra per un convegno sul tema "Le montagne si parlano".
L'incontro, inserito nelle conferenze estive del "Centro Giolitti" (lo statista torinese è nato nella vicina Dronero), è stato organizzato da Mariano Allocco, uno degli ideatori di una nuova associazione "Alte Terre", che intende riflettere sul futuro delle Alpi.
Questo il programma, in breve, dell'associazione: "affermare la centralità dell'uomo che vive le Alte Terre con i suoi interessi e le sue attività, considerando i giovani e le loro famiglie i destinatari privilegiati delle politiche sociali; proporre le Alte Terre come luogo per sperimentare attività economiche ecosostenibili e forme di convivenza sociale solidali che cerchino di rispondere positivamente alla crisi del modello di sviluppo urbano; individuare nel settore primario, cioè le diverse forme d'agricoltura e allevamento, il cardine della vita dell'uomo sulle Alte Terre; studiare e rimuovere gli impedimenti di vario genere che oggi ostacolano il fiorire di tutto il settore primario nelle Alte Terre, nonché per favorire quelle produzioni agricole ad alto valore aggiunto; sostenere forme di autogoverno locali per l'amministrazione del proprio territorio, difendendo il diritto di gestione in loco delle risorse montane, in particolare delle acque, dei boschi, dei pascoli e della fauna selvatica".
Questo l'elenco sintetico dei loro obiettivi su cui la discussione è aperta e io stesso, parlando ieri del quadro europeo, spero di aver portato elementi utili.
Ma quel che mi ha colpito ieri - in modo esemplare - è il terribile spopolamento e abbandono di San Damiano, simile a centinaia di Comuni alpini. Case vuote, negozi chiusi, niente servizi e via di questo passo proprio perché - come nei profetici passaggi della "Dichiarazione di Chivasso" del 1943 - senza forme di autogoverno e di sviluppo autocentrato la montagna muore, "svuotata" dalla vicina pianura e dalla crisi irreversibile dei modelli tradizionali.
Anche per questo, con tutti i difetti e i cambiamenti da fare, io mi batterò contro chi vuole mettere in discussione la nostra autonomia speciale.

Le molte inquietudini

Il lavori al Grand hôtel 'Billia'Mi inquieta di non capire le cose. E nel persistere della crisi economico-finanziaria, che sta diventando una via crucis, non riesco a scorgere con esattezza i perché. Non vorrei alla fine diventare anch'io "complottista" e, essendo reduce da Bruxelles, mi turba che quattro giorni fa ci fosse chi mi spiegasse che nel fine settimana in corso ci sarebbe stato una sorta di "attacco finale" per far cadere l'euro.
Non riesco a immaginarmi la finanza internazionale come un copione di "Guerre Stellari" con tanti "cattivi" che costruiscono strategie e azioni nefaste per colpire l'Europa. Eppure alla fine il dubbio ti viene e questa situazione certamente giova a chi costruisce le proprie  fortune pilotando le disgrazie altrui.
In questo contesto non vi nascondo di avere avuto qualche sfottò da colleghi stranieri che dicono: «siete un Paese nelle mani dei banchieri e degli economisti al Governo e nei gangli vitali, quando sono loro ad avere responsabilità di vario genere». Si tratta di una rappresentazione caricaturale della realtà e tuttavia alla fine, guardando ad alcune scelte, ti domandi - senza giocare all'anticapitalista - se non ci sia un fondo di verità.
Il contesto europeo e quello italiano pesano su di noi. Io alla balla della Valle come "isola felice" non solo non ho mai creduto anche in tempi di "vacche grasse", ma sono sempre stato cosciente dei limiti e delle debolezze di molti aspetti del sistema valdostano. E tuttavia resto colpito dal fatto che, pur essendo la nostra finanza pubblica solida e capace di affrontare le difficoltà, "Finaosta" non sia riuscita a raccogliere il denaro necessario per le "grandi opere" e che nell'ultimo bando a garanzia del debito si è dovuta porre come garante la Regione stessa. Idem per questa operazione resa nota ieri con cui il Governo regionale, tramite "Finaosta", "usa" fondi della società elettrica "Cva" per finanziare parte dei lavori già in corso del "Casino de la Vallée". Una scelta di "finanza creativa" che va compresa nei suoi passaggi e che conferma i problemi dell'economia e la difficoltà delle banche nel garantire liquidità. Un tempo avrebbero fatto a pugni per prestarci i soldi.
Questa legislatura regionale è stata impostata senza avere consapevolezza della crisi che è esplosa nell'autunno dopo le elezioni e nessuno pensava ad una durata così lunga e ancora oggi non si vede una via d'uscita. Non si tratta di una crisi astratta, ma di qualcosa di tangibile che si riflette anche sulla tenuta della nostra società che si è fatta più povera con problemi occupazionali per una crisi delle imprese e con tagli ai nostri trasferimenti finanziari che peggioreranno la qualità e la quantità dei servizi alla persona e alle famiglie.
Un quadro fosco che obbliga tutti a ripensare al nostro futuro. I modelli del passato non valgono più e non si può indugiare sul déjà vu, pena un peggioramento progressivo.

