December 2010

Che notte, questa notte...

Viaggiatori accampati all'aeroporto di GinevraNon mi era mai successo a Ginevra: un volo per Bruxelles cancellato perché l'aereo è atterrato a Zurigo e quello successivo - quando sono a bordo speranzoso - resta a terra e i passeggeri sbarcano attoniti, essendo stato chiuso l'aeroporto. La causa di tutto una nevicata che, pur prevista, blocca la Svizzera, Paese alpino.
Nulla da tregenda ma la neve ormai è un fatto straordinario, tanto da bloccare migliaia di viaggiatori, che diventano ostaggi.
In un caos di bagagli sbarcati e da ritirare e di code furibonde alle biglietterie, inizia la notte. Non c'è una stanza d'albergo libera a Ginevra e dunque la stanza diventa l'aeroporto: tutti a cercarsi un angolino, prevalentemente per terra, in una specie di accampamento multietnico.
I bar chiudono lasciando passeggeri affamati e assetati, mentre il domani è incerto per voli brevi e lunghi. Una voce al microfono, unica espressione della civiltà elvetica, invita a rientrare a casa con mezzi propri, perché quelli pubblici sono in tilt.
Ho provato a dormire, ma tra russare, tossire, corse di ragazzini, capannelli di ciucchi, computer e telefonini a gogò è meglio la veglia.
Per fortuna, in piena notte, "arrivano i nostri". Alcuni addetti - questi erano gli ordini - arrivano con decine di alberi di Natale rosso fuoco per gli addobbi di fronte agli occhi straniti del mondo dei passeggeri furizombie (neologismo che mi permetterete).
Dal vostro cronista notturno: passo e chiudo.

Un incredibile time out

La sabbia che scorre nella clessidraIl "time out" (cioè l'interruzione di gioco caratteristica della pallacanestro) non l'avevo mai vista in politica.
Ed invece, nel lungo trascinamento dall'estate ad oggi della crisi, è capitato anche questo: la Camera dei deputati chiude per una settimana in attesa della discussione sulla fiducia e il voto conseguente, pur di fronte ad argomenti di grande urgenza, ma si vogliono evitare turbolenze prima della fiducia.
Tutti i segni mostrano che, alla fine, l'ipotesi più probabile, di cui ho spesso parlato, resta quella delle elezioni anticipate nella primavera del prossimo anno. Salutare resa dei conti per evitare giochi e giochetti, anche se la congiuntura internazionale sconsiglierebbe la "vacatio" elettorale, ma piuttosto di evocare i principi, in certi casi, è meglio dotarsi di robusto realismo e le attese fanno male anche all'economia.
Non sfuggono gli elementi tattici che gli uni e gli altri adoperano in questa fase per situarsi nella migliore posizione e a fare da bussola risultano decisivi i sondaggi senza i quali oggi nessuno sembra assumere decisioni. Un "egoismo" degli schieramenti politici che è reso possibile da regole costituzionali poco stringenti e da prassi consolidate da tatticismi parlamentari.
C'è da invidiare quei Paesi dove, al primo venir meno di quelle che in politichese si chiamano le "condizioni politiche", ci si avvia al voto senza tanti patemi d'animo. Anche se il voto è diventato nel caso italiano una blanda medicina.

Il mio intervento in Consiglio Valle sulla manovra finanziaria

Il sottoscritto durante il Consiglio Valle del 2 dicembreQui sotto potete ascoltare il mio intervento di giovedì 2 dicembre in Consiglio Valle sulla manovra finanziaria regionale. Spero che si capisca che è stato fatto "senza peli sulla lingua".
Dovendo aggiungere qualche cosa, rispetto anche al complesso degli interventi, vorrrei solo osservare che resta - a mio modesto avviso - piuttosto indeterminato il ruolo attuale del PdL, per altro diviso al proprio interno come dimostrato dall'intervento di Enrico Tibaldi.
Sarà il tempo e l'insieme degli avvenimenti a Roma del post fiducia (o forse post sfiducia) a "illuminarci" sulle prossime tappe e credo che ciò sarebbe utile per elementari ragioni di chiarezza.


