July 2011

Sarebbe clamoroso

DSK all'uscita del Tribunale, insieme alla moglieChissà se davvero quest'oggi Dominique Strauss-Kahn uscirà "pulito" (o con accuse del tutto ridimensionate) dalle accuse di violenza sessuale che lo avevano obbligato a dimettersi dalla direzione del "Fondo Monetario Internazionale" (rapidamente sostituito da una connazionale...) e ad uscire dalla corsa alla Presidenza della Repubblica francese in cui era favorito (rapidamente scaricato dal suo partito...). Così parrebbe dalle anticipazioni contenute in uno "scoop" del "New York Times".
La vicenda, qualunque sarà l'esatto punto di caduta, diventerà comunque esemplare di un sistema giudiziario, quello americano, che - malgrado il bombardamento di telefilm sull'argomento - resta per un europeo qualcosa di misterioso. 
Lo è stato in questa vicenda per la durezza dei comportamenti verso l'accusato, dando l'ovvia sensazione che la fama della personalità sotto accusa diventasse un handicap e non, come capita talvolta in Italia, una corazza con cui difendersi più facilmente. 
Ma se oggi ci fosse un brusco cambio di direzione, allora sarebbe per contro un esempio di tornare sui propri passi, una vera e propria "inversione ad U", inesistente nella nostra macchina giudiziaria.
Certo in Francia oggi, specie all'Eliseo, l'attesa sarà spasmodica e basta leggere i siti dei giornali francesi (che hanno oggi "bucato" la notizia con i giornali in edicola a causa della differenza di fuso orario con gli Stati Uniti) per capirne l'interesse.

Il Paese del Bengodi

La fine del 'Paese della Cuccagna' in 'Pinocchio', che si trasforma in somaro dopo LucignoloVorrei sapere come verrà spiegata ai valdostani la "mazzata" data alla nostra Regione, così come all'insieme della democrazia locale, derivante dalla multiforme Finanziaria estiva del Governo Berlusconi. Fossimo in guerra, essendo il Popolo della Libertà in Valle alleato della maggioranza autonomista, si chiamerebbe "fuoco amico", come un tuo commilitone che ti spara nella schiena. Lo scrivo con dispiacere perché non c'è da gioirne.
Credo che il Consiglio Valle, quando il testo arriverà in Parlamento, dovrà, come avevo già suggerito di fare nella seconda Commissione che si occupa di questa materia, capire bene problemi e conseguenze. 
E sarà indispensabile non minimizzare, perché nascondersi dietro un dito sarebbe davvero ipocrita: le bugie hanno le gambe corte, specie quando un'alleanza politica sembrava preludere, paradossalmente in un momento di declino del berlusconismo come "antipolitica", al "Paese del Bengodi" o quello della "Cuccagna".
Invece siamo integrati - e in parte complici - della tetra e livida Italia di questa strana stagione politica. Si sarebbe dovuto evitare per poi trovarsi, come ci si troverà, a piangere sul latte versato. E' vero che le posizioni in politica mutano ma i tempi e le circostanze non sono banali quando si decide di attraversare una linea di demarcazione.

Il Prince si è sposato

Charlene ed Alberto di MonacoQualche anno fa, era il 2006, ebbi l'onore di presentare la Valle d'Aosta nel Principato di Monaco. Poco sotto il Casino, nelle Terrasses, venne allestito una sorta di villaggio che presentava la Valle d'Aosta nei suoi diversi aspetti, compresa una gettonatissima palestra di roccia con le guide alpine.
I monegaschi amano la montagna e, come dimostra la loro adesione alla Convenzione alpina, si sentono l'ultimo pezzo di Alpi che sprofonda in un luogo meraviglioso del Mediterraneo Non a caso hanno un Club alpino con un sacco d'iscritti se comparato ai poco più di trentamila abitanti.
Di questa vocazione di trait d'union parlai con Alberto di Monaco nel giugno del 2002, quando assieme - io presiedevo il progetto del sentiero europeo attraverso tutte le Alpi noto come "Via Alpina" - inaugurammo un pezzo d'itinerario e mi fa piacere che il mio suggerimento di aderire ai programmi europei fu in effetti perseguito dal suo Paese.
Lui - mio coetaneo - era allora erede al trono, dunque Monseigneur, oggi da Prince si è sposato la bella Charlene in un ambiente da operetta accentuato dal gossip delle ore immediatamente precedenti.
Onori e oneri di un Principe.