Il colibrì e lo struzzo

Uno struzzoCapisco quanto l'autocitazione sia patetica, ma questa volta lo scrivo senza problemi: io l'avevo detto!
Io l'avevo detto, in epoca non sospetta, che prima o poi il finto federalismo propagandato per anni, che aveva reso in Italia federalisti, in apparenza, anche i sassi e i comodini, avrebbe fatto un disastro finita la moda parolaia. Ci saremmo trovati, com'è successo, senza il federalismo annunciato e mai arrivato ma anzi con un bel centralismo ringalluzzito di ritorno duro e puro. Della serie: dopo il federalismo, in realtà mai nato, è ora di ridare fiato al centro. Con il paradosso che il centro, in barba alla retorica melensa dei 150 anni d'unità d'Italia, non ha mai funzionato.
Insomma si torna al passato senza che ci sia mai stato un presente e ci pregiudichiamo il futuro. Operazione geniale che renderà l'Italia un Paese senza speranza.
In questo clima, una parte dei valdostani penso che - per una questione di bandiera - dovrebbe restare attaccata alla vecchia speranza federalista. Non l'autonomia speciale, come maturata nel dopoguerra con qualche modifica una ventina di anni fa, perché quella è amovibile e potrebbe sparire così come è arrivata (poi, le reazioni a questa scelta le immagino tutte!), ma il federalismo che sancisce un patto federativo che può essere sciolto se i presupposti del patto vengono meno. Un'assicurazione sulla vita che purtroppo non abbiamo.
L'altro giorno mi hanno raccontato dell'Ambasciatore cinese in Svizzera in visita nel Cantone del Jura, il più recente costituito nella Confederazione a tutela di una zona francofona di soli settantamila abitanti. Durante l'incontro è stato chiesto all'esponente cinese quale fosse l'interesse di un Paese enorme e popoloso come la Cina di visitare un Paese piccolo come il Jura (un quarto del nostro territorio) e con un pugno di abitanti specie se comparato al miliardo e trecento milioni di cinesi!
L'Ambasciatore ha usato una metafora poetica: «ogni uccello, anche il più piccolo, è un essere compiuto, malgrado le sue dimensioni, come avviene per gli altri uccelli ben più grandi di lui».
Un'immagine che trovo efficace e che sarebbe difficile usare in un comizio per i doppi sensi che si innescherebbero ed è un peccato, perché rappresenta in modo mirabile un principio federalista.
Per curiosità aggiungo che è il colibrì l'uccello più piccolo del mondo ed stato misurato in appena cinque centimetri e con un peso di soli 1,6 grammi. Quello più grande è, invece, lo struzzo che può essere lungo sino ad un metro ed ottanta centimeti e con un peso anche di 150 chilogrammi (ma non vola, per cui il volatile più grande, ma di dimensioni ben più ridotte, è il condor).
Un popolo, una comunità con la sua storia e un suo territorio non possono essere valutati solo attraverso le sue proporzioni.

