October 2011

Autodeterminazione

La conferenza stampa dell'EtaI baschi dell'"Eta - Euskadi ta askatasuna", cioè "Paesi Baschi e libertà" annunciano la fine della lotta armata. Me lo aveva detto, qualche giorno fa, un'europarlamentare basca del Partito nazionalista, che avevo incontrato a Bruxelles per discutere di cosa fare per l'attesa direttiva sulle minoranze linguistiche e l'occasione era utile per capire che cosa stesse capitando da loro.
Era già capitato qualche cosa di simile nell'intricata vicenda irlandese, ma la scelta dei baschi ha un valore importante e muta fortemente lo scenario. In fondo raggiungono il modus operandi dei catalani e, nel piccolo, anche dei valdostani. Lavorare pacificamente nel quadro delle istituzioni creando una rete di protezione legata a fattori giuridici.
Catalani e baschi, tuttavia, non si accontentano dello status autonomistico, pur sviluppatissimo. Non hanno mai nascosto, nella sostanza dell'azione politica anche più moderata, il desiderio di evolversi in un vero e proprio Stato.
Certo la via pacifica è quella dell'autoderminazione, cioè la possibilità che attraverso formule referendarie venga consentito un "distacco" non traumatico dallo Stato di origine.
Questo è un principio cardine del diritto internazionale. Naturalmente, pensando alla tesi leghista di un'"indipendenza" della "Padania", deve esistere un soggetto davvero riconoscibile come storicamente fondato (e non è il caso), come mostrato dalla rottura fra cechi e slovacchi, prima uniti nella Cecoslovacchia.
In punto di diritto ha ragione il Presidente Giorgio Napolitano a dire che oggi, a Costituzione attuale, l'intangibilità dell'Italia è un principio costituzionalizzato. Ma in una visione davvero federalistica non si può escludere che sia propria una legittima riforma costituzionale a prevedere forme nuove e diverse di aggregazione e disaggregazione.
Gli Stati nazionali sono creature giovani nella storia dell'umanità e chissà quali forme politiche ci potranno essere in futuro nel quadro europeista.

L'ora delle reines

I mezzi 'Rai' per la direttaI colori dell'autunno si mischiano alle immagini della "bataille des reines". Irrompe nella modernità da sagra paesana l'esempio più eclatante da noi del rapporto fra uomo e animale: l'allevatore vide, millenni fa, questa caratteristica di una capo mandria aggressiva e nacquero i "combat" tra queste "dominatrici".
Questa storia antichissima, rimasta solo perché la razza bovina autoctona non è stata spazzata via come è avvenuto altrove con i bovini tradizionali, emerge oggi, come una sopravvivenza culturale di un mondo contadino cambiato moltissimo. Diventando un tratto distintivo della "valdostanità" e un segno - pensando alla comune passione crescente nel Vallese e persistente in Savoia - di come i confini politici non siano corrispondenti all'area storica di interscambio culturale e umana.
Non è questo vissuto "antropologico" a spiegare da solo il successo della bataille. Io credo che contino la storia, l'ambiente naturale, la socialità, ma anche - più semplicemente - la formula avvincente degli scontri ad eliminatoria che rende leggibile, come avviene in analoghe formule sportive, la fase finale e le emozioni che ne derivano. Grazie ovviamente e in particolare alle "reines", che mostrano caratteri propri e personalità diverse, spesso delle autentiche commedianti, che rendono gli ultimi "combat" pieni di suspence.
Quando racconto delle dirette televisive dei preparativi e delle fasi conclusive (segnalo, per quel che mi compete, domattina alle ore 10 e lunedì alle ore 20 su "Rai3 Vd'A") spesso fuori Valle mi guardano straniti. Fanno malissimo, spiego loro paziente, perché una televisione di prossimità non può dimenticarsi di un momento popolare come questo.

