September 2010

«Elezioni, elezioni!»

Gianfranco FiniMi pare che ormai il grido del centrodestra sia quello del titolo, come diagnosticato tempo fa e confermato dal discorso di Gianfranco Fini (che ha pure perso, nel frattempo e nel nostro piccolo, il suo riferimento in Valle) e dalle reazioni seguite al vertice di ieri sera ad Arcore fra Umberto Bossi e Silvio Berlusconi.
A parte il fatto che resta sempre singolare che gli incontri politici si svolgano nelle case private degli esponenti politici, la sostanza è presto detta: si chiederà al Quirinale che Fini si dimetta da Presidente della Camera. Si tratta ovviamente di una bizzarria costitituzionale, perché il Presidente della Camera lo nominano i deputati e il Presidente Giorgio Napolitano non ha poteri su scelte altrui, ma chi chiede un intervento del Capo dello Stato lo sa benissimo e in fondo si tratta solo di un rullo di tamburi per andare alle urne.
Il bivio ha solo due strade: le elezioni, appunto, oppure un Governo istituzionale che aggreghi tutti. Personalmente non credo che questo secondo scenario sia realizzabile.
Vedremo: certo l'autunno si preannuncia ricco di passaggi politici.

Tu chiamala, se vuoi, fontina...

L'improbabile Danish FontinaLa "Fontina" è e resta il pivot dell'agricoltura valdostana, visto che l’allevamento dei bovini sfocia prevalentemente nella produzione del latte, che serve per la produzione del nostro famoso formaggio "Dop" (marchio europeo Denominazione d'Origine Protetta che ancòra il formaggio al territorio con apposito disciplinare) e non sto a rilevare dati economici ben noti.
Purtroppo la "Fontina" è da lungo tempo soggetta a imitazioni in Italia e in altri Paesi. Si tratta di un danno permanente alla nostra produzione di qualità e talvolta l’impressione è che la lotta alla contraffazione e alla vera e propria frode alimentare sia come svuotare il mare con un cucchiaino.
Divertitevi, si fa per dire, guardando questo sito, cliccate su "cheese" ed entrate in un mondo vastissimo fatto tutto di formaggi.
Se andata alla "F" la prima brutta sorpresa: prima della voce "Fontina Valle d'Aosta", c'è "Fontina Fontal", che perpetua un vecchio equivoco. Poi alla "D" inizia il peggio: "Danish Fontina" descrive un formaggio che non è neppure parente lontano del nostro e lo stesso vale alla "S" per "Swedish Fontina" e infine alla "A" si trova, prodotta nel Wisconsin, l'"American Fontina".
Intendiamoci: mentre per il prodotto americano c'è poco da fare per un problema complesso di riconoscimento del marchio, per i produttori europei si può chiaramente chiedere l'intervento della Commissione europea, perché la "Dop" incide sulla legislazione di tutti i Paesi membri.
Capisco tutte le difficoltà giuridiche, ma penso che in effetti il tema non sia da sottostimare nel momento in cui la qualità e la riconoscibilità di un prodotto resteranno una delle poche bandiere nell'epoca della globalizzazione.

Il lento declino

Chateau verdun a Saint-OyenLeggo che, dopo nove secoli, la "Congrégation des Chanoines Réguliers du Grand-Saint-Bernard" ha deciso di lasciare "Chateau-Verdun" a Saint-Oyen, quell'antica costruzione - a metà strada fra Aosta e l'Ospizio - che era posto tappa e cascina per rifornimento alimentare e da una ventina d'anni una sorta di albergo aperto in particolare a chi cercava pace e meditazione.
La crisi delle vocazioni e l'invecchiamento medio dei canonici avevano già ridimensionato il loro ruolo in Svizzera e anche nel nostro Institut Agricole di cui erano stati attivi cofondatori con la Regione e ora colpisce un simbolo storico, voluto forse dallo stesso San Bernardo, Santo probabilmente aostano e non savoiardo di cui non sappiamo molto e i cui resti sono nella Cattedrale di Novara, dove morì nel 1081.
Il sistema di assistenza ai viandanti e pellegrini gli valse la santità (e legò pure il suo nome ad una razza canina ben nota!) e nel 1923 Pio XI, grande alpinista e amante delle nostre montagne, lo volle patrono proprio degli alpinisti.
Il costante ridimensionamento del numero dei canonici attivi non è un fenomeno isolato ma segno dei tempi, come mostra in Valle d'Aosta la chiusura, tempo fa, del Seminario.
In passato "farsi prete" era un tratto distintivo, nel Vallese come da noi, per molti giovani anche di modesta condizione, ma il mondo cambia.

Il mio intervento alla Festa nazionale del Partito Democratico

Ascolta il mio intervento alla Festa nazionale del PDVi avevo raccontato del mio intervento alla Festa nazionale del Partito Democratico, dov'ero stato invitato a parlare di federalismo in Europa.
Credo che possa essere, per chi lo vorrà, ascoltare una parte del mio intervento.
Buon ascolto!