Occhio alla topica

Il Cervino riflessoInvidio chi conosce a memoria i nomi di tutte le montagne della Valle e riesce, anche con un rapido colpo d'occhio ad una fotografia, a reagire, contestualizzando lo scatto e la prospettiva da cui è stato ritratto il panorama.
Io penso di avere una buona conoscenza del territorio valdostano e, fra giornalismo, politica e voglia di girare, ritengo di aver messo un buon fieno in cascina e di aver avuto la fortuna di vedere paesaggi valdostani anche meno noti. Per altro, non finisco mai di stupirmi nel trovare zone mai viste e siti che consentono visuali nuove e originali.
In diverse circostanze, ho poi avuto la fortuna di vedere la Valle dall'elicottero: ricordo, ad esempio, un volo con l'allora sindaco di Venezia, Massimo Cacciari, felice come un bambino e stupito dalla bellezza dei "nostri" 4000. Come ho già avuto modo di scrivere, ogni volta che sorvolo con aerei di linea la nostra Regione aguzzo lo sguardo e restano straordinari i ricordi di alcuni decolli e atterraggi sull'aeroporto "Corrado Gex".
Per questo mi dispiace vedere ogni tanto immagini che nulla hanno a che fare con la nostra Regione, specie quando ci si trova di fronte a qualcosa di macroscopico. È il caso della montagna, icona per definizione e per eccellenza di una cima ardita, denominata Cervino. Quante volte vedo riprese anche da noi foto che ritraggono questa celebre vetta dal versante svizzero e non è certo la stessa cosa.
In Svizzera, precisi come sono, non si farebbero scrupolo di segnalare eventuali errori, come appunto la presenza di immagini non coerenti con il proprio territorio. Si tratta di un'elementare ragione di rispetto.

Una vallata "sorella"

Una panoramica della Val di SusaLa Val di Susa è davvero assai simile alla Valle d'Aosta e i legami con la nostra Regione ci sono sempre stati. Tra l'altro, in chiave personale, la famiglia della mia nonna materna, Clémentine Roux (donna combattiva, dal grande impegno sociale, fondatrice della sezione femminile della "Jeune Vallée d'Aoste"), era originaria di quella vallata.
Ad accomunarci la cultura alpina, il particolarismo linguistico (da loro esiste il confine fra francoprovenzale ed occitano), la comune storia con i Savoia, la posizione geografica che ci pone come asse trasportistico Nord-Sud e anche lo sviluppo turistico dal dopoguerra ad oggi.
Quel che ci differenzia sta tutto nella mancanza, per loro, di strumenti di autogoverno e certe vicende drammatiche, come il forte sradicamento dalle tradizioni e il segno indelebile di una presenza mafiosa causato dai famigerati soggiorni obbligati, hanno colpito duro sull'identità valsusina.
Ma per quella vallata non si può che provare simpatia e partecipazione, specie nel solco di quella "Dichiarazione di Chivasso" che, nel 1943, ammoniva sulle conseguenze di una mancanza di autonomia politica delle vallate alpine. Il modello doveva essere quello di cantoni "specifici" dentro le Regioni che si sarebbero formate. Così per loro non è stato.
Ecco perché mi intenerisce parte della manifestazione, quella pacifica, svoltasi ieri contro la nuova ferrovia "Torino - Lione", opera che considero necessaria, ma quello di non essere stati a sufficienza all'ascolto delle popolazioni - come ho già scritto qui - è stato uno degli errori di partenza, trascinatosi sino ad oggi.
Intollerabile, invece, è la violenza. Su questo non si può essere ambigui o ammiccanti.

Gli eccessi del "dio mercato"