Ora e sempre resilienza

La copertina del libro di Luca MercalliCapiterà in queste settimane che io vi consigli dei libri. L'estate è propizia per la lettura e se vorrete proporne anche voi qui nel post ne sarei onorato.
Ho già detto molte volte di quanto consideri importante la lettura e abbia passato una buona parte della mia vita a leggere parecchio. Ho sempre invidiato chi lo faceva con tecnica (del genere i "classici" più importanti), mentre io ho sempre scelto seguendo curiosità o causalità.
Comincio la serie con un libro da leggere che riflette una personalità, quella di Luca Mercalli, meteorologo torinese con cui ho una lunga amicizia. 
Una premessa a chi mi dirà: su alcune cose - comparando quel che entrambi scrivete - ci sono punti in cui non sempre sembrate sulla stessa linea.
E' possibile che questo avvenga anche con "Prepariamoci a vivere in un mondo con meno risorse, meno energia, meno abbondanza e forse più felicità" dell'editore "chiarelettere" (prezzo di copertina 14 euro). Trovo che sia normale, nel leggere un libro, che si confrontino modi di pensare diverso e io rispetto - e in certi passaggi condivido - l'ambientalismo umanista di Luca. In lui si mischiano pensieri globali e l'agire locale fino alla scala più piccola dei comportamenti personali con quella parolina poco nota che è "resilienza" di cui lo "Zanichelli" offre due significati: "1 (fis.) Capacità di un materiale di resistere ad urti improvvisi senza spezzarsi; 2 (psicol.) Idoneità di una persona ad affrontare le avversità e a superarle".
Mercalli ha di recente in un'intervista - ed a me di persona in termini simili - ha spiegato così questa sua filosofia di vita: "è la proprietà di un sistema di non collassare quando viene sottoposto a uno stress. La nostra società è fragilissima: se qualcuno vi chiude gas, acqua e luce, tornate al medioevo in pochi giorni. Essere resilienti vuol dire prepararsi a mantenere livelli minimi di comfort e autosufficienza senza dipendere solamente dalla carta di credito o dal volere delle multinazionali. Senza per questo diventare eremiti, anzi, la resilienza è prima di tutto cooperazione con i vostri vicini di casa".
Trovo che per una comunità piccola come quella valdostana, in tempi difficili come quelli attuali, sia una parola e una serie di comportamenti da tenere ben in mente. La trovo adatta alla mentalità montanara e su questo con Luca siamo assolutamente d'accordo.
Una nota personale inaspettata e che mi ha commosso. In coda al libro - a pagina 197 - ci sono i ringraziamenti fa i quali figura anche questo passaggio: "infine vorrei anche ringraziare i pochi politici e amministratori pubblici a cui ho visto fare cose sensate o almeno provarci". Ho l'onore - e lo ringrazio - di essere il primo dell'elenco ad essere citato. Per me è come una medaglia.

Il tabù della follia

Basta leggere l'ultima terribile cronaca della strage compiuta da un killer a Denver, ad un anno da analoghi avvenimenti svoltisi come noto in Norvegia, per avere conferma di una cosa che tutti sappiamo bene: purtroppo ci sono anche i matti fra di noi.
Uso il termine "matto" in termini non dispregiativi, ma sapendo quanto queste malattie siano composite e difficili da capire e da investigare. Ma purtroppo ci sono e bisogna, nel rapporto con loro e i loro "fantasmi", tener conto di questo anche nella lettura di questo nostro mondo.
Ci pensavo, riflettendo su uno degli aspetti più drammatici della mia esperienza politica. Quando mi è capitato - e sono state molte le occasioni - di incontrare genitori o parenti di quelle che noi che pensiamo di essere sani di mente chiamiamo, con un termine anch'esso politicamente poco corretto, "malati di mente". I loro racconti sono spesso drammatici e fotografano situazioni terribili, vite spezzate, difficoltà di capire che cosa fare, talvolta paura della quotidianità per un gesto insano possono avere in un momento qualunque. Chi vive queste situazioni vuole condividere la preoccupazione e chiede consiglio.
Io confesso di aver sempre arrancato e di non aver avuto mai risposte davvero convincenti, entrando in un terreno friabile e difficile che probabilmente richiede competenze che non ho affatto.