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Le identità si trasfigurano

Il pubblico presente alla Festa della Valle d'Aosta con i gonfaloni dei Comuni valdostaniLa mondializzazione (o, se preferite, la globalizzazione) deve fare i conti con le culture, la loro ricchezza e diversità, che rendono l'umanità mutevole e molteplice.
Ovvio - per banalizzare - che le marche di jeans siano le stesse nel mondo (con mirabolanti "tarocchi"), che i medesimi brani musicali siano "scaricati" attraverso tutti i Continenti, non c'è dubbio sul fatto che certi cibi, dagli hamburger alla pizza, si trovino sotto qualunque latitudine, la televisione propone dappertutto gli stessi "format" (ricordate il film "The Billionaire"?) e ciò potrebbe rendere tutto simile con un "effetto schiacciasassi".
In realtà, però, ogni cultura assorbe, interpreta e infine digerisce questa apparente uniformizzazione attraverso il proprio bagaglio e il proprio modo di essere, creando una forma di integrazione di quanto di nuovo arriva. Così persiste, infine, la differenza che passa le novità attraverso il "filtro" delle persone, dei popoli, delle comunità.
Leggo di tanto in tanto, con punte polemiche in occasione della "Festa della Valle d'Aosta", attacchi rabbiosi e lividi all'identità valdostana, come se fosse una cosa grottesca, risibile e fasulla. Invece si tratta di un'identità in movimento, fatta come avviene per tutte le identità di un patrimonio di idee, miti, comportamenti, costruzioni, simboli, che si trova a confronto con una realtà più aperta e complessa che in passato. Con l'avvertenza per gli scettici e i sarcastici professionali che le radici ci sono e non sono invenzioni: si tratta di cultura, che legittimamente può non piacere e nessuno obbliga nessuno a riconoscerla e a condividerla, ma esiste e cambia nel tempo, trasfigurandosi.

Forse è solo un sogno

Il depliant del rendez vous di BiarritzCome lo scorso anno, sono stato per lavoro a Biarritz, celebre località balneare sull'Atlantico, dove si incontrano le principali società di produzione e di distribuzione televisiva e cinematografica francesi. 
Un mondo interessante (ho trovato anche un'erede di nostri émigrés!), che mostra cosa significhi un "gusto europeo" rispetto allo strapotere del "gusto americano" in questo settore e la Francia ha fatto molto a difesa dell'"audiovisuel".
Quando si viene in ambienti come questo, è facile sognare di avere - prima o poi - una televisione pubblica generalista in Valle d'Aosta, fallito ormai tanti anni fa il disegno della televisione privata regionale con "RTA" (RadioTeleAosta), sommersa dai debiti.
E tutti constatano come le "finestre" locali su "Rai3" siano assai limitate, pur importanti, pensando che in quasi tutte le Regioni i cosìdetti programmi sono spariti da tempo.
Se si sommassero le potenzialità di produzione locale (autoproduzione "Rai" e società locali) nelle lingue della Valle (italiano, francese, francoprovenzale e - sottotitolate - le parlate dei walser) con possibili acquisti sul mercato francofono (non solo francese) su cataloghi amplissimi sarebbe, possibile dar vita ad una "Terza rete bis" (facile con il digitale), come avviene a Bolzano e a Trieste per sudtirolesi e sloveni, che consenta in certi orari al telespettatore di scegliere fra nazionale e regionale, situati come sarebbero su due distinti canali.
Una televisione regionale non è un lusso ma una necessità, essendo ormai il mezzo più diffuso attraverso il quale una comunità può riflettere i diversi aspetti della propria personalità e aprirsi al confronto.

Frank mi ha chiesto...

La targa dell'appartamento di SinatraHo dormito, come ospite, in una camera d'hôtel dove aveva dormito Frank Sinatra, "The Voice", che trovavo repellente da ragazzo (ora ho scaricato qualche suo classico, tipo "My Way", sull'iPod e lo ascolto volentieri) e di cui ho letto in passato cose non troppo edificanti per i suoi legami con la mafia.
Eppure - sarà la suggestione o forse la digestione - ma ho sognato Sinatra, anzi l'aspetto realistico stava nel plot del sogno: sentivo un rumore, accendevo la luce nella stanza e Frank con i suoi occhi azzurri e un cappello bicolore (che ricordo di aver visto nella copertina di un disco) mi poneva domande precise sulla situazione politica valdostana con commenti simpatici e una certa empatia.
Ed io, passato lo spavento iniziale, ho trovato il dialogo piacevole sino a quando mi sono svegliato davvero.
Cosa ci siamo detti? Resterà un segreto fra me e Sinatra, che ha dimostrato di essere informatissimo...
Devo trovare una stanza d'albergo dove abbia dormito Marilyn Monroe. Chissà.

