October 2011

In tema di liberalizzazioni

Un momento della riunione a BruxellesMi sono trovato ieri a Bruxelles a parlare di liberalizzazioni e privatizzazioni in Europa: un tema complesso, cui magari dedicherò un "Calepin", perché stringerlo in un post è difficile.
Vale la pena, invece, di vedere - in ordine sparso e con qualche possibile omissione involontaria - i pro e contro in Valle in questi anni attraverso esempi concreti. 
Iniziamo dai pro, che sono meno. Come non ricordare la privatizzazione della siderurgia di Stato, senza la quale oggi la "Cogne" non ci sarebbe più da venticinque anni. Ciò riguarda anche il mercato elettrico: senza le norme europee l'Enel non avrebbe mai venduto le centrali, occasione propizia anche per dimostrare che non era più monopolista, e mai sarebbe altrimenti nata la "Cva" con il suo ruolo di produzione e di vendita. Positivo sarà anche il futuro appalto per l'esercizio dei treni per uscire dalla sciatteria di "Trenitalia", ma la gara sarà complessa, specie per avere i treni bimodali diesel-elettrico (a proposito: avevo ragione io...). Interessante dovrebbe essere anche la liberalizzazione nel settore del gas metano, ma bisogna avere delle idee per sfruttare la chance sul nostro territorio per dare un senso al metanodotto. Per ora "Cva" preferisce occuparsi di energia solare fuori Valle.
Gli aspetti negativi abbondano: un disastro la privatizzazione di "Telecom" con manutenzioni ridotte e scomparsa di tutti i dipendenti valdostani e sarebbe stato così anche per l'Enel se fosse rimasta proprietaria delle centrali, come dimostrato dai pasticci con le bollette di "Vallenergie".
Negativa anche la privatizzazione delle autostrade (e del traforo del Monte Bianco) con un duopolio pieno di ambiguità, pur con concessioni statali, su cui nessuno vigila davvero e il mancato controllo è il male profondo delle liberalizzazioni. Ciò vale anche per le libere professioni, entrate con il pubblico nel girone dantesco dei "ribassi", come se la qualità fosse solo fatta dal prezzo, quando ad esempio si tratta di una progettazione in cui l'ingegno non è opzionale.
La posta è, da parte sua, il caso di scuola di una finta liberalizzazione, irrispettosa delle zone marginali e degli obblighi delle prestazioni universali. Certo, ma è una storia più complessa, risulta negativa la prospettiva che, secondo la logica di mercato, obbligherà in futuro "Cva" a partecipare a gare per riaggiudicarsi le centrali, quando scadranno le concessioni e questo sarà un rischio per le future generazioni. 
Appalti pubblici, nel rispetto della concorrenza, come quelli per il trasporto pubblico locale su gomma sono densi di incognite per l'arrivo di "cordate" esterne. Ma questo vale anche per il settore edilizio, quando la liberalizzazione incappa in posizioni dominanti e così si uccidono imprese locali piccole e medie.
Norme europee regolatrici del mercato hanno fatto chiudere l'Illsa Viola di Pont-Saint-Martin per il premio che gli Orlando presero, chiudendo la fabbrica siderurgica, così come la concorrenza extraeuropea ha assassinato il tessile e i diversi stabilimenti ad esso legati. Idem per l'Olivetti che non era in Valle, ma ci lavoravano, a due passi da casa, molti valdostani.
Aggiungiamo la liberalizzazione del commercio, scelta necessaria, ma non certo per aprire indiscriminatamente - come si annuncia - strutture di grande distribuzione come se piovesse, preparando ipocritamente lacrime di coccodrillo sulla scomparsa del piccolo commercio di paese.
Luci e ombre di vicende complicate, qui appena abbozzate.