Una brutta storia

Paolo BonaiutiLa notizia non ha avuto una grande diffusione, ma è davvero ferale. Se pensiamo alla gag del decreto sviluppo - della serie "partiam, partiam" e non si parte mai - stupisce invece la lucidità del disegno in un settore importante in una democrazia.
Dal prossimo anno si prevedono - nel quadro del dimagrimento della finanza pubblica -  tagli tra il trenta ed il cinquanta per cento alle sovvenzioni statali al settore dell'editoria e ci saranno tagli del cinquanta per cento alle convenzioni "Rai" per le minoranze linguistiche e per "Rai International", dunque per gli italiani all'estero, che il Governo anticiperà in questi giorni al direttore generale "Rai" per la riformulazione al risparmio, con i tagli conseguenti, ai palinsesti.
L'annuncio, che pesa come un macigno sul futuro del già fragile sistema informativo anche in Valle d'Aosta in una fase difficile per tutte le forme di editoria per la crisi economica, è venuto dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all'editoria, Paolo Bonaiuti, nel corso di una audizione presso la Commissione cultura alla Camera.
Naturalmente ognuno guarda il problema dalla sua prospettiva con l'ovvia premessa che nel settore della carta stampata ci sono stati casi eclatanti di giornali diventati con troppa facilità testate di partito per drenare soldi pubblici, ma l'intero sistema non può pagare le colpe di pochi.
Io ovviamente guardo alla "Rai" e non solo per un pur comprensibile interesse legato al mio lavoro: le sedi regionali di Bolzano (tedesco e ladino), Trieste (sloveno) e Aosta (francese) tremano per il futuro utilizzo delle lingue tutelate sulla televisione concessionaria, da una legge dello Stato, la 103 del 1975, che è in effetti il fondamento del decentramento ideativo e produttivo della "Rai", ma che prevede proprio nelle trasmissioni giornalistiche e non  - ciascuna con una sua storia e con suoi modelli produttivi - l'utilizzo delle lingue delle minoranze nel servizio pubblico radiotelevisivo.
Nel "caso valdostano" il modello si regge su di un bilinguismo (cui si aggiunge con continuità il francoprovenzale) - i dati sono facilmente leggibili e gli archivi sono un patrimonio unico nel suo genere - che ha permesso nel tempo di offrire quotidianamente informazioni e intrattenimento in radio e in televisione.
Ogni ridimensionamento non solo peserebbe sull'offerta ai cittadini, ma potrebbe avere ripercussioni anche sugli organici delle sedi regionali e sul lavoro indotto che oggi viene riversato sul territorio. Speriamo che si percepisca la gravità di certe decisioni.

La folgore della fatalità

Marco SimoncelliOgnuno può pensarla come vuole sul destino, a seconda delle proprie convinzioni. Ma ogni volta che certi fatti avvengono è un argomento di riflessione e di confronto. Forse parlarne finisce per essere un modo per esorcizzare certe paure sull'imponderabile.
Così la morte in diretta televisiva del giovane motociclista Marco Simoncelli, "falciato" sul circuito di Sepang in Malesia per una terribile combinazione di fattori. Ieri non si parlava di altro, anche perché il crudo realismo delle riprese televisive, nella ripetitività dei telegiornali, mostrava il dramma in tutti i suoi particolari.
Il destino. Penso alle famiglie dei tre ragazzi morti bruciati nei pressi di Milano in un tamponamento a catena. Uno di loro, il ventenne Simone Montegrandi, era di Sarre ed era nella vettura con la sua fidanzatina Maria e sua sorella Sara. Immagino lo sconcerto e il dolore dei familiari per questo tremendo appuntamento con la morte e all'epoca di "Facebook" commuove vedere sul profilo del ragazzo - con le foto piene di allegria e di voglia di vivere da lui "postate" - il susseguirsi di interventi di chi lo ricorda con il linguaggio dei giovani che hanno scoperto questo nuovo modo di esprimersi.
Ma penso anche a Diego Dondeynaz, sessant'anni, albergatore di Frachey di Ayas. Era a caccia sopra Champoluc quando, nel recuperare un camoscio, è caduto a dispetto della sua perizia e conoscenza del territorio. Fatalità anche in questo caso. Purtroppo non vedrà crescere i suoi due nipotini.

