November 2010

Perché son federalista

La coppia Saviano-Fazio, premiata dall'Auditel con clamorosi indici d'ascolto, ha proposto - con un divertissement di cui non sfugge la portata politica - a due autorevoli esponenti Pier Luigi Bersani e Gianfranco Fini di parlare, rispettivamente, dei valori della Sinistra e della Destra in un paio di minuti.
Un esercizio difficile con il rischio incombente della genericità e della retorica. Mi piacerebbe, spiegando perché mi sento federalista, tentare lo stesso gioco.

Rara avis

La nebbia al mio ritorno da BruxellesIeri, rientrando in aereo da Bruxelles, pensavo alla nebbia e a quanto in passato fosse un problema per chi viaggiava, prima che i cambiamenti climatici ne riducessero di gran lunga la presenza. Ricordo, ad esempio, quando da poco tempo avevo la patente - sarà stato il 1977 - e mi ritrovai a Torino in un banco così fitto da costringermi a salire su di un marciapiede in attesa che in qualche maniera quel muro invalicabile svaporasse.
Spesso sull'autostrada "Aosta - Torino" il limite era davvero il forte di Bard, dove vedevi apparire, scendendo verso la pianura, quella bruma che segnava un passaggio fisico fra noi e la nebbia che ti attendeva poco dopo.
Ma il vero incubo, tra gli anni Ottanta e Novanta, quando ero un "forzato" del pendolarismo su Roma con l'aereo, era il domino della chiusura degli aeroporti del Nord: ricordo una volta in cui, chiusi la destinazione "Caselle", "Levaldigi" (Cuneo era utile perché lo scalo più vicino), "Malpensa" e "Linate" per nebbia e chiuso Genova per vento, mi ritrovai su di un aereo in volo, in attesa di una destinazione in un crescendo d'apprensione, che ci portò alla fine a Nizza con simpatico trasferimento in pullman su Torino...
Devo averla chiamata, la nebbia, e così stamattina - "rara avis" nei nostri cieli - me la sono ritrovata sull'autostrada da Saint-Vincent ad Aosta con una presenza svolazzante anche sulla città di Aosta.

Una brutta vicenda

Giovanni MorzentiHo già scritto come l'attuale Presidente della "Federazione italiana sport invernali - FISI", Giovanni Morzenti, non sia stato corretto - e sono dispiaciuto di essermi fidato di certi impegni - sul rientro della Valle d'Aosta nel circuito della "Coppa del Mondo". Promesse tante, risultati zero e questo è vergognoso. Ma l'Asiva, cioè la nostra organizzazione degli sport invernali, ha nuovamente e malgrado tutto appoggiato Morzenti alla Presidenza, che ora scricchiola, e sarà interessante capire bene come si schiereranno ora i nostri dirigenti sportivi.
Ricordo infatti la condanna a quattro anni e sei mesi di reclusione, di cui due condonati, per concussione (oltre all'interdizione perpetua dai pubblici uffici) da parte del tribunale di Cuneo, che ha portato oltretutto alla "sospensione" di Morzenti (da lui chiamata «autosospensione>) dalla carica di consigliere dalla "Federazione internazionale dello sci - Fis", mentre nessuna misura analoga per condanne penali esiste, per il primo grado di giudizio, per la Federazione nazionale e Morzenti ha già detto - ma lo poteva fare solo in Italia - «io resto!»
Una Presidenza ulteriormente in difficoltà, dopo che la commissione di Giustizia e disciplina di secondo grado della "Fisi" ha accolto il ricorso presentato dal "Sai - Associazione Sci Accademico Italiano" di Roma, per l'annullamento, a causa di irregolarità, dell'assemblea elettiva federale dello scorso 24 aprile, dove Morzenti vinse per pochi voti sul suo antagonista.
Insomma un brutto clima, imbarazzante e dannoso a livello internazionale e greve in Italia. Ci vuole aria nuova e ci vogliono interlocutori seri sia per le legittime aspirazioni valdostane sia per un mondo dello sci agonistico italiano la cui crisi si riflette anche sulla popolarità di uno sport a detrimento di tutto ciò che ruota attorno all'economia legata allo sci, che è già tutt'altro che florida.