L'acqua, un affare?Ogni tanto in politica si creano delle discussioni improvvise. L'altro giorno al Gruppo dei liberali e democratici, di cui faccio parte in Europa, si trascinava stancamente - anche per colpa di un soporifero funzionario della Commissione - una discussione su di un rapporto in aula sul futuro dei servizi d'interesse generale, quando nelle cuffie sento la traduzione dell'intervento di un collega ungherese che cita, tra l'altro, l'esito dei referendum in Italia sull'acqua.
Penso che forse è bene intervenire e lo faccio poco dopo: in breve dico che il voto plebiscitario degli italiani va compreso, perché se è vero che liberalizzare e privatizzare non sono la stessa cosa, va anche detto che la percezione dei cittadini è che in certi settori la liberalizzazione non abbia sortito miglioramenti reali nei servizi o prezzi più bassi, anzi semmai le cose sono peggiorate.
Concludo e penso che verrò sbranato. Invece, uno dopo l'altro, intervengono colleghi di diversi Paesi: gli inglesi che lamentano i costi folli dell'acqua, la tragedia delle ferrovie privatizzate, le telecomunicazioni in tilt. Un francese annuncia la desertificazione in vaste zone dagli uffici postali o il mancato allacciamento d'energia elettrica in località marginali, un lituano parla del raddoppio delle tariffe dei sistemi di riscaldamento centralizzati delle città, lo svedese si arrabbia per la nascita generalizzata di monopoli privati peggiori di quelli pubblici.
Così si sceglie - e lo incasso come un buon risultato - il tema del seminario del prossimo anno: cosa non funzioni nell'uso eccessivo delle liberalizzazioni, quali siano i limiti di regole di concorrenza che uccidono la concorrenza, cosa determini il limite agli "aiuti di Stato" che privano intere zone di servizi essenziali che nessuno vuole fornire.
Non regge l'assioma semplificatore: "privato buono, pubblico cattivo". E un brivido percorre la sala quando si prefigurano gare per servizi sanitari, scolastici, di assistenza ad anziani e disabili.
Il troppo stroppia ed è bene rivedere alla moviola scelte e conseguenze di alcune politiche di questi anni. Il mercato va bene, il "dio mercato", come idolo della modernità, vacilla.

Finanziaria "monstre"

Tristezza economica...Aspettando l'esito delle verifiche del Quirinale sul decreto legge, specie sulla tanto discussa norma in materia civilistica sul "lodo Mondadori", ho cominciato a scorrere, come avevo detto, il testo impressionante del provvedimento "Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria". Un testo corposo e complesso che fa davvero paura e per capirlo sino in fondo ci vorrà il tomo dell'Ufficio studi di Camera e Senato perché certi riferimenti sono sottilissimi.
Da "praticone" della legislazione, che si impara molto nella pratica e questa l'ho fatta, devo dire che ci sono elementi di macroscopica preoccupazione per la nostra Valle, come già desumibile dalle anticipazioni filtrate nelle scorse ore.
C' è poco da stare allegri per la nostra Regione e per i nostri Comuni su diversi argomenti, come il lunghissimo articolo su "l'approvvigionamento di beni e servizi", quello sul "contenimento delle spese in materia di pubblico impiego" e un altro sulla "razionalizzazione della spesa sanitaria" (pur da noi autofinanziata) e lo stesso vale per gli interventi pesantissimi nella "razionalizzazione della spesa relativa all'organizzazione scolastica", a cui sarà difficile sfuggire pur se interamente "coperta" da nostri fondi regionali.
Ma il peggio del peggio sono i nuovi sofisticati e minacciosi (sul ruolo occhiuto della Corte dei Conti) contenuti del "Patto di stabilità interna" che graverà non poco, ad esempio laddove spazia alle società a partecipazione pubblica ("partecipate").
Mi fermo qui, perché non vi voglio tediare, ma certo nelle prossime ore Regioni e Comuni giocheranno una partita difficile.

Manutenzioni e code

Un'immagine del traffico sulla A5Capisco che non sia facile organizzare i cantieri autostradali sulla "Quincinetto - Aosta", specie quando l'età di un'opera stradale incomincia ad obbligare a importanti manutenzioni.
Ma continua ad esserci qualcosa che non funziona, come dimostrato dalle code mostruose di domenica al rientro, in parte riversate sulla statale, che hanno costretto ad un certo punto a chiudere l'autostrada a Verrès per i mezzi in salita per aprire in discesa le gallerie di Montjovet, altrimenti - con la chiusura del tubo verso Aosta - costrette al doppio senso di marcia nella sola carreggiata disponibile.
D'altra parte chi vada a vedere il cantiere "incriminato", che è il solito rifacimento di parte del cavalcavia (una maledizione la scelta di avere dei lunghi ponti fra l'uscita delle gallerie di Montjovet e Châtillon), verificherà che nessuno lavora il sabato e la domenica e gli orari in settimana non sono forsennati e non ho mai visto un numero di addetti che sarebbe invece giustificato dall'importanza del cantiere.
Perché i rischi del doppio senso di marcia in gallerie vecchie come il cucco sono enormi con i TIR che ti passano a pochi centimetri e basta una panne per bloccare tutto.
Che si sarebbero creati la domenica degli ingorghi era prevedibile, aggiungendosi poi qualche chilometro dopo l'ennesimo cantiere per la posa di nuovi guard-rail per sostituire quelli decrepiti: operazione che procede così a rilento negli anni da lasciare stupiti.
Andrebbe ricordato che questa autostrada fa parte della "Rete transeuropea dei Trasporti" e dunque la delicatezza delle scelte non è un fatto solo locale e legato ai ritmi delle società impegnate nei lavori che, incidentalmente, sono quasi tutte del proprietario di maggioranza della società autostradale.