Non basta l'aplomb

Non mi fa assolutamente piacere che Nicolas Sarkozy ed Angela Merkel ridano dell'Italia durante una conferenza stampa ufficiale a Bruxelles. Neppure se la causa dell'ilarità è senza alcun dubbio Silvio Berlusconi, cui non va di certo la mia simpatia.
Il comportamento maleducato è indicativo, come mostrato dalla risata contagiosa nella sala, di un certo e diffuso pensiero verso il Cavaliere nel resto d'Europa su cui è bene interrogarsi per chi non lo abbia già fatto.

L'ultimo giro di valzer

La ricostruzione dell'abbandono del Titanic nel celebra filmChissà dove andremo a finire. Le liti nel Governo sull'età pensionabile, comunque la si pensi sui temi previdenziali, avrebbero dovuto portare ad un crisi di Governo con indizione di elezioni politiche e Governo di transizione.
Ed invece l'anomalia italiana prosegue il suo cammino simile ad una "via crucis" e chissà quale forma di compromesso spunterà alla fine per dare all'Esecutivo la chance di un ultimo giro di valzer, mentre il "Titanic" affonda. Giorni fa, il decano degli autonomisti italiani, il sudi tirolese Luis Durwalder. presidente della Provincia di Bolzano, mestamente mi diceva: «anche se noi sul "Titanic" viaggiamo in prima classe, se il transatlantico affonderà faremo la stessa brutta fine di chi viaggia in seconda e terza classe». Lo diceva con mestizia.
Chi l'avrebbe mai detto che la mia generazione, quella del baby boom, vissuta nel mito del benessere crescente, si sarebbe trovata ad assistere ai fatti odierni in cui prende il sopravvento la preoccupazione per una situazione politica bloccata da anni con un Silvio Berlusconi ormai prigioniero di se stesso e di una satrapia stracciona che ci rende inaffidabili di fronte al mondo. Il dramma non sta nella rappresentazione di una commedia all'italiana indegna, ma il fatto che l'uso sistematico della falsità ha dato delle finanze pubbliche italiana un'immagine non corrispondente alla realtà e l'alibi è sempre quello di scaricare sul passato le responsabilità senza capire che qui e oggi ormai sta il problema, vale a dire nell'incapacità di reagire davvero, di avere un moto d'orgoglio e di dimostrare credibilità.
Invece l'Italia sembra uno zombie di quei film d'orrore di scarso valore in cui al posto di spaventarti, alla fine, ti viene da ridere. Se non ci fosse, viste le circostanze, niente da ridere. Sarebbe bene discuterne a fondo anche in Valle d'Aosta, capendo che legare il destino politico della Valle a certi carri si è dimostrato sbagliato.
E, si sa, che sbagliare è umano, ma perseverare nell'errore è diabolico.

La credibilità europea

L'ormai celebra risata tra Angela Merkel e Nicolas SarkozyAttendendo chiarezza nelle vicende italiane, partiamo da un assunto condivisibile: l'Unione europea ha ragione a pretendere che gli Stati membri non siano strozzati dal debito pubblico. Anzi, ha ancora più ragione quando Bruxelles chiede a chi è in fondo al gruppo di fare uno sforzo suppletivo: l'economia sana è il frutto anche di azioni politiche coraggiose compiute da politici autorevoli.
Sottoscrivo e applaudo. Purtroppo di mezzo ci sono le elezioni e i cittadini spesso preferiscono il déjà vu e l'accogliente nido del clientelismo. Ma questo è un altro argomento e l'unico antidoto è avere un'opinione pubblica attenta, informata e onesta.
Torniamo all'Europa, oggi gigantesca e popolosa realtà mosaico di ventisette Paesi membri assai diversi fra loro come taglia e come istituzioni. Stare insieme non è solo giusto ma è anche necessario in un mondo competitivo. Certo io spero sempre che iniezioni di federalismo, sussidiarietà, democrazia locale, Stato sociale e altre cose ancora ci diano un percorso d'integrazione europea che non voglia sfociare in uno Statone grande e grosso senza capo né coda.
Quel che avverto come stonato nel "Patto di stabilità", oggi - fa più blasé - "Governance economica", è che chi predica bene poi razzola male. Infatti le istituzioni europee negli ultimi anni sono cresciute a dismisura, diventando strutture costose e macchinose, obese e onnivore e non vi dico i costi di questo pubblico impiego. Sanno i "nostri" dipendenti europei essere dirigisti, moralisti e persecutori delle finanze dei Paesi membri, ma forse un'occhiatina a casa loro - quella appunto di tutti noi cittadini europei - sarebbe una brutta sorpresa in fatto di sprechi e privilegi.
Visto che sono più di dieci anni che noto questa dicotomia fra richieste indirizzate agli altri e autoassoluzioni benevole per se stessi, penso che sia giunta l'ora di capire il perché di certe prepotenze e della mancanza di coerenza.
Forse ci vorrebbe una sola e semplice personalità, scelta per la sua autorevolezza, che sia incaricata di fare le pulci a tanti "euroburocrati" che hanno perso il lume della ragione nei comportamenti personali e collettivi. Non lo dico per una qualche forma qualunquistica di antieuropeismo, ma perché chi è europeista e crede nei valori fondanti deve evitare di far confluire le proprie convinzioni nei fiumi d'ambrosia della retorica.
Non serve a nessuno.