L'assenza del mito condiviso

I simboli del RisorgimentoL'altro giorno discutevamo dei 150 anni di unità d'Italia con Sergio Soave, che è mio collega al "Comitato delle Regioni", ma soprattutto professore di Storia contemporanea all'Università di Torino. Io osservavo che nessuno sa che ci saranno delle celebrazioni, lui mi diceva del suo ricordo nitido - era ragazzino - dell'esposizione di Torino per il centenario, nota come "Italia 61", i cui resti sono ancora ben visibili e io stesso mi ricordo di essere stato colpito da bambino da quelle architetture avveniristiche.
Soave testimonia di un clima diverso: il Risorgimento non era ancora, come oggi, una parola per nulla evocatrice. Esisteva un entusiasmo, in quell'epoca, che finiva per confluire nelle celebrazioni, tingendole di ottimismo.
Oggi, per i giovani, il Risorgimento è un capitolo nel libro di storia senza particolari ragioni d'interesse e già a me studente parevano non molto più una sequenza di guerre d'Indipendenza. E il clima - da qualunque angolatura lo si voglia osservare - è di una crisi generale, un'aria dei tempi priva di entusiasmi, che stracca.
Del vizio di fondo ha scritto, su "Sette", Angelo Panebianco, rifacendosi proprio alle vicende risorgimentali: "Lo Stato unitario si trovò, fin dai primi momenti della sua formazione, a fare i conti con due macigni: l'opposizione dei cattolici e la divisione Nord e Sud. Il Risorgimento non arrivò così a costituire quel mito politico (nazionale) fondante, capace di catturare, borghesia liberale a parte, generalizzate adesioni".
"Nemmeno la Repubblica - chiude Panebianco - è riuscita a creare un mito condiviso".
E le cose stanno franando.

Niente gita...

Studenti manifestano contro i tagliCredo di aver già spiegato, in un "Calepin" di qualche giorno fa, le ragioni della situazione piuttosto astrusa di un corpo insegnante che è in Valle dipendente dalla Regione ma con regole contrattuali e "status giuridico" derivante da decisioni nazionali.
Inutile tornarci sopra.
La questione, tuttavia, riguarda in qualche modo quel blocco delle gite scolastiche, che ha colpito anche la Valle, per il venir meno di quell'indennità che gli insegnanti-accompagnatori ottenevano. Se ho ben capito, l’occasione è anche colta come pretesto per protestare contro la sostanza: il blocco contrattuale, che segue ad un lungo periodo di dichiarazioni diverse, nel senso di una maggior remunerazione, rese da tutti gli ultimi Ministri competenti. Molte altre ragioni di protesta - penso ai tagli del personale scolastico - in Valle non agiscono.
Devo dire che le gite scolastiche, già ridimensionate per ragioni di responsabilità degli insegnanti specie in certe scuole dove l'indisciplina ha assunto livelli allarmanti, mai come oggi sono indispensabili per ragazzi in astinenza di socialità a causa di un contesto generazionale e dunque spiace questo blocco che li priva di un'esperienza che ognuno penso che ricordi con nostalgia.
Io me le ricordo bene, nel loro crescendo: museo egizio di Torino, lago d'Orta, Portofino, Firenze, Siena, Parigi...
Forse, salvaguardando il nocciolo della protesta, sarebbe possibile coinvolgere i genitori per non lasciare i ragazzi a bocca asciutta.