Il grande Einaudi

Nel 1944, sulla "Gazzetta ticinese", perché era esule in Svizzera dove ebbe modo di conoscere e frequentare mio zio Severino Caveri, Luigi Einaudi - il grande economista piemontese, che sarà poi Presidente della Repubblica, confermando un’amicizia con i valdostani - scriveva un celebre articolo in cui propugnava l’abolizione di Prefetti e Province.
In questi giorni in cui, in maniera gattopardesca la Camera dei Deputati ha bocciato la proposta costituzionale meritoria dell'Italia dei Valori che proponeva l'abolizione delle Province e in cui un Ministro leghista come Roberto Maroni, buttando via il suo pensiero federalista, non perde occasione per esaltare il ruolo dei Prefetti che sono suoi dipendenti quale Ministro degli Interni, vale davvero la pena di rileggere il contenuto di quella visione profetica di Einaudi.
L'unico posto in cui la sua suggestione si è concretizzata - via il Prefetto e abolizione della Provincia - resta la pur piccola Valle d'Aosta.

Il maiale alla Heidi

Maiali di montagnaHo ascoltato Edoardo Raspelli, giornalista e critico gastronomico di grande esperienza, nel corso della recente inaugurazione di una nuova parte, dedicata all'accoglienza, della "Maison Bertolin" ad Arnad. Ha ripetuto in quell'occasione una lode per chi, come il fondatore prematuramente scomparso, il caro Rinaldo Bertolin, aveva intrapreso in tempi difficili la strada della valorizzazione dei prodotti del territorio, imponendo sul mercato sino al raggiungimento della "DOP - Denominazione di origine protetta" una prelibatezza particolare e di non facile commercializzazione come il "Lardo di Arnad".
Raspelli ha ripreso nell'intervento un suo "cavallo di battaglia": avere per le lavorazioni maiali "valdostani". Oggi, infatti, il disciplinare della "Dop"  consente - come per il Jambon de Bosses - di "importare" maiali, che poi vengono lavorati ad Arnad, da altre Regioni italiane ("padane", direbbe Umberto Bossi), specializzate in allevamenti suini. Non è una novità, nel settore degli insaccati, l'uso di carni di provenienza esterna  e lo si vede per prodotti come il prosciutto di Parma, lo speck sudtirolese e la bresaola valtellinese. Quel che contano sono  il procedimento di lavorazione e la successiva stagionatura.
Per altro, chi ricordi la porcilaia a suo tempo costruita e poi chiusa ad Arnad o abbia visto allevamenti intensivi di pianura capisce bene i giganteschi problemi ambientali e igienici sottesi a certe presenze. Sino a quando il lardo era un prodotto a consumo familiare o per una ristretta cerchia di consumatori, a livello esclusivamente artigianale, i "maiali autoctoni" bastavano e avanzavano. Il livello industriale e ritmi produttivi a copertura di mercati vasti pretendono un numero di maiali da lavorare che non potrà mai essere assicurato da allevamenti locali.
Non si può escludere che si possano ricavare nicchie particolari di mercato che consentano una filiera tutta valdostana, magari usando quella marchiatura aggiuntiva "montagna" che l'Europa si appresta a decidere nella revisione dei marchi di qualità (scelta che non c'entra con il nuovo articolo 174 dei Trattati che prevede le zone di montagna come zone "particolari" nel quadro della coesione territoriale, ma è comunque nello stesso filone).
Mi viene ancora da ridere quando penso al mio amico Alberto Capietto, quando tagliava gran fette di prosciutto di Bosses alle feste natalizie a Bruxelles della nostra Regione con i "vip" delle Istituzioni europee - e molti di loro conoscevano la Valle - e descriveva la vita felice del "cochon" valdostano, un modello alla Heidi porcino ("ti sorridono i monti", diceva la canzoncina), persino felice un giorno di immolarsi per diventare uno "jambon" prelibato. Gli ospiti mangiavano estasiati da questa aneddotica fiabesca, pensando  a questo sacrificio supremo del maiale, martire per i loro stomaci...

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