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Il coraggio di scrivere

Gianni TorrioneConosco Gianni Torrione da tanti anni: un'espressione della "bourgoisie" aostana e di quella parte "progressista", che c'è sempre stata in città dai tempi della Rivoluzione francese sino ad oggi.
Dotato di un'eloquenza naturale e spiritosa, che nella poesia - suo porto segreto - si trasfigura in un'introspezione con un velo di malinconia, Torrione è stato in politica fra gli anni Sessanta e Ottanta, prima in Comune ad Aosta, dove è stato sindaco, e poi consigliere regionale del Partito socialista, sfiorando una volta l'elezione in Parlamento.
Lo ricordo bene nell'emiciclo di Palazzo regionale, con la sua figura snella ed elegante, in quei Consigli Valle d'antan dove certe personalità erano straordinarie e gli scontri epocali. Come giovane cronista, assistevo con interesse e divertimento ai dibattiti.
Di recente Torrione, che a dispetto dell'età non ha perso curiosità intellettuale e gusto della ricerca, ha scritto il libro "Tàppa Lo ba - Buttalo giù. 1946 - Valle d'Aosta tra autonomia e annessionismo. Cronaca giornalistica di un anno difficile". Molto della pubblicazione - con la foto di copertina del figlio Stefano che fa vedere il celebre balcone dell'ufficio del Presidente della Valle - è dedicato a due figure cardine dell'epoca: Federico Chabod (che venne appunto, come da titolo, minacciato di essere fatto cadere) e Severino Caveri (antagonista che prese in seguito il ruolo di Presidente).
L'espressione "cronaca giornalistica" penso che valga per due ragioni: l'uso per il libro delle fonti giornalistiche di allora e anche la necessità di prendere una qualche distanza dagli storici di professione. 
Certo è che Torrione non si tira indietro con ricostruzioni e interpretazioni, assumendosi a pieno la responsabilità di quanto dice. Io non so se abbia sempre ragione, specie su mio zio e i suoi comportamenti, ma gli va riconosciuto il coraggio di parlare di temi che non tutti, a 65 anni dai fatti, affrontano volentieri e non a caso la nostra storia contemporanea è piena di buchi.
Gli regalo, pensando ai bei verger del centro di Aosta spesso nascosti alla vista, questa frase di Félix Leclerc: "Ce n'est pas parce que je suis un vieux pommier que je donne de vieilles pommes".

Un vecchio caprone

Capre (espiatorie?) al pascoloL'umorismo è una panacea: assomiglia a quelle maniglie sui treni che servono per l'arresto rapido. Quando ne hai voglia, tiri e sei a posto perché certe situazioni si sdrammatizzano.
Ci pensavo di fronte ad un forte nervosismo di queste ore in Consiglio regionale, che dimostra come le assemblee legislative - ed il Consiglio Valle lo è - siano eredi di quella grande intuizione di stabilire l'esistenza di luoghi fisici di discussione dove gli scontri guerreschi diventassero scontri verbali. Una sorta di simulazione della guerra.
Ricordo il bel libro "Un ethnologue à l'Assemblée" di Marc Abélès, che dieci anni fa - in un filone di antropologia politica - descrisse l'Assemblea nazionale francese, annotando riti e comportamenti con lo stesso spirito d'osservazione che normalmente sarebbe stato dedicato da un antropologo alla descrizione di una tribù amazzonica.
Ecco perché certe tensioni che si creano in politica vanno relativizzate, come è appunto il caso di scuola del ruolo attuale del PdL in Consiglio regionale. Chiunque, come me, chiede il rispetto di regole, procedure e di discutere del caso (dubitando, credo legittimamente, sull'opportunità dell'ingresso), cercando di uscire da una situazione ambigua di un "limbo" fra maggioranza e opposizione, diventa così per i fautori dei nuovi scenari un "nemico" che disegna chissà quale rete di complotti o finisce per essere considerato - come ci insegna proprio l'antropologia - "capro espiatorio".
La definizione è nota:  "è colui sui quale vengono fatte ricadere le colpe di altri, o che volontariamente se le assume, sacrificandosi per loro. Presso gli antichi ebrei, secondo un rito seguito anche in altre religioni, ogni anno nel giorno dell'espiazione, o kippu'r, il sommo sacerdote liberava un capra nel deserto dopo avergli simbolicamente caricato addosso le colpe di tutta la comunità".
Tiro l'arresto rapido, mi avvio verso il deserto e belo.