Uno strano progetto

L'articolo del 'Nouvelliste'"Soleil-Valais A-t-il besoin d'un tunnel pour Châtillon?" Leggo questo titolo sul "Nouvelliste" su di un'intervista a un albergatore vallesano, Peter Bodenmann, dedicato ai problemi dell'energia. Il tono è, per capirci, di questo genere: "Le Valais a une surface de 5224 km carrés. Un pour-cent de cette surface suffit pour produire, à partir de cellules photovoltaïques, davantage d'électricité que les barrages. Est-ce que cela entraînerait une dégradation du paysage? Ou serait-ce plutôt la grande chance économique et écologique du canton?"
Più avanti l'intervistato si infila in una strana spiegazione: "Une approche à vérifier: l'injection de 1,5 million de mètres cubes d'eau potable et turbinée dans une caverne. Une eau que l'on pourrait repomper vers le bassin d'accumulation en cas de besoin. Le Rhône serait ainsi ménagé.
La caverne aurait la forme d'un tunnel, reliant le Valais à Châtillon, dans le Val d'Aoste. Ce tunnel permettrait au surplus d'envoyer en Italie le courant produit par "Soleil-Valais". Ainsi, nous n'aurions pas à construire de nouvelles lignes électriques. Mais nous pourrions démanteler les lignes existantes.
Incroyable, tout cela? Bien plutôt, il est incroyable que nous ne puissions pas penser aussi loin. Autrefois, Roger Bonvin et Albert Coudray avaient esquissé des plans. Aujourd'hui, au tour des experts de l'Etat - de Plaz à Brakelmann - d'être interpellés"
.
Questa la curiosa proposta di cui non ho trovato nulla altrove. Direi, comparandolo con una diga come "Place Moulin", che il quantitativo d'acqua citato è troppo basso per questa singolare centrale elettrica sotterranea (se ho ben capito) dal Vallese sino alla Valle d'Aosta, utile anche, nell'immaginifica proposta, per trasportare l'energia.
Chissà che qualcuno più bravo di me, come investigatore, non possa dirci di più!

Caleidoscopio 23 novembre

Oliviero Beha"Caleidoscopio", il settimanale radiofonico di "varia umanità" di "Rai VdA", condotto in studio da Christian Diémoz (che ha sconfitto un'afonia stagionale con la pizza all'acciuga!), raggiunge le undici puntate.
Nelle interviste ci occuperemo della donazione degli organi e del superamento di una temporanea crisi nei trapianti assieme a Claudio Latino, presidente regionale dell'Aido. Spetterà poi allo scrittore e giornalista Oliviero Beha, in Valle per presentare il suo ultimo libro, commentare alcuni aspetti della situazione politica nazionale. Sarà Michela Ceccarelli a raccontare della recente proiezione del film muto di inizio novecento, in versione restaurata, del film storico "Gli Spazzacamini della Valle d’Aosta".
A conclusione della ventina di minuti del programma, lo stesso Diémoz, nella sua rubrica "Un libro, un disco", presenterà il libro di Federico Gregotti Zoja, "Barlumi Francesi".
Appuntamento, come ogni martedì sino a giugno, alle ore 12.35 circa sulle frequenze di "Radio1".
Restate in ascolto, sperando di riuscire, prima o poi, a proporre il podcast della trasmissione.

Non è stata una passeggiata

Abbiamo vinto un altro braccio di ferro!Ieri ero convinto che la riunione della "Commissione Paritetica Stato - Valle d'Aosta" sarebbe stata una passeggiata, dopo il rinvio di una settimana fa, quando i membri di parte statale (Dario Frassy, Luigi Melica e Carmine Volpe) erano caduti dalla nuvole nel momento in cui - per mia voce - la parte regionale (Adolfo Angeletti, Renato Barbagallo e chi vi scrive) aveva chiesto, nel rispetto dell'accordo sul federalismo fiscale, che si approvasse lo schema di norma d'attuazione sul nuovo ordinamento finanziario della Regione.
Ed invece la parte statale non voleva proprio sentirne parlare con motivazioni rispettabili ma speciose, volendo rinviare tutto al 13 dicembre. Tira e molla, discuti e argomenta, alla fine un compromesso: voto della Paritetica, ma trasmissione immediata solo dopo l'approvazione della legge statale di Stabilità (un tempo "Finanziaria") al Consiglio regionale per il suo parere, consentendo ad inizio anno il varo definitivo del Consiglio dei Ministri.
Un compromesso di cui ho steso anche il testo da inserire nel verbale, ma resta la sgradevole impressione di una tattica ostruzionistica immotivata quando la parte statale rappresenta il Governo che l'accordo lo ha firmato, garantendo celerità, visto fra l'altro che il bilancio regionale è già stato conformato all'accordo stipulato. Il rispetto dei patti dovrebbe essere prioritario senza invocare il Diritto come dio in terra.
Evidentemente c'è altro.