Il cinema dei ricordi

La scritta, ormai decadente, del Cinema IdealL'altro giorno sono stato al cinema "Ideal" di Verrès per vedere un film e mi mette sempre nostalgia pensare che da ragazzino ho passato tante ore con gli amici lì dentro, in un epoca in cui "andare al cinema" era uno dei pochi svaghi e le sale non subivano la concorrenza dei film in televisione, di quelli in affitto in videoteca e delle "pellicole" (la definizione è rimasta anche se tutto è digitale) acquistabili con la "pay-per-view".
Inutile ricordare che all'epoca, da bocia, era nel buio del cinema che si azzardava la corte alle ragazze e si facevano la prima volta i tiri ad una sigaretta...
La struttura, all'epoca della sua apertura, direi inizio anni Settanta (sostituendo il vecchio cinema che era all'imboccatura della Val d'Ayas), era straordinaria per i tempi e frutto dello sforzo imprenditoriale - mi piace ricordarlo - di Giuseppe "Pino" Bréan, per altro tristemente dimenticato, che era stato per pochi mesi Presidente del Consiglio regionale nel 1954. Un uomo elegante e affabile, ormai anziano, che ti accoglieva all'ingresso del cinema.
In seguito ci fu la crisi che negli anni Ottanta colpì le sale cinematografiche e  una buona parte dei gestori andò in difficoltà. Ora, dopo essere entrato in procedure fallimentari, il cinema - che era stato riaperto poco tempo fa con una formula d'affitto e con opere di adeguamento e miglioria - sarà comprato dal Comune di Verrès.
Un forte investimento, pensando ai costi d'acquisto, ai fondi necessari per modernizzarlo e poi alle spese di gestione e di manutenzione (tutto rientra nel "patto di stabilità" per i Comuni), immaginando poi che - se pure, come pare, sarà anche ad uso teatrale e non solo cinematografico - non sarà certo il settore pubblico a poterlo gestire direttamente e ci vorranno procedure di appalto inevitabilmente a prezzi di mercato, essendo un settore non sociale ma inserito nelle regole di concorrenza. 
Sarà bene, comunque, coordinare questa scelta con l'importante auditorium previsto nell'ex cotonificio "Brambilla" per evitare "cattedrali nel deserto".

Il racconto della malattia

Pietro CalabreseLeggo, con dispiacere, della morte di Pietro Calabrese, noto giornalista, che conobbi alla fine degli anni Novanta, nel suo breve passaggio alla "Rai", quando - essendo tra l'altro incaricato di un ripensamento della regionalizzazione della radiotelevisione pubblica - ebbi modo di presentargli qualche idea sul radicamento locale della Rai per avere una "Terza rete televisiva" davvero espressione dei territori.
Poi ho seguito la sua carriera e leggevo la sua rubrica settimanale su "Sette" del "Corriere della Sera", dove mostrava acume e originalità.
Mi avevo colpito, ad esempio, quando cominciò - mesi fa - a raccontare di un suo amico, Gino, cui era stato diagnosticato un cancro al polmone e di cui prese ad annotare il percorso medico ed umano con originalità e partecipazione, che mi aveva molto coinvolto nel capire le difficoltà nel percorso di un malato oncologico.
Confesso di averci messo un po' a capire che Gino fosse proprio lui e che avesse, come in un racconto letterario, scelto di raccontare la sua malattia, i dolori, le speranze attraverso un "nom de plume" e le ultime volte, annotando un peggioramento, la sua prosa si era fatta nostalgica ma serena, come se avesse la consapevolezza dell'approssimarsi della fine e credo che un diario pubblico di questo genere sia stata una scelta coraggiosa.
Ho letto che a giorni, purtroppo postumo, uscirà un libro sul racconto della sua vita dopo la scoperta del tumore: lo leggerò come omaggio a chi ha saputo raccontare la malattia come momento di riflessione e di introspezione sulla vita.

Contro la televisione "urlata"

François FillonL'altra settimana ho visto su "France 2", in prima serata, lo "speciale" dedicato alla riforma pensionistica, che ha riempito di manifestanti, contrari all'allungamento dell'età di pensionamento (inferiore comunque all'Italia), strade e piazze di tutta la Francia.
Il confronto sulla televisione pubblica è stato serio, interessante e documentato, mostrando con chiarezza la posta in gioco. La prima parte, senza interruzioni, ululati, bisticci - come nelle televisioni italiane - ha consentito al primo Ministro François Fillon, futuro capro espiatorio delle difficoltà della "droite", di illustrare le proprie ragioni, pur incalzato da domande per nulla tenere della conduttrice e di un altro giornalista. Il fronte del "no" è stato rappresentato, con lo stesso tono educato e comprensibile, dai sindacati e da Ségolène Royal, la socialista a suo tempo umiliata alle presidenziali dal Presidente Nicolas Sarkozy, che con questa storia della riforma previdenziale è a picco nei sondaggi.
Abituato a guardare i talk show italiani, sembrava di essere in un altro mondo, visto che alla fine il telespettatore ha, attraverso un confronto civile, la possibilità di formarsi un'opinione.
Quando, giorni fa, accennavo all'importanza di una televisione regionale con spazi di una certa ampiezza, mi riferivo anche a questa necessità: dibattiti e confronti che consentano all'opinione pubblica valdostana, su grandi temi, di ricavarne delle convinzioni. La democrazia funziona solo se, tolti insulti, invettive e le polemiche, i problemi e le soluzioni diverse per risolverli diventano comprensibili al cittadino-elettore.

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