Lo Charaban in televisione

La grafica di presentazione del palinsesto natalizio di Rai VdADa lunedì sino a giovedì della prossima settimana, in una logica prenatalizia, i programmi regionali di "RaiVd'A" propongono, una per sera, le pièces teatrali presentate al pubblico qualche giorno fa dallo "Charaban".
Sul loro sito, così si presentano: "Lo Charaban è una compagnia teatrale dilettantistica che recita in dialetto valdostano (il patois). E' nato ad Aosta nel 1958, quasi per scherzo da un'idea di René Willien (ideatore e fondatore, amante delle tradizioni della Valle d'Aosta, deceduto prematuramente nel 1979). Grazie però alla grande passione dei suoi componenti che hanno saputo in quegli anni riprendere in mano il timone, oggi lo Charaban conta ormai 50 anni di attività. [...] Dai primi spettacoli del 1958 in una sala teatrale di dimensioni ridotte è passato oggi a fare il "tutto esaurito" per una settimana intera di repliche nel più grande teatro della città, il "Teatro Giacosa di Aosta". La compagnia, (data la non professionalità dei componenti, in effetti sia gli attori che i macchinisti sono tutti dilettanti ai quali piace ritrovarsi per lavorare insieme nell'intento di dare un contributo alla salvaguardia del patois e delle tradizioni valdostane) si presenta al pubblico solamente una volta all'anno quasi sempre a fine novembre, e questo per i tanti appassionati è diventato ormai un appuntamento irrinunciabile, al punto che si è disposti a fare la coda al botteghino dal giorno precedente. Tutte le commedie recitate in questo mezzo secolo hanno raccontato in varie forme, (ironica, comica, satirica), la vita familiare le usanze, la politica, le varie forme di vita sociale, della Valle d'Aosta cercando di stare al passo dell'evoluzione della società dal dopoguerra ad oggi".
Proporre le commedie in televisione non solo è un riconoscimento della dignità di lingua del franco-provenzale, ma permette anche tutti quelli che non hanno potuto andare direttamente a teatro di poter vedere gli spettacoli.
Il fenomeno teatrale in Valle è interessante: ci sono le compagnie di appassionati in diversi comuni che, riuniti nella "Federachon", animano nel patois assai diversi fra loro la rassegna primaverile; ci sono alcuni compagnie professionali che, in italiano e francese, propongono spettacoli, specie a vantaggio delle scuole.
Certo manca un'"istituzione". Ricordo come, osservando il fenomeno del "Teatro Stabile" di Bolzano che opera ormai da sessant'anni, in occasione di una dei molti tentativi di riordino del sistema teatrale italiano, feci un pensiero sull'opportunità di presentare un emendamento per avere anche noi qualche cosa del genere, magari con attenzione a questa nostra ricchezza del pluralismo linguistico. Ma ogni riforma si arenò.

La saggezza di un antico ragazzo

Bobo PernettazBobo Pernettaz "svolta". Lascia il negozio "Brivio" ad Aosta, che con la moglie Chicca rilevò da quella personalità che fu Liliana Brivio, allargandone l'attività oltre i confini della vecchia cartolibreria, e si dedica a tempo pieno alla sua produzione artistico-artigianale.
Un ritorno a Brusson, terra d'origine della famiglia, anche se lui è cresciuto a Verrès, inseguendo la sua vena artistica con quel misto di bizzarria, svagatezza che è, nella maturità, riscoperta delle proprie radici e il ritrovare una libertà un po' anarcoide che è insita nel valdostano.
Se lo ricordo ragazzo, quando era scapestrato (modernamente "cazzone") e dedito al calcio professionistico, il suo sorriso contagioso ne faceva un capobanda e il tempo invece lo ha trasformato in un autodidatta curioso e onnivoro, persino vezzoso nel voler stupire con le sue conoscenze letterarie.
Riversa oggi le sue esperienze, l'istinto e le diverse culture di chi è nato negli straordinari anni Cinquanta, assemblando legni "esausti" in figure stilizzate e in rilievo (tridimensionali, diremmo in epoca di "3D") sul mondo, inseguendo l'anima dello zio Geppo, il falegname che gli ha fatto scoprire il legno e le sue bellezze.
In realtà ha deciso di dedicare più tempo a sé stesso ed è un segno di saggezza di fronte al tempo che fugge anche per un eterno ragazzo.

Caleidoscopio 7 dicembre

Jean KouchnerRicordo l'appuntamento con la tredicesima puntata di "Caleidoscopio", la rubrica radiofonica di "Rai VdA" condotta da Christian Diémoz.
La trasmissione si aprirà con l'intervista al giornalista e scrittore Jean Kouchner, autore del libro "L'odeur de la neige" con il racconto di alcuni incidenti sulle montagne della Valle. Seguirà un ricordo del "Chevalier de l'autonomie" Lin Colliard con una vecchia testimonianza in cui, alcuni anni fa, ricordava la nascita dell'Archivio storico ragionale. 
Michela Ceccarelli proporrà, con il solito taglio della sua rubrica, alcune riflessioni sull'impresa innovativa e, per concludere, l'analisi, nella rubrica "Un libro, un disco" di Diémoz, dei racconti "Vita di Guido Negri" e "Micrangelie", terza uscita della collana "Corpo sedici" delle edizioni "Le Château".
Appuntamento alle ore 12.35 circa, sulle frequenze di "RadioUno", occupate a quell'ora da "RaiVd'A".