Sergio sta risalendo il sentiero

L'avvocato Badellino nell'immagine pubblicata da 'Repubblica'"Bisogna amarsi molto per suicidarsi". Così scriveva Albert Camus e vorrei che questo valesse per il mio amico Sergio Badellino, grande avvocato penalista torinese, che ieri ha deciso di uccidersi con un colpo di pistola.
Sergio era un uomo all'antica, tutto d'un pezzo, un conservatore di estrema destra per eccellenza, ma anche un bon vivant cui piacevano la motocicletta, la vela, l'immersione subacquea e su tutto la montagna, anzi la Valle d'Aosta.
Il suo lavoro lo portava a girare aule di Tribunale e la Cassazione con storie le più varie: dai grandi delitti (come il celebre "caso Pan") al terrorismo (fu parte civile di alcune vittime e girò armato per anni perché condannato a morte della "Brigate Rosse"), da "Tangentopoli" agli scandali calcistici, da processi di mafia alla difesa del "Parco del Gran Paradiso" (per questo i bracconieri non lo amavano ma gli volevano bene i guardaparco).
Ma il suo "buen retiro", da quando era ancora ragazzino con i genitori, era stato Cogne, cui lo legava un affetto particolare e non solo per le bellezze del Parco e di tutte le montagne che aveva scalato, ma perché con i "cognein" si sentiva in sintonia e pensava, una volta lasciata la professione, di spostarsi lì, perché quello era il posto da lui preferito, dove si sentiva a casa.
Nel lavoro era pignolo e studiava le cause e tutta la giurisprudenza con minuzia e sino in Cassazione non gli sfuggiva neanche una virgola e, per questo, apparteneva al novero dei penalisti più quotati.
Coltivava le amicizie seguendo un'istintiva simpatia nei confronti delle persone, cui elargiva la sua saggezza torinese, acuta e talvolta sprezzante, ma con una lucidità rara amava ragionare attorno alle cose.
Sergio se ne va, prendendo uno dei sentieri delle "sue" montagne. Lo fa con il passo cadenzato dell'atleta, forse voltandosi un'ultima volta con un sorriso, evitando frasi di circostanza perché non amava la retorica e le sue arringhe erano asciutte ed efficaci.
Un colpo di pistola lo allontana dalla vita, ma resterà nelle vite di noi suoi amici.

Il Re è nudo

Un'immagine dalla favola di AndersenViviamo in un mondo complesso e credo che nessuno oggi possa coltivare la speranza che gli avvenimenti esterni ci siano in qualche modo estranei, come se ci fosse una porta d'ingresso a Pont-Saint-Martin che si può tenere chiusa.
Riflettevo sull'incrocio terribile in questo momento fra la crisi di Governo italiana - che sta affondando, per una crisi interna, il Centrodestra come avvenne per il Centrosinistra - e la turbolenza economico-finanziaria che colpisce in sequenza alcuni Paesi europei, rischiando en gros di espellere alcuni dal sistema dell'Euro, creando un'Europa a due velocità.
Ebbene, in entrambi i casi, malgrado si affermi sempre più un modello decisionale legato alla figura del leader come solutore di ogni inghippo, a rendere tutto più difficile ci si mette la logica di trascinamento dei problemi che incancrenisce le cose.
La politica partecipativa, il ruolo della democrazia parlamentare, i meccanismi tradizionali di concertazione e mediazione sono stati azzerati dalla crescente affermazione del "Capo", come se in periodo di difficoltà trionfasse una logica tribale e protettiva.
Invece, come nella celebre fiaba di Hans Christian Andersen (quella del re che si fa ingannare con un tessuto inesistente con cui gli viene confezionato un vestito altrettanto inesistente e alla fine sfila nudo e nessuno usa dirglielo, tranne la voce della verità di un bimbo), «il Re è nudo» ed il decisionismo mostra la sua reale inadeguatezza. I tanti avvenimenti di questi tempi - ma è difficile capire dove si andrà - porteranno nuovi equilibri e ulteriori riflessioni sulla democrazia, specie quando la crisi rende tutto più difficile.

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