Dal teatrino al dramma

Umberto Bossi, da solo, tra i banchi di Montecitorio"Bauscia", lo spaccone in lombardo, viene da "bava". Immagine scherzosa del chiacchierone verboso che spara balle. Un prototipo divertente e caricaturale, che tuttavia esiste. Sarà capitato anche a voi di incontrarlo, perché è una maschera ben nota.
Ci pensavo rispetto alla tattica "mordi e fuggi" della Lega in questi ultimi mesi. Silvio Berlusconi propone, la Lega dice di "no" e minaccia sfracelli, poi cede, cantando però vittoria e lì sta la spacconata. Uno schema ripetitivo che offre ogni volta l'idea, sempre apparente, che «questa volta fanno sul serio». Ma la bolla ogni volta scoppia e il Cavaliere canta vittoria e i leghisti della base restano con le pive nel sacco.
Strana storia, direi. In parte misteriosa per un gioco delle parti che non si manifesta in un ordinario, come lo chiama Berlusconi stesso, "teatrino della politica". Siamo finiti, se applicato agli odierni guai italiani che non consentono ritardi, in un dramma vero e proprio, pensando che ormai Grecia e Italia sono considerate in Europa nello stesso modo dopo anni di continue rassicurazioni sulla solidità dei nostri conti.
A parte la lettera di quindici pagine che Berlusconi ha spedito alla fine a Bruxelles e che dovrà difendere oggi fra lo scetticismo generale, alla fine la Lega che cosa farà? Ci sarà anche questa volta la prevalenza del "bauscia" o invece siamo ormai ad un punto di svolta? Non so dirvi.
Ma l'impressione è che il voto in primavera sia altamente probabile.

Un abbraccio alla Liguria

Un'immagine della terribile alluvione in LiguriaL'entroterra della Liguria è di una bellezza straordinaria. Chi conosca solo la costa e non sappia «cosa c'è dietro» perde una ricchezza unica di una montagna dai panorami mozzafiato.
Quando ero ragazzo e ho percorso in lungo e in largo vaste zone fra paesini, boschi, altopiani, laghetti, torrenti sono sempre rimasto incantato da questi "territori verticali" a pochi passi dal mare. Dalla flora mediterranea a quella alpina nel volgere di pochi chilometri.
Già allora - e parlo di decenni fa - quel che colpiva era lo spopolamento e l'abbandono delle campagne, specie delle "fasce", quei terrazzamenti che tengono in piedi la montagna con i muri a secco che si sfaldano per la mancata manutenzione. Il bosco piano piano avanzava, appesantendo i versanti. Immagino che nel tempo sia tutto peggiorato.
E in basso, proprie sulle coste, dove è emigrata la popolazione montana, non si è abbastanza tenuto conto del territorio, costruendo e costruendo ancora, specie in quelle zone di sfogo delle acque che possono scendere verso il mare, quando le piogge arrivano con violenza e sappiamo che i cambiamenti climatici rendono il maltempo ancora più aggressivo.
Esiste un'antica amicizia fra Valle d'Aosta e Liguria, sul filo della storia e anche del turismo, per cui spero che anche i nostri aiuti siano tempestivi e generosi. Forza Liguria! Vedere certe immagini in televisione addolora e colpisce.