A favor di telecamera

L'elenco dei limiti e dei divieti all'ingresso del Tunnel del Monte BiancoLeggo su "Le Dauphiné Libéré" la storia di un imbecille che, con una punta massima di 197 chilometri all'ora, ha attraversato il tunnel del Monte Bianco a gran velocità con la sua "Audi A6".
Questa la sintesi dei fatti: "Au volant d’une grosse berline allemande, ce conducteur d’origine israélienne a dû se croire téléporté dans le tunnel du casino, lors du grand prix de Monaco. Cette nuit, il a, à plusieurs reprises, affolé les radars de contrôle du tunnel du Mont-Blanc, avec des vitesses à plus de 180 km/h. Une "distraction" qui risque de lui coûter fort cher, en contraventions (plus de 3 000 €), mais aussi en retrait de permis de conduire.
Quant au motif de cet excès record, il fut révélé par les photos prises par les radars. Pendant que monsieur jouait les Vettel, madame filmait l’exploit avec son téléphone portable…"
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Stavolta non potrà capitare quel che capitò qualche anno fa, quando un bizzarro giudice di pace di Aosta "graziò" un automobilista mantovano, che viaggiava a 132 chilometri all'ora al posto dei 70 obbligatori, con questa motivazione che figura nella rassegna degli orrori giurisprudenziali: «si ha motivo di ritenere che il ricorrente, risultante affetto da disturbi di attacchi di panico, è incorso nella contestata infrazione in una circostanza tale (attraversamento di tunnel autostradale) che, scatenando in lui detta sindrome nella forma di uno stato d’ansia da claustrofobia, lo ha irresistibilmente indotto a tenere un comportamento che, nelle circostanze date, può essere valutato come non suscettibile di essere inibito con uno sforzo cosciente della volontà».
La telecamerina integrata nei telefonini è diventata - basta vedere la miriade di filmati sui siti specializzati in video - una dimensione nuova dell'informazione. Nel male, come nel caso citato che è caratteristico di tutti gli esibizionisti di questa "bravata" rischiosa per la sicurezza nel traforo, ma anche nel bene, come evidenziato in ultimo dai filmati preziosi per ricostruire la terribile morte di Gheddafi o le sequenze impressionanti girate in occasione della recente alluvione nel Levante ligure.

Riappropriarsi dei pensieri

Un desktop piuttosto affollatoConcentrarsi su di un lavoro nell'era della rivoluzione digitale non è per nulla semplice.
Immaginate di dover scrivere qualcosa al computer. Mentre scrivi un occhio corre alla posta elettronica che ti arriva, magari avendo più di un indirizzo del genere uno del lavoro e uno personale. Sarà pur vero che i filtri contro gli spam hanno ridotto il numero delle poste elettroniche che ti assediano, ma arriva comunque di tutto. Segnalo la presenza di amici che dedicano evidentemente il loro tempo alle cazzate e ti mandano materiale il più diverso in un logica goliardica. 
Poi, a peggiorare le cose, hai messo degli avvisi che ti servono per ricordare qualcosa sul computer e loro fanno il loro lavoro, tu meno. Naturalmente se frequenti un social network - e non è stato oscurato dal gestore del sistema per evitare distrazioni - come non rispondere a chi ti scrive qualcosa e verifichi l'esistenza di esseri umani che ormai campano in rete. Per non dire, ennesima distrazione, di chi ti telefona non sul telefono che hai sulla scrivania ma attraverso sistemi genere "Skype"? Ma il computer è anche il mondo di Internet e magari un giretto di tanto in tanto ci vuole...
Naturalmente hai anche un telefonino, magari uno di quei modelli multisciplinari. Anche lì arrivano sollecitazioni: qualche sms, uno squilletto di qualcuno che ti cerca e magari anche lì arriva qualche avviso.
Esiste poi l'umanità con cui condividi il lavoro. Ti portano da firmare, chi viene a parlarti, arriva una lettera cartacea, c'è chi prospetta una pausa caffè, è l'ora di una riunione...
Tutto bene e tutto giusto, certo. Ma la concentrazione? Lo scritto cesellato e ben documentato, le note per una conferenza o una discussione? Fra spizzichi e bocconi ci arrivi, sognando però una stanza insonorizzata e senza segnali di nessun genere con un foglio e una matita per riappropriarti dei tuoi pensieri.