Sogno di mezza estate II

Un particolare della ''Crocifissione di San Pietro' di Caravaggio- «Ciao Luciano!»
- «Ciao papà!» 
Mio papà Alessandro, "Sandrino" per gli amici, mi sorride. Siamo in un luogo immateriale, come potrebbe essere un paradiso. Non è l'uomo sofferente degli ultimi anni della sua vita. E' un mio coetaneo, come più o meno posso essere io oggi per mio figlio Laurent. Sorride con i suoi occhi nocciola e riconosco la sua bella "r" valdostana, quando così attacca: «per prima cosa volevo dirti che sto bene e che vi seguo da qui. Saluta la mamma, tuo fratello Alberto e tutti i nipotini, cui voglio tanto bene. Se ho deciso di venire a parlarti è per dirti una cosa. Il libro apocrifo degli "Atti di Pietro" racconta della persecuzione dei cristiani voluta dall'imperatore Nerone. Per evitare il martirio Pietro sta fuggendo da Roma ma mentre percorre la via Appia gli appare - in cammino nella direzione inversa - Gesù.
L'Apostolo Pietro chiede: «Quo vadis, Domine?» (Signore, dove vai?).
Risponde Gesù: «Eo Romam, iterum crucifigi» (Vado a Roma, per essere crocifisso nuovamente).
Capisci, Luciano? E' una provocazione la sua: Gesù chiede in realtà a Pietro di ritornare, perché deve affrontare il martirio e lui obbedisce. La tradizione racconta che venne crocifisso a testa in giù, su sua richiesta, perché si riteneva indegno di morire come il suo Maestro.
Questo «Quo vadis?» ha una possibilità d'impiego universale. E' lo stesso interrogativo - lo dico senza che il parallelo suoni come irrispettoso - che i valdostani oggi dovrebbero porsi rispetto ai padri fondatori dell'autonomia. Vi state allontanando da certi loro insegnamenti? La strada che percorrete è giusta in questi momenti? Ti ricordi quando ti ho raccontato di quel Chanoux intimo, amico di famiglia, trasformato per il flusso degli eventi della storia in un simbolo importante - un martirio che diventa un esempio di coraggio -  anche per la sua morte terribile?»
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Poi papà mi ha abbracciato, mi ha sorriso, si è voltato e mi ha detto «ciao a tutti!».
Ed io mi sono svegliato con la sensazione di averlo qui con me.