La differenza fra un programma e delle idee

Gli applausi a Napolitano dopo il suo discorso a BrugesVa bene che l'Europa abbia accolto con favore la lettera del Governo italiano. Leggetela e vedrete che assomiglia ad un programma elettorale di buone intenzioni, anche se non so come il disegno si concretizzerà in Parlamento.
Semmai vorrei registrare con soddisfazione il discorso di ieri a Bruges del Presidente Giorgio Napolitano, pronunciato in francese e di cui vi offro qualche passaggio, che mostra una ricchezza di idee: «Cela fait maintenant des mois que le thème de l'Europe est quotidiennement présent et dominant dans la communication politique, dans l'information économique et dans l'attention des citoyens et des familles dans tous nos pays. Il est présent et dominant en termes critiques, du fait des préoccupations toujours croissantes sur les incertitudes de la vie quotidienne ainsi que sur notre destin et avenir commun. Aussi, et en même temps, la perception de ce qui nous lie, de ce qui lie nos sociétés et nos citoyens dans toute l’Europe - qui s’est au fur e à mesure unie dans un processus d'intégration démocratique inédit - s'est diffusée comme peut-être jamais auparavant».
Ha aggiunto il Presidente: «D'où la responsabilité - que nous avons tous - de saisir l'occasion que les dramatiques évolutions du contexte socioéconomique, non seulement européen, nous ont imposée, pour nous expliquer avec nous-mêmes et réfléchir sur le passé et le présent. Il est essentiel de faire lumière sur le parcours accompli à partir du projet audacieux annoncé le 9 mai 1950, puisque ma génération est la dernière à avoir vécu la tragédie qui s'est abattue avec la deuxième guerre mondiale sur nos pays déjà flagellés par la première, et à conserver vivant le souvenir des divisions et destructions fatales dont nous dûmes nous relever. Et après plus d'un demi-siècle d’unité et de progrès continus, il faut maintenant débattre avec les citoyens - dans un rapport clair et convaincant - de la crise qui a frappé la "zone Euro" et offrir des réponses persuasives. Bref, il faut élucider clairement quelle est la mise en jeu pour notre continent. Et non seulement pour lui: en définitive, ce qui a été récemment dit par les non européens à propos du risque que nos difficultés peuvent comporter pour toute l'économie mondiale constitue d'une certaine façon la reconnaissance objective du poids qu'occupe l'Europe dans le monde d'aujourd'hui, bien que le contexte soit si différent du passé par l’effet d'une impétueuse transformation et mondialisation».
Interessante questo passaggio: «Ce qui m'intéresse ici - et je me limiterai donc à cela - est de souligner ce qui a été indiqué comme l'un des points critiques qui, en plusieurs décennies, ont fini par miner le système économique international: la thèse fallacieuse selon laquelle les marchés en général, et les marchés financiers en particulier, étaient capables de se régler à eux seuls et n'avaient donc pas besoin de régulation publique. C'est précisément de la constatation des dégâts provoqués et du danger constitué par cette thèse qu'a jailli la conscience, chez les gouvernements de tous les continents, de la nécessité de mettre au point un nouveau système de règles capable de fonder une gouvernance économique mondiale efficace».
Come non condividere questa parte conclusiva: «Une re-proposition résolue des raisons anciennes et nouvelles du projet européen, auprès de l'opinion publique, parmi les larges masses de citoyens et de jeunes, demande ce qui a amplement manqué sur le plan de la légitimation et de la validité démocratique: à savoir, un débat public transparent; une compétition politique au-delà des frontières nationales qui puisse aussi déboucher sur l'élection directe du président de l'organe de gouvernement de l'Union; la croissance, finalement, d'acteurs politiques et sociaux structurés au niveau européen; une dimension parlementaire dans laquelle puissent s'intégrer les représentants dans le Parlement européen, - arrivés à un si grand rôle incisif - et les représentants dans les parlements nationaux; un réseau de relations institutionnelles impliquant largement les autonomies régionales et locales».
Bravo, Presidente.

Registrazione Tribunale di Aosta n.2/2018 | Direttore responsabile Mara Ghidinelli | © 2008-2021 Luciano Caveri