La terribile attesa

Yara GamberasioHo seguito, come tutti, la vicenda - ormai dai toni drammatici - della scomparsa della ragazzina bergamasca Yara Gamberasio, apprezzando la sobrietà della famiglia e della popolazione.
Nulla a che vedere con il clima indecoroso e grottesco dell'altro delitto, quello di Avetrana, che ha creato un circo mediatico attorno all'assassinio della giovanissima Sarah Scazzi. Questa considerazione vale anche per la giornata di ieri, quando il fermo del giovane marocchino, come sospettato di omicidio e di occultamento di cadavere, ha creato evidenti tensioni nel Bergamasco.
Forse il fatto di avere una figlia coetanea della povera Yara ha creato in me una partecipazione ancora maggiore. Credo che quel che è successo sia il peggiore incubo per un padre e una famiglia: un dolore indicibile e straziante. Immagino che cosa voglia dire una giornata come quella di oggi con i volontari impegnati nelle ricerche in una lunga attesa carica di dolore.
Certo che nella stessa domenica fra la storia luttuosa dei ciclisti falciati in Calabria da un marocchino pirata della strada, pure drogato, e Yara - con il sospetto che possa essere stata uccisa da un altro marocchino - vanno in pezzi, pur ingiustamente perché ogni generalizzazione sarebbe sbagliata, molti dei tasselli della convivenza.
Far finta di niente sarebbe ipocrisia.

Siamo sopravvissuti

La '2CV' della CitroënUna mia amica valdo-svizzera mi manda una cosina simpatica - che ho già visto altrove, ma meno dettagliata - che parte dalla domanda: "T'as grandi au cours des années 50, 60, 70...?". Purtroppo sì, al primo decennio e la risposta porta all'altra domanda: "Comment as-tu pu survivre?".
Così comincia l'elenco, che vi lascio senza i disegnini annessi, compreso qualche punto che può apparire "politicamente scorretto":


  1. Les autos n'avaient ni ceintures de sécurité, ni appuie-tête, ni air-bag, ni "gps";
  2. Sur le siège arrière on se marrait!!! Et c'était pas dangereux;
  3. Les lits à barreaux et les jouets étaient multicolores ou au minimum peints avec des laques "douteuses" contenant plomb ou autre poison;
  4. Il n'y avait pas de "sécurité enfants" sur les portes de voitures, ni sur les prises de courant, encore moins sur médicaments ou autres nettoyants chimiques domestiques. Les parents les planquaient, c'est tout;
  5. Il n'y avait pas de casque pour faire du vélo;
  6. On buvait à même le tuyau d'arrosage et pas des eaux minérales en bouteilles stériles;
  7. On construisait des caisses à savon, et ceux qui avaient la chance d'habiter pas loin d‘une route en pente pouvaient tenter d'établir des records de vitesse et même de constater, à mi-chemin, qu'on avait "économisé" sur les freins. Après quelques accidents, ces petits problèmes étaient résolus;
  8. On osait aller jouer. Il fallait juste rentrer à la maison avant la nuit, il n'y avait pas de portables... Et personne ne savait où on trainait! Incroyable...
  9. Nous avions école jusqu'à midi et l‘on rentrait manger à la maison à pied.
  10. Éraflures, bras cassés, dents brisées, coudes écorchés: personne ne se serait plaint.
  11. Personne avait tort si ce n'était nous-mêmes;
  12. On avalait des sucreries, du pain beurré, des boissons riches en sucre... On ne parlait pas d'obésité et nous étions actifs...
  13. On se partageait à quatre une limonade au goulot… nul n'en est mort...
  14. Pas de: "Playstation", "Nintendo", "Facebook", "Twitter", Home Cinema, wifi, adsl, triple play, iPod, tv 150 chaines, portable, ordinateur, chat sur Internet... Seulement des copains…
  15. A pied ou à vélo, on allait chez les copains, même s'ils habitaient à des kms, on entrait sans frapper;
  16. Si si! Dehors, dans ce monde gris... et tout ça, sans surveillance! Pas possible!
  17. On jouait au foot avec une seule cage et si on perdait... pas de frustration, ni de "fin du monde"; Il y avait bien des élèves un peu "retardés" qui redoublaient. Baahh… Personne n'allait chez le psychologue ou psychopédagogue;
  18. On ne parlait pas de dyslexie, de problèmes de concentration ou d'hyperactifs, on redoublait simplement l'année et chacun avait sa chance;
  19. Nous avions libertés, revers, succès, devoirs... et on apprenait à faire avec…

La seule vraie question est: comment avons-nous fait pour survivre???

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