Sparita la politica, resta la Consulta

Karl ZellerTitola così un articolo del quotidiano "Alto Adige", riportando alcune dichiarazioni del deputato sudtirolese Karl Zeller, combattivo costituzionalista con cui ho condiviso anni di battaglie parlamentari.
Osserva Zeller: «con i tecnici bisogna avere pazienza anche perché, come noto, la vendetta è un piatto che si serve freddo. Negli ultimi mesi hanno agito indisturbati e noncuranti come se Statuti e Patti non esistessero o non avessero più alcun valore. Nelle ultime due settimane invece grazie alla Corte costituzionale abbiamo visto che alcune cose cominciano ad essere raddrizzate: i tagli ai nostri bilanci possono essere solo transitori e anche sui servizi pubblici privatizzati hanno dovuto fare una precipitosa marcia indietro dopo le sentenze della Consulta. Proprio a causa di questi due pronunciamenti nei loro conti si sono aperte delle vere e proprie voragini e se vogliono i nostri soldi dovranno a questo punto venire a trattare anche con noi. E personalmente resto della convinzione che lo Stato dovrà ritirarsi a Roma e lasciare che, in particolare la nostra autonomia speciale gestisca, con pochissime eccezioni, tutti i servizi sul territorio. Anche perchè abbiamo dimostrato di essere più bravi nel gestirli con meno costi e con più efficienza».
Per la Valle d'Aosta le sentenze sono state più di una, spalmate negli ultimi due mesi e quel che è sempre interessante è che spesso altre sentenze - su parti di leggi da noi non impugnate - tornano utili anche a noi, perché applicabili.
Pensate alle norme sul commercio di cui tanto si discute e che - a differenza di quel che pensavo avvenisse - non vennero impugnate dalla nostra Regione. Ci hanno pensato altri, in particolare la Toscana e i frutti sono arrivati con la sentenza 200 della Consulta di poche ore fa. Tutto parte da un decreto legge del 2011 che, brandendo il principio di concorrenza come una spada, obbliga le Regioni ad adeguarsi entro la fine settembre di quest'anno alla nuova legislazione statale e anche in Valle c'era chi sosteneva che ciò chiudeva ogni spazio. la Corte scrive, invece: "occorre ancora osservare il particolare tenore normativo della disposizione impugnata: in questo caso il legislatore statale non si è sovrapposto ai legislatori regionali dettando una propria compiuta disciplina delle attività economiche, destinata a sostituirsi alle leggi regionali in vigore. L’atto impugnato, infatti, non stabilisce regole, ma piuttosto introduce disposizioni di principio, le quali, per ottenere piena applicazione, richiedono ulteriori sviluppi normativi, da parte sia del legislatore statale, sia di quello regionale, ciascuno nel proprio ambito di competenza. In virtù della tecnica normativa utilizzata, basata su principi e non su regole, il legislatore nazionale non ha occupato gli spazi riservati a quello regionale, ma ha agito presupponendo invece che le singole Regioni continuino ad esercitare le loro competenze, conformandosi tuttavia ai principi stabiliti a livello statale. L'intervento del legislatore, statale e regionale, di attuazione del principio della liberalizzazione è tanto più necessario alla luce della considerazione che tale principio non è stato affermato in termini assoluti, né avrebbe potuto esserlo in virtù dei vincoli costituzionali, ma richiede di essere modulato per perseguire gli altri principi indicati dallo stesso legislatore, in attuazione delle previsioni costituzionali. Di conseguenza, per rispondere ad alcune precise osservazioni delle ricorrenti, le discipline della vendita al pubblico di farmaci da banco o automedicazione, dell'apertura di strutture di media e grande distribuzione, o dell'organizzazione sanitaria, non vengono assorbite nella competenza legislativa dello Stato relativa alla concorrenza, ma richiedono di essere regolate dal legislatore regionale, tenendo conto dei principi indicati nel censurato articolo 3, comma 1, del decreto-legge numero 138 del 2011".
Insomma gli spazi ci sono e in questo senso ho collaboratore per la nuova legislazione in itinere, contestando certe scorciatoie di chi mostra una "fretta sospetta".
La Consulta poi - e non è da poco - contesta la filosofia dell'abrogazione indiscriminata di tutta la legislazione "incompatibile" con una formula secca: "l'articolo 3, comma 3, è costituzionalmente illegittimo, in quanto dispone, allo scadere di un termine prestabilito, l'automatica "soppressione", secondo la terminologia usata dal legislatore, di tutte le normative statali incompatibili con il principio della liberalizzazione delle attività economiche, stabilito al comma 1". Abrogazione - attenzione! - che trascinava tutte le legislazioni regionali. Ma così non può essere con buona pace dei semplificatori antiregionalisti del Governo Monti che conquistano sempre più il mio sarcasmo.

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