Un libro per pensare

La copertina del libro di Edoardo NesiOgni tanto la letteratura si affianca alla politica e in certi casi raccontare una buona storia vale più di mille documenti di analisi. E' sempre stato così, perché i buoni scrittori annusano l'aria dei tempi e la riversano nei loro lavori, facendoli diventare esemplari.
Ciò vale per il libro premiato con lo "Strega" di quest'anno, scritto da Edoardo Nesi e intitolato "Storia della mia gente", che è uno spaccato di verità interessante sulla crisi della piccola e media industria italiana. Una situazione tremenda che può essere purtroppo verificata anche in Valle, dove manca una storia dell'industria negli ultimi decenni.
Nel libro siamo a Prato in Toscana, una delle zone storiche del tessile in Italia. Nesi, giovane rampante cittadino del mondo, si trova, malgré lui, nelle condizioni di chiudere l'azienda di famiglia. Con realismo e freddezza racconta di conseguenza le ragioni della crisi: le aziende di qualità sono strangolate da forniture al ribasso dalle multinazionali della moda e dall'importazione selvaggia di prodotti mediocri extraeuropei. Poi, storia nella storia, che lui racconta con stupore, a Prato cresce e si moltiplica con un lavoro proprio nel tessile a basso costo la più grande comunità cinese in Italia. Questo avviene con fenomeni di mafia (cinese) e sfruttamento, e diventa purtroppo, fra antico e nuovo, l'esempio di contraddizioni profonde.
Nesi esamina, ricorda, ammonisce e protesta, facendosi megafono della disperazione della sua gente, che si trova mestamente a seppellire un'industria che esiste da epoca medioevale. Il Governo e l'Europa tacciono e Nesi lo denuncia con tutte le sue forze e senza risparmiare nessuno.
Esiste poi un lato più personale della storia: l'angoscia, che ognuno di noi avverte, di un'inaspettata constatazione. Ogni generazione, in un'ingenua visione positivista, sembrava destinata a star meglio di quella precedente. E invece è come se una mano avesse girato una gigantesca clessidra e bisognasse, per molti aspetti, ricominciare da capo.

Il ritorno di Fantozzi

Un messaggio per i 'cittadini modello' che hanno trovato il mio portafogliSe fossi superstizioso, dovrei cancellare il mese di ottobre. Qualcuno ricorderà la fantozziana avventura dello scambio del bagaglio a Bruxelles, foriero di mille problemi.
Ora la "sfiga" ha colpito di nuovo e non è stato il «dolcetto, scherzetto» di Halloween.
Oggi ho smarrito il portafoglio. Per cui mi sono dovuto sorbire le telefonate ai diversi numeri per carte di credito, bancomat e affini. Uno di questi operatori mi ha detto: «lei ha appena comprato in un magazzino vicino ad Aosta due costosi oggetti d'elettronica».
Bingo! La notizia buona: qualcuno aveva trovato il portafoglio. Quella cattiva: aveva deciso di tenerselo e spendere i miei soldi.
Sono già andato a far denuncia negli efficienti uffici dei Carabinieri di Aosta e dal fotografo per le fototessere per tutti i documenti perduti in un colpo solo: dalla patente alla tessera sanitaria, dalla carta d'identità alle tessere di fidelizzazione delle compagnie aeree.
Il portafoglio, regalatomi dai miei figli, ha preso il volo.
Spero che la mia sfortuna di oggi si ritorca, come una macumba brasiliana, contro i cittadini modello che si aggirano con la mia roba!
E' la seconda volta che mi sparisce il portafoglio. Almeno la prima volta, sul treno per Trento, fu un abile borseggiatore che mi sfilò in un secondo il portafoglio, fingendo di seguire l'oscillazione della carrozza. Fesso io, bravo lui...

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